Le startup stanno portando la disruption nel settore finanziario, ma serve più maturità nelle proposte di business che avanzano agli istituti di credito. Perché dal canto loro, le banche, hanno un disperato bisogno di innovare e l’open innovation può essere la strada giusta per farlo. Tuttavia la qualità delle giovani realtà innovative è ancora inferiore alle attese. Una condizione preoccupante, specie in relazione al fatto che i grandi giganti tecnologici si stanno affacciando con crescente interesse al mondo finanziario. E portano con sé capitali e forza tecnologica da far impallidire qualsiasi avversario. È questo in sintesi il pensiero di Massimo Romagnoli, CIO di Bnl Gruppo Bnp Paribas, che quest’anno sarà tra i giurati dei Digital360 Awards, l’iniziativa del Gruppo Digital 360 per promuovere la cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità in ambito digitale in Italia. «Penso che i Digital360 siano un ottimo osservatorio, in poco tempo si riesce ad avere una visione rilevante su una serie di innovazioni molto interessanti». E proprio a queste innovazioni è attenta Bnl, vogliosa di approfondire tematiche e modelli di business di startup del settore a cominciare da quelle presenti all’evento del gruppo Digital360.
Le startup stanno portando senz’altro la disruption. Le banche devono essere in grado di intercettare e inglobare queste tecnologie creando delle collaborazioni significative. Talvolta però le proposte provenienti dal mondo delle startup hanno difficoltà a decollare per un problema che definirei di maturità delle proposte stesse. Almeno questa è un po’ la nostra esperienza. Stiamo comunque superando la fase embrionale e con una crescente maturità dei modelli imprenditoriali adottati è prevedibile una sempre maggior influenza delle soluzioni provenienti dal mondo delle startup nelle dinamiche di innovazione degli istituti di credito.
Quale sarebbero queste dinamiche di innovazione delle banche?
Le banche stanno puntando su tecnologie in grado di migliorare i processi interni. La piramide dei costi è ancora troppo alta rispetto ai ricavi e quindi è necessario rendere più efficiente tutto il sistema. Con quali tecnologie? Con la robotica, per esempio, per snellire i processi; con il robot-advisory, per supportare i clienti; e con tutti gli strumenti di analytics per un miglior servizio più aderente alle necessità di ogni cliente, oltre alla digitalizzazione a 360 gradi che riguarda soprattutto la dematerializzazione dei documenti e l’uso sempre più frequente di piattaforme cloud. Poi mi aspetto molto anche sul fronte delle soluzioni legate alla blockchain, perché ritengo sia una tecnologia realmente di trasformazione con possibilità di adozione su diversi ambiti.
Serviranno questi strumenti per combattere ad armi pari con le big del tech?
La discesa nel campo finanziario delle grandi corporate tecnologiche è ormai un fattore di competizione assodato. Soluzioni e approcci che nascono digitali, sono sicuramente più agili rispetto ai modelli utilizzati dagli istituti di credito tradizionali. È pur vero che però si gioca una partita con regole molto diverse. Al di là di ciò, l’opportunità delle banche sta nell’integrare soluzioni innovative nella loro offerta. E sfruttare il vantaggio che ad oggi hanno ancora rispetto a quei colossi: la fiducia dei clienti e il valore della relazione con gli stessi. Due aspetti che si correlano vicendevolmente.
In quest’ottica, perché è importante partecipare come giurato di Digital360 Awards?
Penso che i Digital360 Awards siano un ottimo osservatorio. In poco tempo si riesce ad avere una visione ad ampio raggio su una serie di innovazioni molto interessanti. Nelle passate edizioni ho trovato la qualità delle startup polarizzata, con alcuni casi eccellenti che spiccavano sul resto. Mi son portato comunque dietro un’esperienza significativa.