“Siamo convinti che se le startup vengono portate all’interno di un’organizzazione strutturata finiscono per morire. Per questo noi di Banca Popolare di Sondrio possiamo adottare sistemi tecnologici o soluzioni forniti da startup, ma tendiamo a non inglobarle. Perseguono propri modelli di innovazione, hanno una natura e una configurazione che va rispettata, ma che non è sempre compatibile con l’integrazione in realtà consolidate”. A dirlo è Milo Gusmeroli, vicedirettore generale e CIO di Banca Popolare di Sondrio, che anche quest’anno sarà tra i giurati dei Digital360 Awards, iniziativa del Gruppo Digital360 per promuovere la cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità in ambito digitale in Italia. “È uno dei primi eventi che hanno dato visibilità alle realtà innovative del fintech, la tecnologia applicata alla finanza – dice Gusmeroli – ed ha il pregio di guardare all’innovazione a 360 gradi, senza focalizzarsi su un comparto o un tema dominante. In questo senso è un evento molto democratico, pluralista e intersettoriale”. Dalla sua posizione di giurato Gusmeroli ha potuto riflettere sui rapporti che una banca tradizionale come Popolare di Sondrio è in grado di creare con le giovani realtà innovative. “Ci hanno dimostrato come l’ecosistema banca può essere usato in modo diverso e ci hanno fatto vedere come tecnologie che ritenevamo lontane dal nostro mondo fossero in realtà più vicine”.
L’innesto dei sistemi di pagamento mobile sui sistemi bancari. L’uso della geolocalizzazione, molto sfruttato nel fintech, o anche dell’IOT, l’Internet of Things, per il controllo dei consumi degli ambienti. O la centralizzazione dei sistemi di videoregistrazione o di videocontrollo. Sembrano attività accessorie, eppure sono utili all’interno di una banca. In questi campi, in passato, gli istituti bancari erano un po’ impreparati. Poi, con il tempo, sono arrivate le collaborazioni con le startup, che sono diventate fornitori di tecnologia anche nel mondo della gestione dei dati, ma soprattutto di soluzioni non tipicamente core.
Banca Popolare di Sondrio ha intercettato qualcuna delle realtà che si sono presentate ai Digital Awards?
Sono passate davanti ai nostri occhi realtà molto variegate. Le chiamiamo startup ma alcune hanno dimensioni molto più grandi. Certo, abbiamo tratto spunti di innovazione. E sono nate collaborazioni con alcune di esse, o magari con startup che si sono associate con aziende più grandi. Ma attenzione: non è così semplice imbrigliare le startup in un mondo fortemente regolamentato e vigilato come quello bancario. Integrarle in questo mondo significa portarle all’eutanasia.
Perché?
Al di là dell’innovazione insita nella loro natura, quello che il mondo delle startup è in grado di portare in ambito aziendale va poi sottoposto ai principi di compliance, processo e reputazione che una banca deve rispettare. Finché io utilizzo la soluzione di una startup per il controllo del riscaldamento questo non mi crea problemi, ma se lo faccio in tema di instant credit è diverso.
Non temete piuttosto la disruption che stanno portando le startup fintech nel mondo bancario?
Alcune realtà innovative hanno già portato disruption, ne siamo consapevoli. Ma siamo altrettanto consapevoli che noi, come banche, dobbiamo coniugare valori quali integrità, protezione, brand. Perciò va trovato un giusto compromesso tra noi e queste realtà che non sempre sono considerate con attenzione e profondità in un mondo regolato come quello bancario. La loro presenza va contestualizzata all’interno di un ecosistema che ha caratteristiche peculiari e va affrontata tenendo conto delle peculiarità di questo ecosistema.
In Popso le porte sono aperte alle startup?
Non abbiamo incubatori o acceleratori interni, non organizziamo hackathon o eventi analoghi. Ma siamo sempre attenti a quello che possono offrirci. Per esempio abbiamo adottato tre soluzioni di startup israeliane che poi sono diventate grandi aziende. Ma noi preferiamo adottare la soluzione invece del modello di business.