Paytech è il nuovo termine ormai utilizzato per indicare le aziende che si occupano di pagamenti digitali. Un mercato destinato a crescere, nonostante la flessione del 2020, effetto ovviamente della pandemia, vista la ripartenza segnalata dai primi dati del 2021: i ricavi superano i 110 miliardi (+14,4% sui primi nove mesi 2020, di cui +14,5% le statunitensi e +11,6% le europee), mentre il risultato operativo è migliorato del 17%, con i gruppi europei in accelerazione (+24,1%).
Nel 2020 ci sono state meno transazioni, a causa della crisi economica seguita a quella sanitaria, ma sono aumentate quelle cashless, che hanno toccato i massimi storici, raggiungendo quota 785 miliardi (rispetto ai 389 miliardi nel 2014).
Ma dove sono le principali paytech nel mondo, quanto valgono, come guadagnano? Qual è la situazione in Italia?
Paytech, dove sono i leader nel mondo
Secondo un report di Mediobanca, il primo sul settore, basato sui bilanci 2018-2020 e i primi nove mesi del 2021, nel mondo sono 25 le paytech con ricavi superiori al miliardo, di queste 15 hanno sede negli Stati Uniti, 2 in Brasile e le rimanenti otto in Europa. 1
Nel 2020 il giro d’affari complessivo delle 25 PayTech internazionali con ricavi superiori al miliardo di euro ammontava a 140 miliardi di euro. In generale, la pandemia ha influito negativamente sui bilanci di queste società che però hanno mostrato una buona resilienza, riuscendo a contenere il calo del fatturato aggregato (-2% sul 2019). Tra la rivoluzione dell’Open Banking, contesti macroeconomici in continua trasformazione e un’economia sempre più digitale, lo scenario globale dell’industria dei pagamenti ha cambiato radicalmente volto e ora vede i colossi bancari competere con nuove piattaforme tecnologiche, challenger banks e BigTech.
I primi cinque player a livello mondiale sono statunitensi e sviluppano il 59,2% del fatturato aggregato. Dominio che si allarga fino all’88% del totale se si considera la somma dei ricavi delle 15 società con sede negli Usa. I gruppi europei e brasiliani hanno, rispettivamente, il 10% e il 2% del mercato.
Paytech, la composizione del giro d’affari
Per quanto riguarda la composizione del giro d’affari, il 57% è sviluppato dal comparto “scheme cards & global payments” (le carte di credito, in calo del – 4,5% sul 2019 a fronte delle minori transazioni internazionali), il 36% dalle imprese attive nell’acquiring e nel processing (l’elaborazione dei pagamenti con carte di credito, +2,3% sul 2019) e il 7% dalle società specializzate nel “fleet management, welfare & remittance” che risentono delle minori rimesse internazionali e delle limitazioni alle trasferte lavorative (-8,8% sul 2019).
Le paytech americane vincono anche per redditivtà
Passando agli altri principali indici di conto economico, l’incidenza del Mol sui ricavi si attesta al 26,2% (-4,6 p.p sul 2019), il rendimento del capitale investito è pari al 10% (-3 p.p.) mentre il Roe segna il 14,5% (-4 p.p.). Le PayTech statunitensi primeggiano anche per redditività: il loro Ebit margin si attesta al 28% (rispetto al 16,3% dell’europee), grazie anche al fatto che negli Usa risiedono tutte le più profittevoli società del comparto “scheme cards & global payments” (Ebit margin aggregato del 43,8%).
Paytech in Europa, al vertice la francese Worldline
In Europa, la francese Worldline (€4,8 mld su base pro-forma) che ha acquisito nel 2020 la connazionale Ingenico, occupa il primo posto per ricavi, seguita dalle divisioni europee di MasterCard (€4,4 mld) e Visa (€3,1 mld), con l’italiana Nexi, protagonista nel luglio 2021 dell’acquisizione della danese Nets e in attesa di concludere l’integrazione di Sia, in quarta posizione (€2,9 mld pro-forma).
Italia, crescono i pagamenti digitali ma circola ancora tanto contante
Nel 2020 c’è stato un ridimensionamento del mercato dei pagamenti, che in Italia ha perso quasi 9 punti. A soffrire è il traditional retail, che costituisce ancora oltre il 70% del mercato, sul quale la pandemia ha amplificato una crisi già avviata da tempo. D’altro canto, invece, sono cresciuti ancora i pagamenti digitali con un tasso medio del +7,1% nel 2018-2020, sfiorando così il valore complessivo di 40 miliardi di euro nel 2020 (35,5 miliardi sono relativi a strumenti prepagati). In totale, a fine 2020 lo stock di moneta elettronica in circolazione in Italia era pari a 11,4 miliardi (+28,1% sul 2019). Se il settore dei pagamenti digitali cresce, rimane, d’altro canto, ancora elevata la quota del contante sul transato in Italia (nel 2019 pari al 58% a valore e 83% a volume), superiore alla media europea (rispettivamente 48% e 73%). Il tutto nonostante il falso mito di una maggiore onerosità dei pagamenti elettronici rispetto ai contanti, che invece celano costi latenti, legati alla produzione, trasporto e gestione, che la Banca d’Italia quantifica in 7,4 miliardi annui (lo 0,45% del Pil) e che incidono sulla redditività aziendale e sulla competitività del nostro Paese.
Il mercato dei pagamenti digitali in Italia
Degli 11,4 miliardi totali di moneta elettronica in circolazione, 7,3 miliardi (il 64,4%) sono attribuibili agli Imel (istituti di moneta elettronica) in crescita di oltre il 40% nell’ultimo anno, mentre i rimanenti €4,1 miliardi sono di competenza degli istituti di credito e segnano una crescita inferiore (+8,6%). Nel 2020 i ricavi complessivi degli Imel sono aumentati del +5,8% (a quota 1,7 miliardi), mentre il loro risultato operativo è cresciuto del +4,6% e il risultato netto del +1,1%. A favorire questi risultati è stata la maggior richiesta di moneta elettronica dovuta allo sviluppo dell’e-commerce. Il repentino crollo degli acquisti fisici in negozio durante la prima parte del 2020 e il minor utilizzo delle carte di credito hanno invece appesantito i conti degli istituti di pagamento: i loro ricavi sono scesi del -1,2% (€518,1 milioni), con i segni negativi che si sono ampliati a livello di risultato operativo (-13,4%) e di risultato netto (-7,9%).
Le Paytech italiane: chi guadagna e chi perde
L’indagine analizza inoltre le PayTech italiane (tra start-up, PMI innovative e altre società significative), ubicate nel 56% dei casi nel Nord Ovest, specialmente a Milano dove hanno sede 21 aziende. Nel 2020 il giro d’affari complessivo è stato pari a 240 milioni (+25,7% sul 2019), a cui è corrisposto un peggioramento del risultato operativo (-19,8%). Già negativo nel 2019, l’Ebit margin aggregato è migliorato di quasi 1 punto percentuale attestandosi al -18,5% nel 2020. Il panel è stato ulteriormente suddiviso in otto sottoinsiemi: sebbene con un peso specifico ancora limitato, i comparti delle criptovalute e degli acquisti online sono risultati i più dinamici con ricavi in forte progressione (rispettivamente, +238,4% e +748,9%), ma con una redditività ancora abbondantemente negativa. Nel 2020 chiudono in territorio positivo solo le soluzioni di pagamento (risultato netto pari al 14,2% dei ricavi) e i POS innovativi (3,1%).