L’ANALISI

Fintech 2024: è il momento dell’integrazione fra startup e banche tradizionali



Indirizzo copiato

Il Fintech è ormai il principale fattore di trasformazione dell’industria dei servizi finanziari. Grandi e piccole banche puntano sempre di più sul digitale e, in questa nuova fase del mercato, per le startup adesso la sfida è passare dalla sperimentazione all’industrializzazione.

Pubblicato il 17 lug 2024



Fintech2024

Fintech 2024, è finita la fase della disruption: startup e scaleup si stanno progressivamente integrando con il sistema della banche tradizionali, che hanno ancora risorse finanziarie, clienti e infrastrutture e a cui le nuove imprese portano rinnovamento tecnologico e innovazione.

Il Fintech, quindi, è sempre di più il principale – se non esclusivo – fattore di trasformazione dell’industria dei financial services. “Non stiamo cercando di reinventare la ruota, stiamo cercando di perfezionarla”, dice Dan Schulman, CEO di PayPal. E aggiunge Vlad Yatsenko, co-founder di Revolut:” Non stiamo cercando di sostituire i banchieri, stiamo cercando di rendere più efficienti”.

Fintech 2024, come cresce il peso delle startup

Nel 2022, le fintech hanno rappresentato il 5% dei ricavi netti del settore bancario globale (tra 150 e 205 miliardi di dollari), secondo un report McKinsey sul nuovo paradigma di crescita del settore. Le stime prevedono che questa quota possa aumentare a più di 400 miliardi di dollari entro il 2028, rappresentando un tasso di crescita annuale del 15 % dei ricavi delle fintech tra il 2022 e il 2028, tre volte il tasso di crescita dell’intero settore bancario, che è approssimativamente del 6 %.

Questi numeri, se inquadrati nel contesto italiano e in particolare nel settore delle Pmi che hanno fame di liquidità, lasciano immaginare ampi spazi di crescita alle nuove imprese che sapranno affrontare una nuova sfida: passare dalla sperimentazione all’industrializzazione di prodotti e servizi.

Fintech, la nuova fase del mercato

L’industria del fintech sta entrando in una nuova fase del mercato. Dopo oltre un decennio di generazione impetuosa di idee, startup e nuovi prodotti tecnologici applicati al settore finanziario, dopo numerosi esperimenti, riuscite e fallimenti, oggi le tecnologie digitali applicate alla finanza, ai prestiti e ai servizi bancari in generale sono sempre meno un fenomeno sperimentale e sempre più una funzione integrata all’interno delle banche tradizionali. O perché gli stessi istituti bancari sviluppano modelli e sistemi digitali avanzati per stare al passo con le richieste dei clienti, che siano business o consumer, o perché li acquisiscono sul mercato internalizzando i servizi e le funzioni.

Matteo Tarroni, founder e CEO di Workinvoice

“Possiamo trovare esempi simili in altri ambiti ad alta tecnologia. Si pensi a quello che è successo nel settore farmaceutico, dove le piccole biotech hanno permesso di sviluppare nuovi farmaci innovativi che vengono poi prodotti e commercializzati dalle grandi case farmaceutiche”, osserva Matteo Tarroni, founder e CEO della piattaforma di digital ending Workinvoice, e attento osservatore delle evoluzioni del mercato Fintech. “Sta succedendo anche nell’industria automobilistica: le startup che lavorano su veicoli elettrici e a guida autonoma collaborano con i grandi costruttori per portare queste tecnologie sul mercato. Infine nel campo della tecnologia, le piccole aziende innovative in settori come l’intelligenza artificiale e la blockchain vengono spesso acquisite o entrano in partnership con i giganti del tech come Google, Apple e Microsoft”.

Tarroni definisce questa fase la Fase III, proprio come nell’industria farmaceutica:

Fintech 2024, la collaborazione fra banche e startup

Chiamiamola integrazione, chiamiamola open innovation ma l’incontro sempre più frequente tra fintech e banche tradizionali porta vantaggi per entrambe le parti.

Tarroni segnala alcuni casi di partnership ma anche di acquisition: la banca Barclays ha lanciato un programma di accelerazione per fintech, mentre Santander ha acquisito la startup Ebury per espandere la propria offerta digitale e NatWest è diventata socio di maggioranza di Vodeno per sviluppare servizi di Banking-as-a-Service.

Anche in Italia si può spaziare su diverse dimensioni del business e ricordare il caso di Banca Valsabbina che nel 2023 ha rilevato il 100% di Prestiamoci, la piattaforma digitale di consumer lending, oppure Intesa Sanpaolo che è andata oltre, creando Isybank, banca digitale con obiettivi ambiziosi (diventare il punto di riferimento per chi non va più agli sportelli) nonostante le difficoltà incontrate nella fase di avvio, forse proprio per le dimensioni del gruppo.

“Questa integrazione tra fintech e banche tradizionali porta vantaggi per entrambe le parti. Le fintech possono accedere a risorse, clienti e infrastrutture delle banche, mentre queste ultime possono beneficiare dell’innovazione e dell’agilità delle startup tecnologiche”, spiega Tarroni che conosce bene i rischi e le opportunità dell’integrazione dal momento che nel giugno 2024 il 96% di Workinvoice è stata acquisita da Generalfinance, società finanziaria con 40 anni di esperienza nel mercato dei finanziamenti per le imprese.

L’integrazione del Fintech nel sistema tradizionale della finanza avanza e non è una suqestione che riguarda solo i big del settore ma tutti gli operatori. Perché presto non potrà più esserci società finanziaria che non sia fintech.

Articoli correlati

Articolo 1 di 3