Poco più di un anno fa ci chiedevamo perché avesse rifiutato un milione di euro per la sua startup. «Non avevo motivo per accettare una valutazione sei volte inferiore alla nostra. Questa azienda ha respiro internazionale» rispose. A distanza di tempo i fatti gli hanno dato ragione. Perché Giovanni De Lisi – insieme al team di GreenRail, azienda ideatrice di traverse ferroviarie ecosostenibili – di strada ne ha fatta eccome da quel giorno.
Da quando, durante una puntata del reality show Shark Tank, disse di no all’offerta dell’investitore Fabio Cannavale: un milione di euro per il 20% della società. Niente da fare, per quella cifra De Lisi avrebbe ceduto soltanto il 3% di Green Rail. Sul momento sembrò un clamoroso autogol, in realtà fu una mossa azzeccata. E a confermarlo – tra i tanti riconoscimenti ottenuti fino ad oggi – è la recente conquista del finanziamento della fase due del programma Horizon 2020. Dove tra 65 aziende finanziate (su oltre 1200 progetti esaminati), soltanto nove hanno presentato iniziative nel settore dei trasporti, e tra queste l’unica startup ad essere premiata è stata proprio GreenRail.
«Si tratta di uno dei bandi più difficili – spiega il fondatore di GreenRail – in cui solo il 5% dei progetti riceve un finanziamento. Devi avere una certa solidità societaria per aggiudicartelo. Noi stessi abbiamo superato la soglia di sbarramento al terzo tentativo. Alla fine a convincere la giuria credo sia stata la compagine di partner che abbiamo unito attorno a noi: come ad esempio PoliHub, l’Università di Torino e il Cnr, oltre a tutti quei centri di ricerca che lavoreranno insieme a noi».
L’innovazione di Green Rail è una traversa ferroviaria (la sottostruttura del binario a cui sono fissate le rotaie) green, cioè realizzata in parte con plastica riciclata e gomma ottenuta da pneumatici fuori uso. La traversa, di cui sono già stati realizzati i primi modelli, promette di garantire una durata superiore ai 50 anni, l’abbattimento di polverizzazione del ballast (la breccia che giace al di sotto dei binari), meno vibrazioni e meno rumore.
Un progetto industriale, di economia reale se così possiamo definirlo, apparentemente più adatto a percorsi di open innovation, e meno incline, per ora, a stimolare l’appetito degli investitori istituzionali. «Operiamo in un settore che spaventa i fondi di venture capital» spiega De Lisi. «Per loro è molto meglio investire 500mila euro in una applicazione che 5 milioni in un mercato industriale, che tra l’altro conoscono molto poco».
Tuttavia lo scetticismo degli investitori non ha impedito a GreenRail di crescere, raccogliendo capitali altrove. Oltre al brevetto definitivo ottenuto in 58 Paesi (e in attesa di definizione in altri 60), l’aumento dei dipendenti da 2 a 15, l’apertura di una sede di lavoro a Roma, sono arrivati, in ordine sparso: 50mila euro per la prima fase di H2020; 100mila euro per la vittoria del bando “Edison Pulse” e 50mila da Regione Lombardia tramite l’iniziativa StartCup, oltre al premio sviluppo sostenibile. Per ultimo proprio la fase due di H2020, un vero e proprio trampolino per lanciarsi sul mercato: «Con i soldi dello SME finanzieremo l’ultima parte di ingegnerizzazione industriale del prodotto basic, più tutta la parte di ricerca e sviluppo per portare aventi i sistemi integrati alla traversa originale che stiamo sviluppando. Va detto che questo traguardo, oltre ad essere un’opportunità, è soprattutto una sfida, dato che altri 2 milioni dovrà metterli GreenRail». Ecco perché De Lisi e soci, contrariamente a quanto auspicabile per una startup, hanno già raggiunto un accordo per ottenere un prestito bancario, che però – sottolinea il CEO palermitano – sarà garantito per l’80% dell’importo dal Fondo di Garanzia.
Intanto per il 2017 sono già in cantiere diversi progetti: a partire dalla definizione di partnership per lanciare il prodotto sul mercato spagnolo e svizzero (in attesa dell’ufficialità degli accordi, De Lisi preferisce non scendere troppo nei dettagli). «I mercati extraeuropei – sottolinea – sono più facili da approcciare, perché essendo in via di sviluppo stanno creando nuove infrastrutture ferroviarie. In Italia il mercato è abbastanza consolidato». In questa direzione, la strategia è quella di approcciare i diversi mercati stringendo accordi con partner locali interessati all’investimento.
E l’Italia? Per il momento sembra che l’unica idea in cantiere sia quella di avviare un progetto pilota con Rfi, per testare le traverse su tratte limitate. Mentre lato formazione imprenditoriale, continuerà il periodo di incubazione presso PoliHub, l’incubatore gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano, un ambiente che De Lisi ritiene strategico per la crescita della sua azienda perché «fornisce una rete di contatti che altrimenti non riusciremmo a creare con le nostre sole forze».