Il dilemma della Silicon Valley, cambiare il mondo o fare soldi?

Nell’ecosistema dell’innovazione più avanzato al mondo, ci si chiede se le aziende di successo siano solo orientate al business o capaci di generare autentico valore e un impatto positivo

Pubblicato il 12 Ago 2015

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La Silicon Valley è considerato il miglior ecosistema al mondo per lo sviluppo di aziende innovative e tecnologiche, il miglior ecosistema per fare startup, perchè qui si trovano i venture capitalist più ricchi e spregiudicati. Nella Silicon Valley sono nati i colossi mondiali della tecnologia come Google ed Apple, o il più recente Uber. Il sistema Silicon Valley capitalizza cifre enormi. Eppure, il mantra ufficiale della valle del silicio, quello recitato dai nuovi imprenditori e dagli executive, non è “fare soldi” ma “cambiare il mondo”.

Cambiare il mondo, fare la differenza, rendere il mondo un posto migliore è l’aspirazione ufficiale di ogni startup. Ma, nei fatti, è possibile stabilire se l’innovazione tecnologica della Silicon Valley sta davvero cambiando il mondo o sta soltanto permettendo a una minoranza di persone di fare soldi?

Ha provato a rispondere a questa domanda The New York Times che ha ospitato recentemente il dibattito “Is Silicon Valley Saving the World or Just Making Money?”, in cui diversi personaggi (giornalisti, imprenditori, futurologi, opinion leader) hanno espresso la propria posizione in merito.

Tra coloro che hanno preso parte al dibattito, Melinda Gates (moglie del celeberrimo Bill che con lui porta avanti l’organizzazione filantropica Bill & Melinda Gates Foundation, che ha lo scopo di promuovere l’uguaglianza e le pari opportunità nel mondo) ha una considerazione complessivamente positiva del sistema e cita anche alcuni esempi di ottime iniziative imprenditoriali, con impatto sociale, frutto della collaborazione con giganti come Facebook, Google o Microsoft. Ma richiama anche l’attenzione sulla responsabilità individuale “La tecnologia non è in sé, né buona né cattiva, ma è potente. Sta alle persone saperne fare un buon uso. Bisogna incoraggiare gli innovatori ad usare il proprio potere per migliorare il mondo”.

Sulla responsabilità delle scelte personali, sul fatto che siano le persone (e non la tecnologia in se) a fare la differenza è la posizione anche di Paul Saffo, futurologo, apprezzato opinionista e docente alla Stanford e alla Singularity University. “Anche le più potenti innovazioni sono solo strumenti che possiamo scegliere di usare saggiamente o di trasformare in amplificatori della follia umana. Sta a ognuno di noi fare in modo che l’innovazione realizzi la sua promessa di cambiare in meglio il mondo: anche come consumatori, noi votiamo con i nostri dollari e le nostre abitudini”.

“Silicon Valley is about business, not change”, dice la giornalista Suzie Caigle, secondo la quale se è vero che la tecnologia è capace di migliorare la vita delle persone, è il sistema industriale e finanziario della Silicon Valley che impedisce un cambiamento più profondo. In buona sostanza, secondo la giornalista, internet e la tecnologia finora non hanno portato quei miglioramenti come una maggiore distribuzione del benessere a livello globale, ma semplicemente alla nascita di nuove concentrazioni economiche, come Uber o twitter o facebook.

Molto cauta anche Marina Gorbis, direttore del noto Institute for the future di Paolo Alto, che vede la cosa da un altro punto di vista: l’evoluzione tecnologica arrivata dalla Silicon Valley negli ultimi anni, e rappresentata da esempi dirompenti con AirBnB o Uber, sta avanzando troppo velocemente rispetto alla nostra capacità, come società, di adattarci. La Silicon Valley sta cambiando il mondo, ma la velocità con la quale lo fa può essere un boomerang. “Abbiamo bisogno di pensatori e politici dinamici capaci di trovare un punto di equilibrio nella crescita tecnologica”.

Kimberly Bryant, fondatrice di Black Girls Code, ritiene che la promessa di “equità e giustizia sociale” che ha accompagnato lo sviluppo di internet e della tecnologia, rimane ancora lontana. L’ecosistema tech è robusto, dice la Bryant, ma monocorde e questo impedisce a molte applicazioni innovative di raggiungere il mercato. “Il mercato tech attuale è una bolla in cui gli stessi prodotti sono creati ancora e ancora, al servizio dello stesso target demografico, mentre una comunità più ampia di consumatori e di creatori sono sistematicamente ignorati. Quando l’ecosistema tech finalmente deciderà che c’è un valore in un pool più ampio di voci?”

Nessuno, tra i commentatori, nega alla Silicon Valley la capacità di produrre innovazione tecnologica e alla tecnologia il potere di migliorare il mondo.

E la contraddizione tra “fare soldi” e “cambiare il mondo” è, in realtà, meno acuta di come sembra apparentemente: come disse Jim Barksdale, CEO of Netscape, “dire che lo scopo di una società è fare soldi è come dire che lo scopo nella vita di un uomo è respirare”. Vale a dire, un’azienda deve necessariamente essere economicamente sostenibile per poter raggiungere i propri obiettivi. In recente articolo sull’Harvard Business Review, Kevin Laws, Coo di AngelList, sostiene che ciò che guida l’azione dell’imprenditore e ispira il suo team è la “mission” e una vera startup di successo non considera “fare soldi” la propria missione prioritaria. Ovviamente, dice Laws, un’azienda è obbligata ad essere finanziariamente a posto, ma non deve mai dimenticare il suo vero scopo, perchè è in quel momento che può cominciare il suo declino.

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