Fintech in Europa, qual è lo scenario? Individuare una digital finance strategy chiara e sicura, e aiutare la Commissione Europea a fissare nuove regole in materia di innovazione e finanza. È questo l’obiettivo del rapporto con le 30 raccomandazioni per la semplificazione del quadro regolatorio europeo in ambito Fintech (qui puoi leggerlo in versione completa) elaborato dal Rofig (il Regulatory Obstacles to Financial Innovation Experts Group – un gruppo di lavoro costituito da accademici e professori universitari voluto dalla Commissione Europea). “Trenta linee guida e suggerimenti il cui scopo è quello di aiutare a individuare le più corrette strategie per il buon funzionamento del fintech, tenendo conto delle opportunità che offre la tecnologia nel settore finanziario, in primis l’inclusione finanziari, e anche dei rischi” spiega a EconomyUp Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore vicario dell’Università Cattolica di Milano.
Il prorettore è l’unico membro italiano del gruppo che ha lavorato al report, composto da 15 rappresentanti di vari stati europei e di alcuni esponenti della Banca Centrale Europea. Proprio Antonella Sciarrone Alibrandi sostiene la necessità di “allentare alcuni vincoli e formalismi che si sono rivelati eccessivi e predisporre regole semplici e specifiche”. E, spiega, le “raccomandazioni sono suggerimenti trasversali: non riguardano un solo servizio ma abbiamo cercato di coprire tutto il settore finanziario, dalle banche alle assicurazioni ai nuovi player sul mercato, in modo da dare un quadro completo a 360 gradi alla commissione europea che su questo report stilerà nuove regole sull’innovazione tecnologica per il settore finanziario”.
Fintech in Europa, 30 raccomandazioni in 4 aree
Quali sono i temi centrali del report?
I nuovi soggetti sul mercato
“Li abbiamo raggruppati in quattro ambiti. Il primo è quello più noto, quello su cui si sono accesi i riflettori da tanto tempo e riguarda la necessità di trovare regole che assicurino una qualità di trattamento tra soggetti già presenti sul mercato e quelli che si affacciano in questo momento, che non sono solo le nuove startup ma anche le grandi bigtech. Un tema su cui riflettere per identificare i rischi legati ai nuovi servizi e prodotti proposti. Una volta identificato il rischio, infatti, indipendentemente da quale sia il soggetto che esercita l’attività e produce il rischio, è necessario che la tutela sia uguale”.
Regole per l’innovazione tecnologica
“Un secondo filone, invece, riguarda la necessità di regolare l’innovazione tecnologica in sé e per sé. Facciamo un esempio: il problema della verificabilità ex post di una tecnologia, che è un quesito che riguarda tutto il settore finanziario e non finanziario. Utilizzare un algoritmo per produrre una decisione che sia legata all’erogazione di un prestito o alla valutazione del rischio in un’assicurazione, significa affidare la decisione legata a un’azione umana a un calcolo. Questo è accettabile solo nella misura in cui si possa almeno controllare e verificare, in un momento successivo, secondo quali regole, con quali metodi e sulla base di quali dati questo tipo di decisione sia stata presa. È impensabile che, nel momento in cui un soggetto possa subire danni dalla scelta di un algoritmo, un’autorità di vigilanza o un giudice non possa controllare com’era costruito l’algoritmo in questione e sulla base di quali dati sia stata effettuata la scelta”.
L’accesso ai dati
“Il terzo ambito riguarda l’accesso ai dati. Si è fatto un grosso passo avanti con la PDS2 consentendo a soggetti diversi dalle banche, cioè ai cosiddetti terzi provider, di poter utilizzare i dati a disposizione degli istituti di credito. In futuro, però, questo tipo di accesso, che al momento è monodirezionale nel senso che sono solo le banche ad aprire i dati, diventi circolare: ci dovrebbero essere modalità di accesso ai dati per tutti quanti distinguendo i dati personali dai dati non personali, e assicurando sufficiente tutela ai titolari dei dati stessi”.
Etica e dati
“Infine, c’è una parte che riguarda l’etica dei dati. C’è una questione di scelta etica dei dati legati all’utilizzo tecnologico che porta con sé il tema dell’inclusione finanziaria e dell’esclusione finanziaria”.
