Per le Pmi dovevano essere il canale di accesso al credito alternativo al sistema bancario. Le condizioni c’erano tutte: pochi obblighi dal punto di vista societario e fiscale, deregolamentazione, deducibilità degli interessi. Eppure, da quando sono stati introdotti (decreto sviluppo 2012) a oggi, i minibond non sono ancora decollati.
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O meglio, male non vanno. Ma il modo in cui vengono utilizzate queste obbligazioni di piccolo taglio emettibili dalle società non quotate è un po’ diverso dalle aspettative. Finora infatti sono stati collocati titoli per un valore di 1,2 miliardi di euro. Tuttavia, le società che hanno emesso questi bond non sono sempre rientrano nella categoria delle piccole imprese – si tratta spesso di aziende medie o grandi – e solo una parte delle risorse raccolte è servito a finanziare progetti di sviluppo.
Stando a un’indagine della società Crescendo, soltanto 152 milioni sono stati investiti per la crescita e l’innovazione. Mentre il resto è servito a rifinanziare il debito già contratto con le banche (818 milioni) oppure è stato raccolto da aziende già quotate (73 milioni), ovvero gli ultimi soggetti a cui pensava il legislatore dell’epoca – siamo ai tempi del governo Monti – quando ha scelto di introdurre i minibond.
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L’iniziativa, quindi, funziona. Ma a modo suo. Intanto, diverse banche e società di gestione del risparmio hanno lanciato fondi che investono in minibond e cambiali finanziarie emesse da aziende italiane. Segno che il mercato è in crescita.
Per monitorare in tempo reale tutto ciò che riguarda i minibond in Italia – nuove emissioni, informazioni, dati, notizie sui media, approfondimenti e appuntamenti dedicati al tema – è nata anche una piattaforma ad hoc: minibonditaly.it. Il progetto è stato pensato, sviluppato e gestito da Business Support, società di consulenza direzionale e financial advisory. In fase di lancio, il partner tecnico del sito è lo studio legale Hogan Lovells.
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Ma quanto possono essere utili i minibond per il made in Italy? “Non credo che i minibond saranno la medicina miracolosa per le Pmi del nostro Paese ma sicuramente un canale di finanziamento complementare e alternativo al credito bancario in tempi di credit crunch”, commenta Andrea Silvello, managing director di Business Support. “Quanto e con che velocità evolverà questo mercato è ancora difficilmente prevedibile, ma rappresenta di certo una grossa opportunità per accelerare l’evoluzione del mercato dei capitali di debito in Italia”.