Bulli si nasce? Secondo quanto riporta la ricerca del Moige e Università Sapienza ‘ La violenza negli adolescenti, bullismo cyberbullismo‘ anche i geni giocano un ruolo, così spiega:
Ricercando in letteratura studi riguardanti i fattori biologi e fisiologici del bullo, si è notato che le basi genetiche del temperamento, dell’aggressività̀ e, più̀ in generale, della personalità̀, svolgono un ruolo importante, in quanto i bulli presentano livelli superiori di negatività̀ rispetto alle vittime ed ai bulli-vittime. A questo si aggiunge che la capacità dei bulli di inibire gli impulsi verso il comportamento aggressivo è limitata da deficit della regolazione del comportamento e dalla relativa mancanza di paura. L’ereditabilità̀ gioca sicuramente un ruolo importante: ciò̀ non significa che il bullismo sia dovuto a fattori genetici o che sia primariamente determinato da fattori genetici, significa piuttosto che vi è un certo collegamento tra lo sviluppo del bullismo ed alcune caratteristiche ereditabili. Altri studi riportano che, misurando i livelli di cortisolo, si nota un legame tra stress, salute e dominanza sociale, il quale spiegherebbe i generali benefici sulla salute che il soggetto sperimenta nel momento in cui “vince” una competizione sociale, come può̀ essere il bullismo.
Tendenza alla negatività, difficoltà a modulare i propri comportamenti, aggressività sono dunque alcuni degli aspetti che contraddistinguono il bullo digitale, insieme ad altri fattori, come schematizza la seguente tabella.
A tale profilazione si aggiunge quella cui è giunta la ricerca intervistando dei giovani adolescenti, che riporta come i bulli e i cyberbulli agiscano animati da profonde insicurezze circa la propria identità, e si sentano forti aggredendo una vittima che rappresenta proprio ciò che non vogliono vedere, la realtà complessa e articolata che sul piano cognitivo sembrano riconoscere ma che a un livello più profondo combattono.
Ma quali sono i comportamenti del cyberbullo, ovvero gli atti del cyberbullismo?
Sempre la ricerca ne elenca una serie:
-Il flaming, ovvero un’interazione ostile, aggressiva e con toni rabbiosi che attacca direttamente la persona. Si può mettere in atto in molteplici contesti, quali i forum, le tagboard, le chat room, e così via. I messaggi tendono ad essere crudeli, incuranti della realtà dei fatti e volti solo ad infastidire la vittima.
-Le molestie, che si riferiscono, come le molestie off-line, ad azioni ostili basate sul genere, la razza, l’età, l’orientamento sessuale della vittima; possono perdurare nel tempo ed essere facilitate dalla tecnologia nell’offendere la vittima.
-La denigrazione e la diffamazione riguardanti la pratica di svalutare attraverso la tecnologia un altro individuo. Si tratta delle forme di cyberbullismo con lo spettro più variabile di azioni che possono messere in atto. Può includere sia messaggi direttamente inviati alla vittima ma anche la creazione di siti Web e pagine con lo scopo di postare e condividere contenuti riguardanti specificatamente la vittima. Un fenomeno particolarmente diffuso più recentemente sui Social Network è quello di creare false notizie utilizzando volti di persone scelti casualmente. Ne sono un esempio recente, nel contesto italiano, le fake news riguardanti presunti autori di reato: si tratta di foto di individui qualsiasi, prese da Facebook, alle quali viene applicata una didascalia riportante il nome della persona ritratta ed il reato commesso (spesso si tratta di pedofilia); la reputazione di queste persone viene fortemente minata dai contenuti condivisi, arrivando, come riportato da alcuni fatti di cronaca, a ricevere minaccee subire atti di vandalismo.
-L’esclusione sociale cioè tutte quelle azioni deliberatamente messe in atto con lo scopo di far capire alla vittima che non sono parte del gruppo e che la loro presenza non è gradita. Attraverso la rete può essere messa in atto in modo piuttosto semplice: rimuovendo la persona dalla lista di amici, impedendo di partecipare alle discussioni, ignorando i messaggi nelle chat di gruppo e così via.
