Il fintech non è più un fenomeno emergente, ma un settore maturo e strategico per la competitività di ogni sistema economico avanzato. Eppure, proprio nel momento in cui l’Europa definisce le sue grandi direttrici regolatorie – dal MiCAR all’Open Finance, dalla riforma AML all’evoluzione del crowdfunding – l’Italia rischia di restare ai margini della trasformazione.
I dati parlano chiaro: il 2023 ha registrato il punto più basso nella nascita di nuove startup fintech negli ultimi cinque anni. Un trend che non riflette una fisiologica maturazione del settore, ma segnala un irrigidimento del contesto normativo e imprenditoriale, che rende difficile avviare e far crescere iniziative innovative, specie in settori regolamentati come la finanza.
Il messaggio lanciato nel corso del convegno organizzato presso Unioncamere, che ha visto la presentazione del report redatto da ItaliaFintech con il contributo scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, è inequivocabile: non bastano più interventi settoriali o ritocchi normativi. Serve un’azione sistemica che metta il fintech al centro di una strategia industriale per il Paese.
Indice degli argomenti
Fintech 2025: accelerare l’innovazione e favorire la nascita delle startup
Il primo passo è quello di migliorare e rendere più accessibile il sistema dedicato alle startup innovative, adattando gli incentivi alle diverse fasi di sviluppo delle imprese e superando le limitazioni che attualmente ostacolano la loro crescita. È necessario digitalizzare integralmente la costituzione di nuove società, superando pratiche anacronistiche come il video-notariato e utilizzando appieno strumenti già disponibili come SPID e firma elettronica qualificata. Paesi come Francia, Estonia e Spagna lo hanno già fatto. L’Italia deve recuperare terreno.
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In prospettiva, bisogna iniziare a guardare anche ai modelli organizzativi del futuro, come le DAO (Decentralized Autonomous Organizations), che pongono sfide nuove in termini di accountability, ma rappresentano anche una frontiera di innovazione da esplorare con attenzione, costruendo un quadro normativo ad hoc.
Fintech 2025: la regolamentazione al servizio dell’innovazione
L’Open Banking e, in prospettiva, l’Open Finance, possono trasformare la condivisione dei dati in un asset competitivo. Ma per farlo servono standard tecnici chiari e incentivi allo sviluppo di modelli di business data-driven.
Sull’antiriciclaggio (AML), occorre maggiore proporzionalità e coordinamento, con linee guida settoriali condivise e strumenti digitali interoperabili per i processi di KYC e due diligence, in vista del nuovo Regolamento europeo atteso nel 2025.
La regolamentazione non deve seguire l’innovazione, ma anticiparla: è fondamentale recepire il MiCAR con equilibrio, garantendo agli operatori cripto una transizione fluida e chiarendo lo status giuridico di strumenti come NFT e utility token per evitare nuove zone grigie.
Allo stesso modo, la normativa sul crowdfunding deve essere applicata con coerenza e rapidità, rendendo l’Italia un mercato attrattivo per l’investimento diffuso e per l’accesso al capitale da parte delle PMI.
Le discipline menzionate influenzano la sandbox italiana, che potrebbe essere ulteriormente migliorata rendendola più aperta, permanente e connessa ai percorsi autorizzativi attraverso l’adozione di procedure a sportello, criteri più agili e un percorso privilegiato verso la licenza per i progetti che completano con successo la fase di sperimentazione. Infine, la leva fiscale deve diventare un driver di sviluppo, stabilizzando e rafforzando strumenti come la tassazione delle cripto-attività, troppo spesso oggetto di incertezza o interventi disincentivanti.
Fintech 2025: serve una regia nazionale
Il calo degli investimenti nel fintech italiano è allarmante. Per invertire la rotta, il settore deve entrare nelle priorità strategiche del Paese, a partire dal piano industriale di CDP Venture Capital. Serve un’azione concertata di attrazione dei capitali, coinvolgendo ICE, MAECI e INNOVIT.
Un ruolo fondamentale potrebbe giocarlo il sistema dei fondi pensione, che oggi investe solo in minima parte in private equity e venture capital. Promuovere una maggiore allocazione verso asset class innovative significa costruire una connessione tra risparmio di lungo periodo e crescita del Paese.
Cultura, dialogo e prossimità
Oltre alle risorse e alle regole, occorre rafforzare la cultura dell’innovazione. ItaliaFintech propone l’istituzione di un tavolo permanente tra l’associazione, Banca d’Italia e CONSOB, da riunire con cadenza almeno semestrale, per facilitare un confronto stabile, aperto e operativo. Un modello simile esiste già nel Regno Unito, con risultati positivi sia per il mercato che per i regolatori.
Il futuro del fintech nel nostro Paese dipenderà dalla nostra capacità di agire prontamente: solo con politiche mirate alla competitività, alla digitalizzazione, all’armonizzazione normativa e alla promozione di una cultura dell’innovazione potremo costruire una nazione più forte e inclusiva.