BANCHE E INNOVAZIONE

Open Banking, a che punto sono le banche in Italia con la condivisione delle API

Dal 14 marzo è cominciato il periodo di test ed entro il 14 settembre gli istituti di credito dovranno rendere disponibili le API agli sviluppatori terzi come previsto dalla direttiva europea PSD2. Ecco come si stanno organizzando: da chi vuol fare tutto da solo a chi invece ha deciso di affidarsi a piattaforme esterne

Pubblicato il 25 Mar 2019

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Dai dibattiti ai fatti. L’open banking entra nel vivo: entro il 14 settembre tutte le banche dovranno rendere disponibili le API agli sviluppatori terzi: è il principale effetto della PSD2 , la normativa europea sui pagamenti che apre alla condivisione dei dati tra i diversi attori dell’ecosistema bancario e che ha imposto la data del 14 marzo come inizio dei test. Siamo dunque, seppure ancora in fase di sperimentazione e di quindi di passaggio, nel pieno della trasformazione apportata dall’open banking. Ma come si stanno organizzando i player italiani? A che punto siamo?

Open banking, cos’è e come cambia banche e aziende del fintech

Che cosa sono le API

API è un acronimo per Application Programming Interface. Un’API è, in termini estremamente semplici, un intermediario software che consente a due applicazioni di parlarsi l’una con l’altra. È come al ristorante: il clienteordina dal menù, ma ha bisogno di un tramite, nel suo caso il cameriere, per ottenere il piatto desiderato. L’API è in questo caso il cameriere. Una buona API, quindi,  rende più facile sviluppare un programma fornendo quelli che potremmo definire “blocchi da costruzione”.  Per la loro produttività è fondamentale il modo in cui le API rendono altamente riutilizzabili processi spesso ripetuti, ma complessi, con pochissimo codice. Per lo sviluppo di applicazioni è cruciale la velocità con cui le API rendono gli sviluppatori in grado di sviluppare applicazioni. Attualmente gli sviluppatori sono molto più produttivi che in passato, quando erano obbligati a scrivere molto codice dal nulla. Con le API non devono, per così dire, re-inventare ogni volta la ruota, ma possono focalizzarsi sulla proposizione unica delle loro app mentre delegano tutto il resto alle API.

Che cosa significa l’apertura delle API per le banche

Se da una parte la nuova direttiva europea sui pagamenti digitali ha contribuito ad aumentare la sicurezza dei pagamenti online, il punto cruciale della direttiva è il nuovo mandato alle banche di aprire le loro API e i dati del clientedietro consenso del cliente stesso, alle società terze parti. Queste API possono così per la prima volta fornire agli sviluppatori che operano per conto di terze parti alcuni canali per arrivare ai dati del cliente della banca (tranne per le abitudini di spesa e la storia creditizia) e consentire quindi ai TPP  (Third Party Players) di costruire i propri prodotti e servizi “intorno” a quei dati.

Banche italiane e open banking

Come si stanno organizzando gli istituti di credito italiano per affrontare la fase di test per presentarsi poi alla scadenza del 14 settembre? On line e sui social diversi analisti e software engineer si confrontano sul quadro generale per cercare di evidenziarne avanzamenti e criticità. Ecco lo scenario che al momento emerge.

Le banche italiane si dividono grosso modo in 5 gruppi, ognuno del quale si sta preparando a rendere disponibili le API in maniera diversa:

  • Le banche che stanno lavorando in casa per realizzare internamente una soluzioneUniCreditChe bancaFineco.
  • Le banche che si sono affidate ad un servizio esterno: Poste Italiane, Banco BPM, MPS, UBI, BPER, Intesa San Paolo, Credit Agricole, Banca Nazionale del Lavoro BNP Paribas, Credem… si sono affidate alla piattaforma CBI Globe, realizzata dal Consorzio CBI in collaborazione con NEXI.
  • Le banche che appartengono a grandi gruppi internazionali che fanno in proprioConto corrente arancio INGdeutsche bank
  • Le banche che appartengono a grandi gruppi internazionali che si sono affidati ad un servizio esterno
  • Le banche che hanno il proprio IT outsourced e l’outsourcer si occupa anche delle API: Unipol banca, BP Bari e altre più piccole che sono nell’orbita CEDACRI e sfrutteranno l’apposito portale

A questi 5 gruppi va aggiunta Banca Sella, pioniera dell’open banking: è stata infatti il primo istituto di credito a lanciare un’open banking platform nel nostro Paese, Fabrick. A giugno 2017 ha annunciato che avrebbe disposizione di imprese e startup la propria infrastruttura tecnologica, dando loro la possibilità di usufruire di servizi e funzioni fino ad oggi accessibili solo dalla banca stessa. Il Gruppo Banca Sella ha anticipato così la direttiva europea PSD2.

Open banking, il ruolo degli aggregatori

Le API? Semplici a dirsi ma difficili a farsi” dice Matteo Concas , ex country manager di N26 e ora Ceo di Beesy, il primo “prodotto” italiano del Fintech Company Builder tedesco  Finleap. “Si tratta in pratica di aggregare parti diverse della banca, dal conto corrente alla possibilità di fare pagamenti. Per fare un esempio, è come far vedere all’esterno due prese, ma dietro bisogna costruire un impianto che colleghi diversi dipartimenti e funzioni. Ora, le grandi banche riescono a fare il lavoro internamente perché hanno le figure giuste; ma per le piccole banche che già si affidano all’esterno per molti servizi di coordinamento e coordinazione, un lavoro del genere risulta difficile” spiega Concas.

Il 14 marzo non ha segnato un’accelerazione, anche perché ci sono ancora diversi aspetti da chiarire. “Alle banche è stato imposto di esporre le API. È un po’ come aprire la porta di casa, rendere tale porta accessibile con una chiave disponibile a tutti. Resta però il nodo dell’aggregatore. Un conto è rendere disponibile la propria porta, un altro è riuscire a leggere le porte degli altri sistemi”, spiega Concas. E qui si arriva al punto più interessante dell’open banking. “A settembre, esposte le Api, dovremo chiederci chi riuscirà a fare da aggregatore: aspettiamo le fintech e noi banche stiamo sedute o vogliamo giocare anche noi a questo gioco?” continua il Ceo di Beesy. Che chiude con il suo bilancio: “Bisogna capire come e quando i player citati nei cinque insieme permetteranno alle banche di fare da aggregatore. Fabrick e Banca Sella ci stanno lavorando da tempo, CBI Globe e Cedacri pure. Nel frattempo, ING si sta attrezzando lanciando Yolt, un modello border line che permette di fare aggregazione. Altri player italiani interessanti che si stanno muovendo verso questa direzione sono Oval Money, Utego e Beesy. Il 14 settembre la normativa verrà rispettata e saranno esposte le Api ma, lato aggregatore, per vedere un prodotto solido dovremo aspettare il 2020”.

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