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Nicolò Soresina: come fare insurtech in un’azienda centenaria

Nicolò Soresina è il CEO di Vittoria Hub, l’acceleratore della compagnia di assicurazioni italiana fondata nel 1921. Da consulente digitale e startupper dice: “Fare innovazione in contesti strutturati richiede alchimia e resilienza”. “Entro il 2021 lanceremo i primi prodotti nati con startup”

Pubblicato il 16 Giu 2021

Nicolò Soresina, CEO Vittoria Hub

Un’alchimia che richiede resilienza. È la formula dell’innovazione secondo Nicolò Soresina, 43 anni, da metà maggio CEO di Vittoria hub, l’incubatore di Vittoria Assicurazioni che ha seguito sin dal lancio nell’autunno 2019: Chief Operating Officer con Gian Franco Baldinotti, diventato ora presidente. “È stato il mio percorso di apprendimento delle dinamiche e delle logiche di un player assicurativo”, dice Nicolò Soresina.

Vittoria Assicurazioni compie quest’anno il suo centenario ed è una delle poche compagnie ancora italiane. Fondata a Cremona nel 1921 per poi spostarsi a Milano, è attualmente controllata dalla famiglia Acutis, dopo essere stata nella galassia Ifil (Agnelli), ha una raccolta premi di circa 1,4 miliardi di euro con oltre 2 milioni di clienti e circa 550 dipendenti.

Nicolò Soresina non viene da questo mondo. Negli ultimi 15 anni è stato consulente e manager del digitale e founder di quattro startup ma nessuna nell’insurtech. Un profilo il suo che conferma la ricerca da parte delle aziende di figure “eccentriche” in grado di portare visioni e approcci nuovi ai business più tradizionali.

Nicolò Soresina, cominciamo dall’alchimia. Che cos’è?

La capacità di mescolare gli ingredienti giusti perché non ne basta certo solo uno per farla. La mia generazione ricorda Steve Jobs a Stanford: stay hungry, stay foolish. Bellissimo! Ma quanti arrivano davvero in fondo? Fare l’innovazione in maniera strutturata in contesti strutturati industriali richiede la capacità di mescolare competenze, di individuare i punti di forza e prendere atto di quel che manca.

Detto da un ex startupper vale il doppio. Quindi in azienda non bastano le buone idee, né la velocità di esecuzione?

L’innovazione è una maratona, non è una gara di 100 metri. Ci vuole quindi resilienza, soprattutto in Italia che resta un contesto intrinsecamente tradizionale. Fare innovazione deve essere uno forzo progressivo, anche se devo dire che in Vittoria assicurazioni ho trovato un ambiente molto propenso al cambiamento

Diciamo allora che siete all’inizio dei 42 chilometri e 195 metri che vi aspettano. Dove contate di arrivare?

Vittoria Hub è di fatto una startup. Non dimentichiamo che abbiamo cominciato pensando di svolgere un programma d’incubazione in presenza e abbiamo dovuto fare tutto da remoto. Ma abbiamo garantito la continuità e adesso siamo in pieno fermento. Dove pensiamo di arrivare? A un modello d’innovazione aperta con scouting continuo.

Ci sono altri modi di fare insurtech?

Sì, l’insurtech puoi farlo in altri modi. Puoi svilupparlo organicamente con la tua ricerca e sviluppo interna con la controindicazione della lentezza. Puoi anche focalizzarti sulla creazione interna di imprese e fare corporate venture builder: selezioni pochi progetti e li fai crescere da zero. Oppure puoi fare open innovation: intercettare startup e imprenditori promettenti che hanno dalla loro la velocità a cui deve rispondere adeguatamente la compagnia con un percorso accelerato di formazione e ingresso sul mercato.

Voi come selezionate startup e imprenditori interessanti?

Operiamo su quattro ecosistemi a livello italiano, quelli che secondo noi hanno maggiore potenziale di crescita: persona, casa, mobilità, azienda connessa. Per noi sono importanti non solo i percorsi di innovazione con le startup ma anche, e forse ancora di più, le sinergie fra le startup.

Che cosa vuol dire concretamente?

Faccio un esempio: fare insurtech per la casa non vuol dire semplicemente selezionare una serie di provider di sensori per valutare, ad esempio, il rischio allagamento o danno di altro genere. Vuol dire creare una filiera di piattaforme in grado di mettere insieme sensori, monitoraggio e magari il servizio di intervento per la riparazione. Su questa filiera io posso costruire il prodotto assicurativo.

Che cosa ha “prodotto” Vittoria hub nei suoi primi due anni? Quante startup accoglie?

Abbiamo lanciato e completato due call, a regime seguiremo otto startup. Nella prima abbiamo portato nel percorso 10 startup, di queste cinque sono in fase avanzata di sviluppo del loro prodotto che prevediamo di poter lanciare nella seconda parte del 2021. La seconda call ci ha permesso di colmare alcuni gap a livello di piattaforma, prevediamo nei prossimi due mesi l’ingresso di altre due startup: una ha sviluppato una piattaforma e l’altra ci permetterà di fare una cosa nuova.

Che cosa?

Parlare a target verticali come i Millennial o la Generazione Z millennial. Tra i nostri obiettivi c’è infatti la la capacità di parlare a segmenti di mercato e alle nuove generazioni.

Il vostro programma si chiama VIA, Vittoria Incubation + Adoption & Acceleration. Partire quindi anche da un’idea per portarla sul mercato. E se la startup funziona, la lasciate lavorare con i concorrenti?

Assolutamente si, non c’è alcun vincolo di esclusiva. La startup è libera di fare business in altre Industry o con altre compagnie di assicurazione. L’insurtech per crescere ha bisogno di radicarsi sul mercato. E noi siamo qui per questo.

Investite sulle startup selezionate?

Le startup ricevono un contributo economico ma attualmente non esiste un Corporate Venture Capital. Valutiamo di volta in volta insieme alla compagnia, ma fino a oggi non c’è stato alcun investimento. Adesso vogliamo capire lo sviluppo di queste imprese verso il mercato in una logica industriale.

Come gestite la relazione con la compagnia e le sue attività di business? Dovete spingere voi o avete una domanda interna di innovazione?

Devo ammettere che siamo partiti push: il primo biennio è servito per radicarsi nelle logiche e nei processi della compagnia. Adesso sta aumentando la parte pull: oggi vedo sempre più tavoli e interazioni, l’azienda reagisce, arrivano richieste e segnalazioni da parte dei manager, suggerimenti sugli ambiti da indagare. Questa è la fase di maturità a cui volevamo arrivare. L’Hub è il motore che fa girare questa attività e deve farlo in sintonia con le capacità e l’esperienza di una compagnia che ha 100 anni di storia.

Non deve essere facile…

Non è facile, ma è possibile. Fare innovazione in maniera condivisa è la motivazione forte del mio mandato. Serve uno sforzo collettivo che va orchestrato.

Che cosa non le piace nelle startup italiane?

Non ci sono tanti imprenditori nel settore insurtech, se posso sollevare un appunto: c’è ancora molto da imparare. Il giovane che si approccia all’imprenditoria non ha ricevuto dal nostro sistema formativo molti strumenti per sapere come fare, arriva impreparato. Manca la cultura imprenditoriale, lo vedo negli imprenditori, nelle aziende, nelle scelte politiche. Altri Paesi lo fanno meglio, noi dobbiamo ancora crescere. Molto.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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