Il trust, la fiducia, è un concetto caro al mondo assicurativo, tradizionalmente basato appunto su questo pilastro. In questo articolo avevamo parlato tempo fa di come la tecnologia blockchain secondo alcuni commentatori sia per le Compagnie la tecnologia ideale per ristabilire il legame di fiducia con i propri clienti.
Un mondo, quindi, quello assicurativo, che potrebbe trovare ispirazione nell’evoluzione del concetto di fiducia espresso da Rachel Botsman, (nota esperta dell’economia della condivisione, speaker e autrice di best seller, ideatrice della teoria del “consumo collaborativo”, per la rivista americana Time tra le dieci idee che cambieranno il mondo) intervenuta al World Business Forum di Milano (Wobi) per parlare appunto di come trust, sharing e business siano interconnessi.
“Per molto tempo l’uomo è vissuto nell’era della fiducia di prossimità (local trust), poi quando dalle campagne abbiamo cominciato a spostarci verso le città si è passati alla fiducia nelle istituzioni. Oggi c’è una nuova forma di fiducia, la fiducia distribuita. Oggi abbiamo di nuovo fiducia negli individui più che nelle istituzioni”.
Questa fiducia distribuita, chiave della sharing economy e delle società più famose che lo hanno reso un business di successo – Airbnb, Uber, Lending Club, Blablacar, ecc – è abilitata dalla tecnologia, un terreno su cui i vecchi player si muovono male, e ha permessso di scardinare vecchi parametri su cui si basavano banche, assicurazioni, istituzioni, permettendo appunto ai nuovi attori di entrare sul mercato ‘della fiducia’: il web alimenta il trust 2.0, oggi leva di un numero crescente di attività economiche, grazie a un processo top-down in cui le persone sono protagoniste in prima persona e controllano più da vicino chi è il destinatario della fiducia, questo è ciò che Botsman definisce “trust distribuito”. La tecnologia è il pilastro dell’economia collaborativa, grazie alle sue piattaforme digitali che connettono gli utenti, sono sempre accessibili da app mobili, che attraverso un sistema social di scambio di commenti e rating ci permette di conoscere e valutare chi c’è dall’altra parte, di dare fiducia a uno sconosciuto, un brand, o un’idea. La tecnologia permette di costruire fiducia con sistemi radicalmente nuovi.
“La fiducia è la forza che ci spinge verso il nuovo, l’anello di collegamento tra il noto e l’ignoto: le persone non vogliono qualcosa di totalmente sconosciuto, ma preferiscono che il nuovo diventi per loro qualcosa di maggiormente familiare”.
Il cambiamento verso l’economia collaborativa è graduale ma è anche inarrestabile e ha il potenziale per migliorare il sistema produttivo, facendo emergere imprese e idee di business ad alto contenuto innovativo e più in linea con la domanda del mercato.
Tuttavia, la Botsman mette anche in guardi contro i rischi tecnologici, un tema di cui ha parlato nel suo ultimo libro ‘Di cui possiamo fidarci?”, che si è poi tradotto nell’intervento al WOBI ‘Le nuove regole della fiducia nell’era digitale’. Botsman sottolinea la velocità con cui le start-up della sharing economy (Airbnb, Uber, Lending Club e tante altre) stanno trasformando i loro settori. E spiega quali sono le forze che permettono di stabilire, mantenere ma anche distruggere la fiducia dei consumatori, decretando il successo o il fallimento di un modello di business a seconda della capacità di un’organizzazione di cavalcare o no il “trust shift” in corso, ovvero lo spostamento della fiducia del pubblico verso attori che non fanno parte del sistema economico e sociale tradizionale. Botsman definisce questo passaggio epocale anche come “trust leap”, evidenziando il “salto” che compiamo quando ci fidiamo di persone, brand o sistemi che ci propongono di agire in modo diverso dall’usuale, riscrivendo le regole di ogni relazione, economica e personale.
“La fiducia è come l’energia – dice in conclusione del suo intervento – e come l’energia non può essere distrutta”.
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