JustEat comincia a prestar soldi ai ristoranti in Gran Bretagna. Amazon lo fa già con le piccole e medie imprese, negli Stati Uniti. Nel mercato dei servizi finanziari entra player imprevedibili fino a pochi anni fa. Startup ma anche nuovi colossi digitali diventati potenti in altre industrie che hanno trasformato i comportamenti, le aspettative e le esigenze dei clienti. Eppure Gianluca Berghella, 52 anni, è ottimista sul futuro di banche e assicurazioni. Dieci anni fa, dopo una robusta esperienza nel settore dei servizi tecnologici per la finanza, fondava con altri partner Armundia (che sta per Armonia + Mondo), società di cui è adesso presidente e Ceo oltre che azionista di riferimento.
Perché Berghella è così ottimista sul futuro di banche e assicurazioni? «Pensare che le banche possano essere sostituire da player che hanno come loro asset la conoscenza del cliente è azzardato. Le banche sono sottoposte a un regime regolamentare e di compliance complicato. Le banche sono strutturate e gli altri player non ancora. Quando lo saranno e scenderanno davvero in cambo, vedremo se il modello funzionerà».
Eppoi non è vero che lo banche non sono state e non sono innovative, sostiene Berghella. «Dieci anni fa il sistema del credito era in un momento di crisi e andava supportate su due fronti: la razionalizzazione dei costi e l’innovazione per poter restare competitive. Noi lo abbiamo fatto partendo da zero, senza vincoli pregressi di architetture o altre che potesse condizionare le scelte. E subito gli istituti di credito più lungimiranti hanno compreso la nostra proposta. Dieci anni fa noi abbiamo introdotto la firma digitale, il document management, il workflow. Tre anni fa discutevamo su strumenti di CRM da applicare al private banking: allora sembravano provocazioni, oggi sono strumenti che tutti cominciano a prendere in considerazione».
A fine 2008 Armundia sviluppa una piattaforma di asset management per il nascente business dell’advisory finanziario. Come vede adesso l’evoluzione verso il roboadvisory? « È un modello poco remunerativo e rischioso per tutti, per le banche ma anche per i clienti», risponde deciso Berghella, che avverte: «Qui si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca…». E ovviamente pensa a quei nuovi soggetti che partendo da zero sembrano poter stordire e abbattere il Golia bancario. « Il problema della digitalizzazione oggi non è fare un’app in più o in meno, ovviamente. Si tratta invece di portare all’interno di questo mercato un’innovazione armonica tra rispetto dei regolamenti e opportunità di crescita. Non serve rincorrere il cambiamento a tutti i costi». Affermazioni che possono suonare inusuali nella stagione del fintech e dell’open innovation. Ma Berghella le argomenta così: «Ci sono processi da razionalizzare e semplificare, non c’è dubbio. Ma vanno evitate le fughe in avanti, bisogna arrivare alla trasformazione digitale supportati da un processo organizzativo interno della banca altrimenti potrebbero diventare addirittura un boomerang il disallineamento fra architetture tecnologiche e modelli organizzativi». E per essere ancora più imprevedibile aggiunge: «Le banche sono la Silicon Valley rispetto al mondo delle assicurazioni, che ha molta più necessità di innovazione». Tutto perfetto, quindi? Non proprio. «Le banche hanno bisogno soprattutto di cambiare la cultura dei processi interni e anche altro. Ma da qui a dire che verranno spazzate dal mercato ce ne corre». Anzi. Le aziende più avvedute possono trasformare la minaccia in un’opportunità. Ma senza ossessioni. Ripete Berghella: «Non si può perseguire il cambiamento per il cambiamento dimenticando strategia e sostenibilità economica». Appunto, fino a quando tornano i conti.