–Outing e inganno si riferiscono al persuadere l’individuo a fornire informazioni confidenziali per poi condividerle sulle varie piattaforme senza il consenso della vittima. Queste informazioni possono riguardare diversi aspetti qualil’orientamento sessuale della vittima ma, più recentemente, si stanno espandendoalsexting.
-La sostituzione e la creazione di identità si riferiscono all’utilizzare profili falsi fingendosi un’altra persona per inviare messaggi con lo scopo di infliggere danno alla vittima. Nel caso in cui il perpetratore fosse particolarmente esperto, può sfruttare tecniche di hacking per utilizzare account di altre persone per inviare messaggi con le loro identità ad un ampio pubblico.
Quali tecnologie usano i cyberbulli?
La ricerca ha realizzato anche una parte di indagine condotta su un campione di 1.342 ragazzi (696 ragazzi 617 ragazze) tra i 14 e i 19 anni, residenti in 18 città italiane.
Dalla survey emerge che il dispositivo prediletto è in assoluto lo smartphone e il social/piattaforma Whatsapp, il contenuto più condiviso i messaggi e le foto: i ragazzi infatti usano i social network soprattutto per socializzare, per scopi ricreativi, molto meno per attività di studio o informazione.
Manca la consapevolezza
La Polizia Postale italiana ha recentemente reso noto (in occasione del Safer Internet Day) di aver registrato lo scorso anno 354 denunce di minori per cyberbullismo, di cui 59 riguardavano la diffusione di materiale pedopornografico e 116 riguardavano ingiurie, molestie e minacce. Dati in aumento rispetto al 2016 e in cui manca il dato sommerso: il nostro Paese si è dotato dallo scorso anno di una legge di contrasto al fenomeno, si stanno mobilitando anche iniziative imprenditoriali a tal fine, ma è chiaro che l’arma principale rimane l’educazione all’uso della rete.
Il report del Moige dà per ora un’altra indicazione e cioè che gli adolescenti abbiano ancora poca consapevolezza della gravità degli atti di cyberbullismo e in pochi sappiano come trovare aiuto e come autotutelarsi: circa 7 ragazzi su 10 sono convinti che le vittime di cyberbullismo dovrebbero parlarne solo con i coetanei e non con gli adulti (genitori, professori e forze di polizia); sempre più ragazzi rendono accessibile a tutti il proprio materiale online, infatti ben 1 ragazzo su 3 rende sempre accessibile “a tutti” il materiale condiviso tramite social nonostante più della metà sia consapevole che il materiale condiviso verrà viralizzato da altri.
“La tutela dei minori on line e off line è un atto di responsabilità collettiva che auspichiamo condivisa e supportata non solo dai genitori, ma anche dagli operatori economici e dalle Istituzioni centrali e territoriali” – ha affermato Maria Rita Munizzi, presidente nazionale Moige, Movimento Italiano Genitori, in una nota stampa – “La campagna che presentiamo va in questa direzione, includendo tutti gli attori che desiderano essere in prima fila nella tutela dei nostri figli. In questo progetto, centro mobile, numero verde ed sms, unitamente al protagonismo dei 500 giovani ambasciatori, sono i punti centrali su cui puntiamo per combattere il cyberbullismo”.
La campagna di sensibilizzazione citata è “Giovani Ambasciatori contro il cyberbullismo per un Web Sicuro …in tour…” ed è la nuova campagna che il Moige, insieme alla Polizia di Stato, con il patrocinio del Ministero delle Politiche Sociali, del Ministero dell’Istruzione, di Anci, e con il supporto di Enel Cuore onlus e Trend Micro promuove nelle scuole superiori del territorio nazionale contro i pericoli rappresentati dal cyberbullismo.
Attraverso la metodologia del peer to peer, con attività educational interattive, materiali didattici e open day sarà promossa una maggiore consapevolezza delle problematiche legate all’utilizzo improprio del web con un particolare riferimento anche al tema attualissimo delle ‘fake news’.
Il progetto, giunto alla sua seconda edizione, coinvolgerà 18 regioni, oltre 50.000 ragazzi, 100.000 tra genitori e docenti, 500 “Giovani Ambasciatori contro il cyberbullismo, in 100 scuole superiori.