Lemonade ha conquistato un primato prima ancora di arrivare sul mercato: lo scorso anno, con una cifra raccolta di 13 milioni di dollari, ha rappresentato il più cospicuo investimento seed di uno dei principali e storici fondi di venture capital statunitensi, Sequoia Capital.
Nei giorni scorsi, dopo un anno di detto e non detto attorno a questa startup, InsuranceUp ne aveva riportato anche in questo articolo con l’opinione del suo fondatore Daniel Schreiber, finalmente Lemonade diventa operativa con le sue polizze nel mercato delle assicurazioni casa dello Stato di New York (dove ha sede) e le sue innovative leve tecnologiche e di business sono sotto gli occhi di tutti.
Chatbot, etica e un sacco di soldi sono le sue armi – dice VentureBeat – che descrive come la startup sia stata costruita attorno ad alcuni principi cardine: customer experience, che significa elimare tutti i possibili momenti di frizione tra l’assicurazione e il suo cliente, come i processi complicati, i tempi lunghi, la parte burocratica, i costi elevati; business etico, poichè Lemonade devolve una parte delle cifre incassate in beneficenza.
Il modello funziona così: Lemonade chiede ai clienti di nominare un ente di beneficenza quando acquistano una polizza. Poi, i premi di persone che scelgono la stessa “buona causa” sono raggruppati e vanno a costituire un unico fondo a copertura dei sinistri. A fine anno, i soldi che non sono stati utilizzati per i sinistri, sono devoluti da Lemonade alla causa prescelta da quel gruppo.
Come guadagna Lemonade? Trattenendo una fee fissa del 20% sui pagamenti mensili dei premi, acquista polizze da riassicuratori (Lloyd’s of London, Berkshire Hathaway’s National Idemnity, XL Catlin e altri), si occupa di pagare i claim, e pensa gli rimanga ancora parecchio da dare in beneficenza.
“Sapere che ogni dollaro che ci viene negato in un reclamo è un dollaro di più per il nostro assicuratore, tira fuori il peggio in tutti noi. Così abbiamo architettato Lemonade per evitare conflitti di interesse. Prendiamo un forfait del 20%, e diamo i soldi non reclamati a cause che stanno a cuore dei nostri assicurati.” A dirlo è nientemeno che Dan Ariely, nominato Chief Behavioural Officer di Lemonde, cioè colui che è preposto allo studio dei comportamenti dei clienti e allo sviluppo delle conseguenti strategie. Infatti, Dan Ariely è professore di psicologia e comportamento in economia alla Duke University e autore di numerosi bestseller sull’argomento.
Un ruolo atipico, ma fondamentale in una startup che sta fondando la propria idea di business su un presupposto di tipo psicologico – comportamentale, cioè che se l’assicurazione è più buona anche i clienti saranno più buoni, cioè più numerosi e meno propensi a frodare la compagnia.
“Dal momento che non ci teniamo i soldi non reclamati, siamo in grado di ispirare fiducia e garantire di pagare i reclami velocemente e senza problemi – ha dichiarato Dan Ariely a VB – “I nostri clienti, da parte loro, sapendo che un’eventuale frode nuoce a una causa in cui credono, piuttosto che alla compagnia di assicurazione, non lo fanno, fanno emergere la loro natura migliore. Tutti vincono.”
Lemonade, sulla base di questo modello, ha potuto costituirsi nella forma della Benefit Corporation ed è la prima assicurazione al mondo ad aver ottenuto tale certificazione.
La tecnologia, basata su machine learning e chatbot, è un asse fortissimo della startup. “La tecnologia spinge tutto in Lemonade”, ha dichiarato il co-fondatore e presidente Wininger. “Dalla firma della polizza fino al reclamo, l’intera esperienza è mobile, semplice e notevolmente veloce. Ciò che prima richiedeva settimane o mesi, ora richede minuti o secondi. E ‘quello che si ottiene quando si sostituiscono broker e documenti con i bot e il machine learning “.
Articolo originariamente pubblicato il 28 Set 2016