Nel 2018, il mercato Internet of Things (IoT) in Italia è arrivato a toccare i 5 miliardi di euro, con una crescita del +35% rispetto al 2017. Più della metà del fatturato IoT continua a essere generato dai contatori gas ed elettrici e dalle auto connesse. La Smart Car da soddisfazione, con un mercato che supera di poco il miliardo di euro (21%, +37% rispetto al 2017), e può contare su 14 milioni di veicoli connessi a fine 2018, oltre un terzo del parco circolante in Italia.
A prevalere in termini di di diffusione sono i box GPS/GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con nalità assicurative (69%, +14% nel 2018), sul mercato ormai da molti anni, ma la crescita è trainata principalmente dalle auto nativamente connesse (31%, +69% nel 2018): il 70% dei veicoli immatricolati nel 2018 è dotato di sistema di connessione tramite SIM o bluetooth fin dalla fase di produzione. Dall’altro lato troviamo le soluzioni di Smart Logistics a supporto del trasporto (465 milioni di euro, +29%), utilizzate per la gestione delle otte aziendali e di antifurti satellitari (a ne 2018 si registrano 1,5 milioni di mezzi per il trasporto merci connessi tramite SIM).
Il trend e i fattori che influenza il mercato
L’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano sostiene che il mercato dell’auto connessa continuerà a crescere ed essere uno dei pilastri della crescita IoT in Italia, anche perché alcuni fattori giocano a suo favore. Per esempio, l’entrata in vigore – a marzo 2018 – dell’obbligo normativo legato all’eCall farà vedere i suoi frutti nei prossimi anni, perché riguarda le nuove omologazioni e non le semplici immatricolazioni di veicoli già sul mercato. Inoltre, tutti i produttori di auto si sentono oramai più sicuri in questo mercato potendo contare sulla componente hardware già installata in fase di produzione e sono in grado di puntare sui servizi abilitati dalla connettività come differenziale competitivo, fattore importante in un mercato ormai molto maturo come quello dell’auto: manutenzione preventiva/predittiva basata sul monitoraggio dei componenti, fornitura di consigli per ridurre il consumo di carburante, possibilità di gestire l’apertura o la regolazione della temperatura dell’auto da remoto sono alcuni esempi dei servizi offerti.
Effettivamente, osservando dal punto di vista del consumatore la proposta di servizi innovativi, legati alla connettività, in ambito auto è molto più chiara da comprendere, contrariamente a quanto avviene in ambito smart home, dove ancora molti servizi non hanno, o non sono percepiti, come reale valore dalle persone.
Aggiungiamo, inoltre, che anche altre disposizioni di legge potrebbero influenzare il settore, come abbiamo raccontato in questo articolo, la stessa black box potrebbe diventare obbligatoria entro il 2022 in tutta Europa: obiettivo è rendere le strade più sicure, ma è chiaro che la scatola nera è un dispositivo che si presta a molteplici utilizzi.
Per l’Osservatorio, un ulteriore stimolo all’innovazione sarà dato nei prossimi mesi dalla crescente integrazione degli smart speaker nelle auto, consentendo agli utenti di interagire con l’auto tramite la voce. In questo ambito, determinante sarà (come successo anche nel mercato smart home) il ruolo delle big tech: Amazon sta puntando sull’utilizzo di un dispositivo fisico, Echo Auto, che può essere acquistato e installato sulle auto già in circolazione e che progressivamente sta iniziando a essere integrato in alcuni Paesi in diversi modelli di auto. Simile strategia per Google, che sta anche esplorando la strada dell’integrazione con dispositivi e asset con cui l’auto interagisce, come ad esempio le colonnine di ricarica per le auto elettriche. L’auto a guida autonoma per il momento può attendere: siamo ancora in fase sperimentale e in Italia solo Modena e Torino sono tra le prime città che, nel corso del 2018, hanno permesso alle aziende di iniziare a testare anche in Italia queste soluzioni.
L’opportunità ‘smart car’ per il mercato assicurativo
Per il settore assicurativo, la crescita del mercato smart car è una buona notizia, ed è arrivato il momento di pensare a nuovi servizi e nuovi modelli di polizza: auto connessa significa “dati” e i dati forniscono nuovi elementi per la definizione di rischio, prezzi, modelli di business. Non è un caso che alcune dei principali casi di startup insurtech di successo, come Metromile e Cuvva, siano proprio dei disruptor delle polizze auto.
Secondo McKinsey, l’aumento delle applicazioni per l’auto connessa sta creando un ecosistema digitale completamente nuovo intorno all’auto, che comprende non solo gli OEM automobilistici, ma gli operatori di telecomunicazioni, i produttori di sensori e chip, gli operatori di piattaforme digitali come Uber, gli istituti di ricerca, i centri di standardizzazione e, naturalmente, gli assicuratori.
Le auto connesse consentono alle Compagnie una determinazione dei rischi più precisa. Gli assicuratori del settore auto, ad esempio, hanno sempre fatto affidamento su indicatori indiretti, come l’età, l’indirizzo e la solvibilità di un conducente, per la determinazione dei premi. Ora sono disponibili dati sul comportamento del conducente e sull’utilizzo di un veicolo, come la velocità di guida e la frequenza di guida notturna.
Un altro aspetto positivo è che le auto connesse consentono agli assicuratori di interagire più frequentemente con i propri clienti e di offrire nuovi servizi sulla base dei dati raccolti. Attualmente, spesso nella relazione con l’assicurato l’unico touchpoint è rappresentato da agenti o broker e limitato ai momenti del rinnovo contrattuale e della gestione del sinistro.
Ma non solo. Sebbene molte funzionalità dell’auto connessa siano indirizzate a diminuire la frequenza dei sinistri, tutta la tecnologia a bordo del veicolo, come i sensori, farà lievitare l’importo medio dei sinistri, per gli elevati costi di riparazione, dice McKinsey. Un rischio che potrebbe indurre le Compagnie ad aumentare i premi: ma già qui, una più scrupolosa differenziazione tra clienti ad alto e basso rischio consentita dai dati aggiuntivi ottenuti dal nuovo ecosistema, permette una maggiore personalizzazione della polizza ‘meritocratica’ sulla base della profilazione senza ricorrere ad aumentare le tariffe per gli automobilisti ad alto rischio. Inoltre, le Compagnie possono individuare nuove strade per compensare la ‘perdita’ riducendo la spesa per i sinistri attraverso una selezione del rischio ottimizzata: con una lotta più efficace alle frodi, l’aumento dell’uso di officine di riparazione alleate e l’offerta di assistenza e servizi smart, come segnalare agli automobilisti gli interventi di manutenzione necessari o individuare soluzioni di parcheggio intelligenti. Gli assicuratori possono anche vendere i loro dati e le loro soluzioni di analisi a terzi, come le agenzie mediatiche che si concentrano sulla pubblicità basata sulla localizzazione.
Insomma, la tecnologia hardware c’è: la partita si sposta tutta su come utilizzarla creando valore e servizi smart.
Articolo originariamente pubblicato il 14 Mag 2019