La corsa dell’insurtech, una necessità per la stabilità del sistema

Lo stress digitale prodotto dalla pandemia ha aperto una finestra di opportunità, che comporta anche un rischio. Se le compagnie di assicurazione non accelereranno sulla digitalizzazione, saranno spiazzate da nuovi competitori aggressivi e tecnologici. Con effetti imprevedibili sulle aziende e sugli equilibri del mercato

Aggiornato il 24 Lug 2020

Giovanni Iozzia

direttore responsabile EconomyUp

Photo by Adi Goldstein on Unsplash

“Ora dobbiamo correre”, ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte subito dopo aver manifestato la sua soddisfazione per l’accordo raggiunto sul Recovery Fund, 750 miliardi di euro a sostegno dell’economia europea stressata dalla pandemia da coronavirus.

L’invito del premier andrebbe ripetuto nelle sedi istituzionali, associative e aziendali della Financial Services Industry. Dovrebbe diventare il mantra nelle compagnie di assicurazione e in tutta la filiera dell’insurance. Si è aperta una finestra di opportunità, spinta anche drammaticamente dall’emergenza sanitaria. A livello di sistema Paese va colta con lungimiranza, capacità di pianificazione e pragmatismo. Allo stesso modo nelle aziende, soprattutto in quelle che operano in settori dove il business è basato su servizi che per definizione sono immateriali e si prestano di più alla digitalizzazione.

In tutte le opportunità c’è una quota di rischio ed è quella che le aziende assicurative devono e possono evitare. Il Covid-19 e il lockdown hanno imposto uno stress test digitale a tutti i mercati, creando nuovi comportamenti e nuove  abitudini di consumo: dal lavoro agli acquisti, dalla formazione all’intrattenimento le tecnologie sono diventate vicine a fasce di popolazione che prima le frequentavano poco o nulla. Non si tornerà più allo status ante pandemia, anche quando ricominceremo a frequentare gli uffici, le scuole, gli stadi. E comunque resterà l’esperienza di una relazione digitale possibile con le aziende, soprattutto quando non è necessario lo scambio di oggetti o la presenza fisica (per il momento un idraulico o un elettricista devono ancora entrare in casa per fare una riparazione, solo per il momento però…).

Nel fintech l’innovazione è un ingrediente necessario per la stabilità del sistema del credito, sostiene Marco Giorgino, direttore scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano. “Il Covid-19 è stata una necessità, un dato contingente, ma serve un’accelerazione per trasformare rapidamente le aziende del credito e per mantenerne la competitività rispetto a nuovi e aggressivi competitor”, che sono poi le tech company digitali e globali. Non a caso è cresciuta l’attenzione e la moral suasion di Banca d’Italia sul fintech.

C’è la consapevolezza di un rischio che è un pericolo per tutto il sistema del credito che, tradizionalmente, ha una rilevante funzione di stabilità sociale. Quali sarebbe gli effetti di una perdita di efficacia e ed efficienza rispetto a operatori che arrivano sul mercato con un superiore livello di maturità e offerta digitale? Finita la stagione della resistenza al fintech, adesso è il momento delle alleanze ma resta il tema del ruolo e del peso delle aziende che, seppur blasonate, non riusciranno a tenere il passo della domanda e, soprattutto, dell’offerta.

E pensare che le banche sono avanti rispetto alle compagnie di assicurazione! fa notare Simone Ranucci, presidente di Italian Insurtech Association. Hanno cominciato prima il confronto con le tecnologie, da tempo hanno aperto agenzie online e stanno lavorando per innovare i processi e i prodotti. Quanto sta rischiando quindi la filiera italiana dell’insurance? Molto. Perché lo spazio di digitalizzazione è enorme (solo l’1% delle polizze viene venduto attraverso canali digitali) e il fatto che l’Italia sia sempre in fondo alla classifica del DESI, l’indice di digitalizzazione dei Paesi europei,  non può essere un alibi per non fare o aspettare a fare. Perché quello spazio sarà presto occupato da altri.

A inizio luglio si è quotata al NYSE Lemonade, la startup definita la Facebook dell’insurance: ha raccolto oltre 300milioni di dollari con una valutazione che ha superato il miliardo e mezzo. Lemonade è già operativa in Germania. Quanto tempo passerà prima che arrivi in Italia? Come risponderanno le compagnie ricche di tradizione, competenze e clienti di fronte a un competitor che liquida un sinistro in pochi secondi? E dopo Lemonade, quanto tempo passerà prima che Amazon o Google entrino nel mercato delle coperture assicurativo? Le opportunità, e i rischi, ormai sono dietro l’angolo. Per questo ora dobbiamo correre.

Articolo originariamente pubblicato il 24 Lug 2020

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia
direttore responsabile EconomyUp

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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