Nei giorni scorsi la FAA (Federal Aviation Administration) statunitense ha introdotto una serie di norme che regolano l’utilizzo di droni in ambito commerciale. Una vera milestone per gli americani che aspettavano da tempo il “go” per l’utilizzo di droni in agricoltura, per le consegne (in primis Amazon), per la realizzazione di riprese per film, ecc. In realtà non si tratta ancora di un via libera “selvaggio”, perchè le limitazioni poste dalla normativa sono ancora superiori alle concessioni, ma si tratta di un approssimarsi per gradi a quell’idea di utilizzo di droni che permetterà di ricevere la pizza a casa consegnata da un piccolo UAV (unmanned aerial vehicle, per dirla con gli americani o SAPR, sistemi aeromobili a pilotaggio remoto, diciamo noi italiani).
Il principale ostacolo rimosso dalla nuova normativa è la necessità di un brevetto da pilota di aerei o elicotteri veri per pilotare un drone come richiesto finora, basterà aver frequentato dei corsi ad hoc. Tutta la normativa US diventa così molto simile a quella italiana (dove in questo settore siamo stati all’avanguardia), gettando le basi per l’esplosione del settore: se fino a oggi si contavano 18 mila droni commerciali in tutti gli States (specialmente in Alaska, dove i deserti di ghiaccio facilitavano le autorizzazioni), si pensa che per fine anno diventeranno 600 mila.
Intanto, in Nuova Zelanda, dove la regolamentazione in materia procede come altrove con cautela, Domino’s Pizza ha però già dimostrato e promosso in video il suo prossimo sistema di consegne con i droni, che comincerà a Auckland a fine settembre. Si tratterà delle prime pizze al mondo consegnate con i droni!
Un drone è stato anche il regalo offerto al Papa da Mark Zuckerberg, nei giorni scorsi in visita a Roma, come esempio di una delle tecnologie del futuro in grando di aiutare l’umanità (Facebook sta sviluppando il progetto Aquila, un drone a energia solare in grando di diffondere connessione web in vaste aree prive di infrastutture).
Ma l’uso dei droni pone anche parecchi questioni, relative a problemi di privacy e sicurezza, principalmente. E pone nuove sfide anche sul fronte assicurazioni.
Secondo il Ceo di Inguard Parker Beauchamp, una delle più innovative compagnie americane, i veicoli “unmanned” potrebbero diventare un eccezionale alleato delle compagnie nella gestione dei risarcimenti provocati dai disastri naturali. Il Ceo, in un intervento su HuffPost Tech, aveva spiegato come l’intervento e l’utilizzo di droni possa essere un grande aiuto dei periti incaricati di valutare i danni, sopratutto nelle circostanze di eventi disastrosi talmente importanti da aver compromesso vie di comunicazione e accesso ai siti colpiti. L’unico limite a questo utilizzo era (quando è stato scritto l’articolo) la FAA (Federal Aviation Administration) che poneva quei limiti all’utilizzo dei droni in ambito commerciale oggi rimossi.
Secondo Beauchamp, in futuro l’utilizzo dei droni nel settore assicurativo sarà molto più esteso e si potranno avere applicazioni anche in ambiti diversi da quelli estremi dei disastri naturali, come l’ispezione di siti aziendali e abitativi, o addirittura l’intervento in tempo reale sul luogo di un incidente automobilistico.
Ma il drone alleato dei periti non è l’unica opportunità.
Il drone è un veicolo e come tale va assicurato, esistono quindi già delle polizze a copertura dei rischi che ricalcano quelle tradizionali che coprono danni a cose e persone. Ma il drone pone diversi tipi di rischi, molto differenti da un’auto o una moto: i rischi che riguardano il drone hanno a che fare anche con la cybersecurity e la privacy, per esempio, e impone dunque una riflessione sulla modellazione delle stesse polizze. Non è un caso che gli assicuratori US siano già al lavoro su questo: l’AAIS, associzione di diverse compagnie assicurative, ha appena reso noto di aver predisposto nuove indicazioni per regolare le polizze destinate agli agricoltori (che saranno tra i massimi utilizzatori di droni) e in generale all’uso in campo agricolo dei UAV.
Ovviamente le assicurazioni per i droni sono un oceano blu anche per le startup insurtech: Verifly, ha lanciato in US, un servizio in app che permette l’assicurazione del singolo volo tramite smartphone giusto all’occorrenza, cioè on-demand.
Per un prezzo che parte dai 10 dollari, un utente può ottenere una copertura fino a 1 milione di dollari per la responsabilità danni e 10.000 per violazione della privacy, per un massimo di un’ora.
Il servizio consente di far volare il drone senza dover acquistare un piano di assicurazione a lungo termine, ma sopratutto l’applicazione fa una cosa molto intelligente e sensata, come ha detto il fondatore e CEO Jay Bregman a CNBC: i prezzi di copertura dipendono dai fattori di rischio nella zona in cui il drone viene fatto volare, comprese la presenza di scuole, stadi, quartieri e altri spazi popolati.