CHE COSA SAPPIAMO A PROPOSITO DI HELICOPTER MONEY?
Premessa. Da quando il 10 marzo il presidente della Bce disse durante la conferenza stampa che il comitato direttivo non aveva discusso l’ìpotesi di helicopter money, si sono moltiplicate le richieste di chiarimento e di approfondimento. Poiché l’espressione è un po’ troppo giocosa, credo sarebbe bene spendere su questo tema più di un intervento in questo blog. Si, più d’uno, perché helicopter money è la madre di tutte le innovazioni.
Nella sua accezione più immediata, helicopter money sta a indicare una operazione del tipo: la banca centrale distribuisce soldi ‘a pioggia’, noi imprese e consumatori li spendiamo, l’economia riparte, e vissero a lungo felici e contenti. Beh, potrebbe anche andare a finire così, ma per capire bene le implicazioni profonde dell’idea, e della sua eventuale realizzazione, sarà bene discutere la cosa in prospettiva storica e teorica. Per punti e graficamente, in modo tale da costruire un terreno di comprensione comune più che per proporre grandi pensate rivoluzionarie.
La struttura di questa serie di pezzi dipenderà dalla evoluzione del dibattito nelle prossime settimane, ed è dunque possibile prevederla solo in linea di massima. Direi:
1. (Il post che state leggendo) Origine dell’espressione e significato che le viene comunemente assegnato. Come siamo arrivati a parlarne
2. (In futuro) Esperienze di helicopter money negli ultimi anni
3. (In futuro) Le diverse forme e i modi di funzionamento
4. (In futuro) Considerazioni sulle implicazioni di lungo periodo
L’espressione ‘helicopter money’ fu introdotta in economia da Milton Friedman nel 1969 con l’obiettivo di spiegare che la banca centrale è sempre in grado di far aumentare il livello della domanda nominale di beni e servizi (‘nominale’ = ‘a prezzi correnti’). Questo denaro piovuto dal cielo verrà raccolto e certamente speso in qualche proporzione (qualche virtuoso risparmiatore guastafeste ci sarà sempre, così che l’effetto sulla domanda sia sempre contenuto). A sua volta, l’aumento di spesa farà aumentare la domanda reale, e farà aumentare anche il livello generale dei prezzi (l’inflazione). In qualche misura.
Passano trentatré anni durante i quali nessuno usa più l’immagine helicopter money se non in qualche corso avanzato di economia monetaria, fino a che in un discorso del 2002 Ben Bernanke, da poco membro del Board of Governors of the Federal Reserve System, discutendo della lunga (già allora!) stagnazione giapponese sostiene che le politiche monetarie con cui essa veniva affrontata erano inadeguate: helicopter money sarebbe stata la strategia giusta. Le autorità giapponesi non si filarono il suggerimento, tutti i commentatori rimasero un po’ disorientati, immaginando che la proposta non poteva essere quel che sembrava, venendo da un governatore della Fed, e Bernanke non ne avrebbe più parlato per tutto il tempo per il quale sarebbe stato presidente della Fed. Ma il soprannome Helicopter Ben gli è rimasto incollato addosso.
Infatti, da presidente della Fed Helicopter Ben si specializza in quantitative easing (QE), vale a dire nella gestione della crisi del credito e della parallela deflazione che si viene costruendo durante i suoi anni da presidente, mediante l’acquisto di buoni del tesoro Usa dalle banche e, progressivamente, di carta e cartaccia (pardon, financial assets) in cambio di moneta.
Ora, va ricordato qui che la Fed ha un duplice mandato: stabilità del tasso di inflazione e bassa disoccupazione. E va ricordato che nel febbraio 2009, quando il tasso di sconto era diventato inutilizzabile come strumento per lo stimolo perché era arrivato al suo limite inferiore dello 0%, il Congresso Usa entrò pesantemente in gioco autorizzando l’amministrazione Obama a un deficit di 757 miliardi di dollari articolato in sgravi fiscali e maggiori spese in disavanzo (5,6% del PIL Usa, signore e signori austeri d’Europa). Vero è che il QE durerà fino alla seconda metà del 2014 mentre lo stimolo fiscale si fermerà nel 2011, ma questo sta solo a dimostrare che il rallentamento della crescita Usa ha proprio questa dissociazione come causa.
Che cosa sta producendo il QE in Europa, patria delle vergini vestali dei bilanci in pareggio? Ovviamente non crescita, perché quella la produce la spesa in disavanzo (oggi va di moda chiamarla ‘spesa per investimenti’: in realtà è irrilevante su cosa si spenda, anche se è penosamente ovvio che, visto che si deve spendere, tanto vale spendere ‘bene’. Il problema è che ciò che è ‘bene’ per una parte non lo è per l’altra. O no?).
Effetti del QE sono: a) Nessun effetto sul tasso di inflazione. Meglio, dopo 12 mesi di QE il tasso di inflazione continua ad allontanarsi da quel 2% obiettivo della BCE, e in direzione deflazionistica! (Figura 1). Perché non è vero che l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario.
b) Tassi di interesse di policy e di mercato decrescenti, nulli, negativi. Entrando come acquirente sul mercato delle obbligazioni la Bce, a parità di tutte le altre condizioni, ne fa salire il prezzo e scendere il rendimento. Nessuna meraviglia che il biennale tedesco paghi un rendimento negativo, e che il differenziale tra italiano e tedesco si stia riducendo. E allora? Beh, si pensi ai rendimenti decrescenti che le società di assicurazione incassano sulle obbligazioni che hanno acquistato con le polizze degli assicurati, rendimenti con i quali dovranno pagare gli assicurati…. Riprendo pari pari quel che ho scritto qualche tempo fa: non è normale che i tassi di interesse siano negativi: anzi, sempre più negativi. Dicendo ‘non è normale’ voglio dire che si tratta di una situazione completamente nuova rispetto a quella in cui siamo cresciuti, quando i tassi di interesse sulle riserve delle banche erano positivi e i tedeschi vivevano ancora ai tempi di Weimar.
Stimolo della propensione al rischio. Gli investitori, ma ormai anche non pochi risparmiatori, visti i rendimenti ridicoli delle obbligazioni pubbliche, dirottano quote crescenti di capitale finanziario verso strumenti finanziari a rischio crescente: azioni, titoli di debito non-investment grade, derivati che non capiscono, materie prime, tutto sempre più come si trattasse di una lotteria da vincere (dove almeno si sa che chi tiene banco ha una probabilità di vincere più alta di quella del giocatore). Non va bene: dove è finita quella separatezza tra attività poco redditizie ma condotte in una branca del sistema bancario ‘sicura’ e attività cui tutti sono liberi di accedere, ma in istituzioni diverse e separate, le banche d’investimento?
Tempo di bilanci. I bilanci, credono gli sprovveduti, sono qualcosa di oggettivamente vero: i numeri sono i numeri, dicono i suddetti sprovveduti. Balle. Un bilancio è positivo o negativo a seconda di che cosa ne ricava chi lo compila. Se si lavora nell’industria finanziaria, il bilancio di anni di QE è indubbiamente positivo. Se si possiede un’attività produttiva, la deflazione ha creato solo danni, difficoltà, chiusure. E i risultati per l’economia reale sono sotto gli occhi di tutti (cfr. Figura 2).
Se si è un lavoratore dipendente, si guardi all’andamento della disoccupazione… E infine, e soprattutto visto il mandato della Bce, se ci si preoccupa dell’obiettivo dichiarato, e cioè della riconduzione del tasso di inflazione vicino al, ma sotto il, 2%. Dunque, si è arrivati a parlare di helicopter money a seguito del fallimento del QE.