Come il Covid sta cambiando la percezione del rischio salute negli italiani

La salute prima di tutto: questo il dato, prevedibile, della percezione del rischio degli italiani in uno studio realizzato da Deloitte. La paura non riguarda solo la possibilità di contrarre il Covid-19, ma la perdita di fiducia nei servizi sanitari. Si apre una sfida anche per il mondo assicurativo

Pubblicato il 10 Nov 2020

italiani salute

Il rischio rispetto alla perdita delle libertà personali sfiora appena il 7%  degli italiani, il 9% si preoccupa degli effetti psicologici del coronavirus, il 38% delle conseguenze economiche e il 43% è giustamente molto preoccupato della propria salute. Sono alcuni dei dati rilevati dallo studio di Deloitte ‘From now on – Future of health insurance COVID-19: come rispondere all’urgenza di servizi in ambito salute?‘.

L’indice di paura degli italiani è il più alto in Europa (i cittadini spaventati sono circa il 90%), ma sopratutto, nota lo studio,  oltre alla diffusione e alla pericolosità del virus, preoccupa  l’impatto del COVID-19 sul sistema sanitario nel suo complesso.

Fatto che finora è emerso poco nelle cronache, ma che i cittadini già percepiscono e vivono sulla propria pelle: le altre malattie non si sono scansate perché è arrivato il coronavirus, però tutta la gestione sanitaria ‘ordinaria’ è stata messa in secondo piano dall’emergenza, prova ne sia che, secondo quando dichiarato a Libero da Walter Ricciardi ” il rinvio di ricoveri e interventi sta già facendo aumentare del 10% la mortalità per malattie oncologiche e cardiovascolari”  in Italia. Ma non solo, i disservizi sanitari si manifestano in ogni area: si va dalla impossibilità di prenotare le visite specialistiche, ai farmaci che mancano, dai malati cronici e addirittura ai malati di cancro trascurati, ai quali vengono negate le cure.

Da una parte il servizio è stato messo in “stand by”, dice Deloitte, e ha preso in carico solo casi molto gravi. Questo ha avuto conseguenze significative: più di un italiano su due è costretto a rinunciare, sospendere o rimandare cure e terapie mediche a causa dell’attuale emergenza. Dall’altra, gli ospedali, i centri diagnostici, i centri per anziani, il pronto soccorso sono alcuni dei luoghi in cui il virus ha circolato con maggior forza e velocità. Proprio dove ci si sentiva al sicuro e curati.Questo ha generato timore e paura che hanno portato, ad esempio, alla diminuzione nel numero di pazienti che usufruiscono del pronto soccorso anche se urgente e necessario (es. -50% di pazienti con ictus celebrale nel Q1 2020 rispetto al Q1 20196; -40% di pazienti con infarto tra febbraio e marzo7). Le conseguenze sono facilmente immaginabili. La sempre più concreta percezione del rischio e le difficoltà di accesso al servizio hanno quindi generato negli italiani cambiamenti sostanziali rispetto al tema salute e benessere.

Tuttavia, come sappiamo, l’italiano ha fatto di necessità virtù e ha cominciato a usare il digitale: dalla prenotazione dei servizi alle video visite,  dalla richiesta di farmaci e di specialisti a domicilio al monitoraggio delle cure. Anche gli operatori hanno dovuto adattare i propri modelli e spostarsi verso il “virtual care”. Ad oggi, i video e tele consulti specialistici, sono per la quasi totalità erogati da medici e strutture, spesso tramite piattaforme sviluppate ad hoc da società terze e start-up. I fondi erogati per le start-up di telemedicina e monitoraggio pazienti sono cresciuti rispettivamente del 1818% e 168% rispetto al Q1 2019 a livello mondiale.

Questi cambiamenti, questa digitalizzazione dei servizi sanitari, è destinata a restare anche una volta che la pandemia sarà vinta, perché tali sistemi hanno dimostrato di essere efficaci per migliorare i servizi sanitari, renderli più accessibili e capillari. Questo comporta, e comporterà sempre di più, un coinvolgimento delle compagnie assicurative e una rimodulazione del loro ruolo, dice Deloitte, per rispondere a nuovi bisogni delle persone.

La società di consulenza individua quattro leve di intervento:

A. Lanciare nuove soluzioni di servizio

B. Gestire l’innovazione industrialmente

C. Costruire modelli distributivi in grado di intercettare i giusti target

D. Disporre di un modello operativo dedicato ed abilitante

Ma soprattutto, dice, esiste un quinto punto, forse addirittura al di sopra di tutto questo e che in Italia sarebbe una vera rivoluzione, cioè aprire le porte ad una valutazione più profonda su come il settore assicurativo possa supportare il Sistema Sanitario Nazionale garantendo un pieno coordinamento tra pubblico e privato.

Qui di seguito una schematizzazione di come i servizi assicurativi in ambito salute potrebbero evolversi.

Photo by engin akyurt on Unsplash

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