Fintech in Europa: i rischi delle tecnologie innovative
Tra le vostre raccomandazioni c’è la necessità di rispondere ai rischi causati dalle tecnologie innovative come l’AI. Il motivo è che queste tecnologie sono fallibili? Oppure, come ha sottolineato un recente report (puoi leggerlo qui) la PSD2, “aprendo” le banche, ha anche aperto le porte a rischi informatici molto più pericolosi rispetto a quelli condotti contro istituzioni “chiuse”?
“Le tecnologie sono fallibili, tutto quanto lo è. Certo, la tecnologia porta benefici e vantaggi: velocità, efficacia, la lista sarebbe lunghissima. Ma porta anche rischi che sono prettamente legati all’utilizzo stesso della tecnologia che di per sé è fallibile, come tutto. L’utilizzo della tecnologia da parte di un ente richiede che ci sia un capitale umano adeguato all’interno dello stesso con competenze adeguate in materia di ciber security. Del resto, la cyber security è uno degli elementi sui quali più si insiste dal punto di vista dei rischi tecnologici”.
Un’altra area delle vostre raccomandazioni riguarda la necessità di garantire la parità di condizioni tra chi utilizza le tecnologie nel settore fintech. Raccomandazione assolutamente fondamentale: ma è realizzabile? Che cosa serve per renderla effettiva nei Paesi che ancora sono arretrati dal punto di vista tecnologico?
“Un aspetto fondamentale del report è che non si può premiare, bocciare o disincentivare, dal punto di vista delle norme, chi fa uso delle tecnologie e chi non lo fa. È quella che definiamo neutralità tecnologica: il regolatore deve individuare i rischi e porre delle regole, e questo senza valorizzare chi utilizza il 5G piuttosto che un’altra tecnologia. Le norme devono essere costruite dal punto di vista tecnologico in modo neutro, non premiando o bocciando: questo è il modo di intendere la parità di condizioni. Poi, certo, la parità presuppone anche la possibilità di fare investimenti in modo adeguato: questo aspetto però è difficile da risolvere fissando solo delle regole”.
Fintech in Europa: il nodo della protezione dei dati
Un altro grosso problema riguarda la protezione dei dati. Perché? Quali sono, al di là dell’hackeraggio e dell’uso non etico da parte dei player del settore, i pericoli per i consumatori derivanti dal progresso fintech?
“Il primo pericolo riguarda i dati di qualità. Senza andare a pensare ai dati falsi, basta che ci siano dati vecchi o che non corrispondono minimamente al profilo del singolo consumatore che questi può subire dei danni. È opportuno, infatti, che quando un cliente chiede un finanziamento e viene consultata una banca dati, nel momento in cui dovesse emergere qualcosa di negativo su di lui, il consumatore possa verificare se i dati nella banca dati sono corretti o non lo sono. C’è un tema di qualità, correttezza e precisione dei dati che tanto più di fa uso di dati quanto più diventa importante. C’è poi un altro fattore nuovo che riguarda i big data: i dati utilizzati per le decisioni automatizzate sono vari e apparentemente non del tutto pertinenti rispetto alla questione finanziaria. Tanto per fare un esempio: in passato gli istituti di credito concedevano un finanziamento sulla base del fatto che il richiedente fosse un buon pagatore, se aveva un reddito stabile e altre informazioni simili. Oggi, invece, quello che accade con i big data, è che attraverso correlazioni testate su numeri elevati di dati e di persone, vengono prese decisioni di tipo finanziario a partire da dati che mai potremmo pensare che venissero utilizzati per questo scopo. È molto importante, quindi, che le persone vengano informate di tutto ciò”.
Fintech in Europa: l’impatto del coronavirus
Quando si pensa a ‘infezioni’ nel settore fintech generalmente si guarda ai virus informatici. Invece ora siamo di fronte a un’infezione reale, quella da coronavirus. Come impatterà sul settore? E una situazione del genere era in qualche modo prevista e affrontata nelle vostre raccomandazioni?
“Non era una situazione prevista e un panorama contemplato. Un impatto lo avrà sicuramente. E sarà di tipo economico: il coronavirus comporta una frenata per l’economia mondiale veramente esorbitante e, quindi, anche sul lato degli investimenti. In Italia abbiamo ancora tanta strada da fare dal punto di vista degli investimenti in tecnologia e temo che questo costituirà un fattore di rallentamento perché ci saranno altre urgenze. A fronte di un’economia che rallenta temo che l’impatto sulla tecnologia possa comportare una contrazione sui capitali investiti”.