L'INTERVISTA

Insurtech Italia 2023, Simone Ranucci Brandimarte (IIA): ecco pro e contro

La consapevolezza è cresciuta, l’offerta si è evoluta così come l’adozione delle tecnologie. Ma gli investimenti sono ancora scarsi, mancano le competenze nelle compagnie e la cultura assicurativa nei consumatori. Con il presidente di Italian Insurtech Association vediamo lo stato del mercato nel primo semestre 2023

Aggiornato il 19 Lug 2023

Simone Ranucci Brandimarte, presidente di Italian Insurtech Association

Come sta l’Insurtech in Italia in questa prima metà del 2023? Molto meglio che nel passato recente ma non ancora nella piena forma necessaria per garantire la trasformazione digitale dell’industria assicurativa. L’occasione per fare il punto è stato l’Insurtech Day organizzato da Italian Insurtech Association a inizio luglio, il cui successo è la conferma dell’attenzione delle compagnie per i temi dell’innovazione digitale e del cambiamento. Il presidente Simone Ranucci Brandimarte è soddisfatto ma non smette di insistere sulla necessità di accelerare, di far accedere le cose perché i tempi stringono.

L’insurtech è una necessità per i CEO, ma…

Nel mercato è ormai diffusa la consapevolezza di una necessità e di un’opportunità: l’85% dei CEO di società assicurative considera l’insurtech una priorità, secondo la ricerca svolta da IIA con Ey. Ma ci sono ancora diverse difficoltà per rispondere alla necessità e cogliere le opportunità: la meta degli intervistati ritieni che gli asset tecnologici interni sono inadeguati e solo il 50% delle compagnie ha una struttura dedicata all’innovazione.

L’industria assicurativa è in mezzo al guado della trasformazione digitale, per superarlo con successo servono più risorse finanziarie ma anche e, forse soprattutto, una rivoluzione culturale e nuove competenze tecnologiche. “Bisogna catalizzare il futuro”, sintetizza Simone Ranucci, a cui abbiamo chiesto di darci il polso della situazione con i numeri del primo semestre 2023.

“I numeri dell’associazione ci dicono che tante cose stanno cambiando: abbiamo raggiunto 220 soci, abbiamo oltre 40 partner internazionali e una community di oltre 30mila professionisti. Ma non ci interessa la celebrazione. Il nostro compito è accompagnare e sostenere l’innovazione in una industry strategica per il Paese”.

Insurtech Italia 2023, i segnali dal mercato

Cominciamo dal mercato? Quali sono i segnali rilevanti?
Il 50% è ormai un cliente digitale. Dobbiamo renderci conto che siamo entrati nella nuova era IDC, dell’Insurance Digital Customer. Se oggi siamo alla metà del mercato, nel 2030 il digitale rappresenterà ben l’81%. E sempre entro quella data ben l’80% della distribuzione assicurativa, a livello globale, sarà abilitata da piattaforme digitali. Stiamo parlando di pochi anni. Possiamo pensare di confrontarci con questa evoluzione restando quel che siamo oggi?

La trasformazione digitale incombe. Chi vincerà?
Ancora non possiamo saperlo ma siamo di fronte a un’onda digitale che abbiamo già visto in altre industry. Nel retail commerce è cominciata all’inizio del secolo e ha visto emergere player come Amazon e Yoos, nel travel qualche anno e i champion si chiamano Booking ed Expedia, nel banking sono emersi sfidanti come N26 e Revolut. Nell’insurance tutto è cominciato attorno al 2020 e la partita è in corso.

Qual è lo scenario dell’insurtech italiano a metà 2023?
Ci sono molti segnali positivi ma non mancano le criticità.

Insurtech Italia 2023, i pro e i contro

Cominciamo dai pro
In sintesi: c’è una piena consapevolezza del contesto e delle priorità dell’insurtech; l’offerta si è evoluta così come i modelli distributivi e penso soprattutto all’embedded insurance; abbiamo una maturità crescente nell’adozione delle tecnologie nei processi di business e nelle relazioni con clienti.

Ma…ci sono dei contro. Quali?
Gli investimenti in tecnologia e innovazione sono ancora inferiori alle attese. Il gap di competenze tecnologiche e digitali nelle aziende è ancora forte. Ma c’è anche una scarsa educazione del consumatore finale in fatto di assicurazioni e in genare protezione dei rischi.

Per quanto riguarda gli investimenti il calo è però generale a livello globale…
È vero, nel 2022, dopo l’impennata del 2021, c’è stata una pesante diminuzione sia in termini di valore, sia per quanto riguarda il numero di operazioni. Ma se si guarda al quadro generale, l’Europa ha accorciato il divario con gli Stati Uniti 2,8 miliardi di investimenti contro 3,5), ma l’Italia è rimasta indietro. Se si guardano gli investimenti insurtech nel triennio chiave 2021- giugno 2023, siamo a circa 1,15 miliardi, una cifra che ci colloca penultimi nel Vecchio Continente davanti alla Spagna. In Uk sono stati superati i 5 miliardi, in Germania e in Francia i 4. E stiamo parlando della somma di investimenti e collaborazioni con startup e progetti innovativi interni alle compagnie. Siamo un fanalino di coda e non possiamo permettercelo.

I player internazionali e le startup italiane

Perché non possiamo permettercelo? Che cosa vuol dire?
L’Italia è considerata un mercato ad alto potenziale di crescita assicurativa, siamo un Paese sotto assicurato, e digitale, siamo un paese poco propenso all’uso delle tecnologie. Quindi abbiamo un certo appeal nei confronti dei player internazionali. Abbiamo calcolato che nel triennio che si chiude quest’anno circa 55 soggetti in ambito assicurativo faranno il loro ingresso in Italia. Siamo all’inizio del plateau, dell’altipiano dove l’insurtech dovrebbe cominciare a correre. Anche per questo il 2023 sarà un anno decisivo. Cii sono circa 120 realtà insurtech attive, vogliamo che siano in maggioranza straniere?

Quali sono i limiti delle startup insurtech italiane?
Voglio prima ricordare i punti di forza: eccellono in ricerca e innovazione, sono flessibili e hanno costi del personale mediamente più competitivi rispetto all’Europa. Ma sono sottocapitalizzate, poco propense all’internazionalizzazione e hanno scarse competenze per confrontarsi con investitori istituzionali.

Le compagnie assicurative e le competenze che mancano

Entriamo velocemente nelle compagnie. Che cosa troviamo?
I dati della ricerca fatta da IIA con EY, relativi al primo semestre 2023, ci dicono che da una parte viene data una crescente rilevanza alle competenze tecniche e digitali (ben l’85% contro il 55% del 2021) ma dall’altra il 70% di chi lavora in ambito assicurativo ritiene di non avere le competenze necessarie. Il digital training è, quindi la priorità.

Servirà molta formazione interna ma si apriranno anche opportunità di nuova occupazione?
Assolutamente sì. Nel triennio 2023-2025 è previsto l’inserimento di 25mila nuove figure professionali nel settore assicurativo. Le figure più ricercate saranno cloud architect, system administrator ma anche data analyst ed esperto in digitalizzazione dei processi. E nel 50% dei casi saranno profili che non sono mai stati presenti nelle aziende assicurative. Sarà una vera e proria trasfusione di sangue ad alto contenuto tecnologico.

Articolo originariamente pubblicato il 19 Lug 2023

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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