Operazione fintech. Potremmo chiamarla così l’ultima iniziativa di Enel X. La business line di Enel che sviluppa prodotti innovativi e soluzioni digitali ha ottenuto l’autorizzazione dalla Banca d’Italia a operare come istituto di moneta elettronica e, entro l’estate, lancerà Enel Pay. Lo rivela il Sole24Ore, secondo il quale il passo di Enel X ha spiegazione semplice: non perdere le opportunità offerte dalla PSD2, la direttiva che obbliga le banche europee ad aprire le proprie API a società del fintech e altre aziende che si occupano di prodotti e servizi finanziari. Questo cambiamento consente alle società esterne (le cosiddette terze parti) accesso ai dati di pagamento: in sostanza significa che ci sarà maggiore competizione nelle aree di tradizionale dominio delle banche. Per conoscere la storia della PSD2 leggi qui.
Enel Pay, le funzioni
Come rivela il quotidiano di Confindustria, “da settembre, alla stregua degli altri soggetti autorizzati da Bankitalia, su richiesta del cliente potrà gestire, attraverso app, addebiti diretti nei conti correnti. Niente più carte di credito o altre intermediazioni”.
Francesco Venturini, alla guida di Enel X, ha spiegato anche le ambizioni del progetto: “Stiamo evolvendo da gestore di infrastrutture a gestore di piattaforme (…) Puntiamo ad accordi con piattaforme di servizi (come ad esempio potrebbe essere Netflix, specifica il quotidiano) per veicolare la vendita ai nostri clienti con l’addebito in bolletta».
Enel Pay è stato presentato durante l’apertura dell’Innovation Lab di Enel a Boston.
L’iniziativa è stata annunciata in occasione dell’inaugurazione del nuovo laboratorio di innovazione di Enel, che viene ospitato all’interno del Greentown Lab, il più grande incubatore di startup focalizzate sull’energia e le tecnologie green negli Stati Uniti. L’hub consentirà all’azienda italiana di stringere collaborazioni con realtà innovative del settore.
Istituto di moneta elettronica: che cos’è e che cosa può fare
Secondo la definizione che ne dà Bankpedia, gli Istituti di Moneta Elettronica (IMEL) “sono imprese, diverse dalle banche, che svolgono, in via esclusiva, l’attività di emissione di moneta elettronica. Questa è intesa come un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previo ricevimento di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall’emittente”.
“Gli Imel possono anche svolgere attività connesse e strumentali e offrire servizi di pagamento. È, però, loro preclusa l’attività di concessione di crediti in qualunque forma”. “La Banca d’Italia può stabilire, a fini prudenziali, un limite massimo al valore nominale della moneta elettronica”.
Anche la Banca d’Italia ha specificato quali sono le funzione dell’IMEL, distinguendole da quelle di un IP (Istituto di Pagamento):
Un IP può:
prestare i servizi di pagamento di cui all’Allegato 1 alla PSD;
- prestare servizi operativi o strettamente connessi con i servizi di pagamento prestati, quali, ad esempio, la prestazione della garanzia dell’esecuzione di operazioni di pagamento, servizi di cambio, attività di custodia, registrazione e trattamento di dati;
- gestire sistemi di pagamento.
Un IMEL può esercitare tutte le attività sopra indicate ed emettere e distribuire moneta elettronica.
Sia gli IP sia gli IMEL possono concedere crediti entro i limiti indicati nelle Disposizioni di vigilanza per gli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica, Cap. VIII, Sezione II. La concessione di finanziamenti comporta l’applicazione dei requisiti prudenziali stabiliti dall’ordinamento italiano, anche in caso di operatori esteri.
Gli IP e gli IMEL possono esercitare altre attività d’impresa non connesse alla prestazione dei servizi di pagamento e all’emissione di moneta elettronica; in questo caso la legge prevede che i servizi di pagamento e l’emissione di moneta elettronica siano svolti attraverso un patrimonio destinato che l’intermediario deve costituire.
Come intraprendere l’attività di un istituto di moneta elettronica in Italia
Sul sito della Banca d’Italia è possibile trovare tutte le informazioni e i vari step per intraprendere l’attività di IMEL.
La Banca specifica che “chiunque può intraprendere l’attività di un istituto di pagamento (IP) o di un istituto di moneta elettronica (IMEL): con la costituzione di un nuovo soggetto di diritto italiano o l’apertura di una filiazione da parte di una società bancaria e finanziaria estera già esistente. In entrambi i casi, il procedimento di autorizzazione segue le stesse regole. Anche la filiazione infatti, essendo un’entità legale distinta dalla casa madre, è soggetta al complesso delle regole prudenziali applicabili in Italia (così come un IP o un IMEL di diritto italiano di nuova costituzione)”.
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Istituti di Moneta Elettronica, il punto degli Osservatori
Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce, ha fatto il punto sull’argomento pubblicando il suo intervento sul sito dell’Osservatorio.
La Portale passa in rassegna i diversi istituti di moneta elettronica, partendo da Facebook. Il colosso di Zuckerberg, infatti, ha ottenuto la licenza di IMEL dalla banca d’Irlanda e diventando così una banca europea. “Il colosso di Zuckerberg non è il primo grande attore del web che ha mostrato interesse verso il settore dei pagamenti: da Apple a Google, da Twitter a Tencent (holding di Wechat), da Amazon ad Alibaba, sono molti i big non-bancari che stanno guardando con interesse al mondo dei pagamenti” spiega Valeria Portale.
Illustrando anche le differenze tra i vari player: “Apple, Google e Samsung hanno scelto di puntare sullo sviluppo dei cosiddetti “Mobile Wallet” proprio perché il Mobile può rappresentare un ponte che collega il mondo fisico al mondo digitale, sfumandone i confini diventando così una porta di accesso per presidiare, in modo continuativo, la relazione con i consumatori e seguirli lungo tutto il processo di acquisto”.
Per quanto riguarda nello specifico i social network, il Direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce, spiega che “isocial network come Facebook e Twitter, invece, stanno guardando con maggior attenzione ai pagamenti online e ai sistemi di pagamento p2p. La loro mission è quella di abilitare i propri utenti a scambiarsi denaro mentre chattano. Il social di Menlo Park, già dal 2015 (negli Stati Uniti) offre la possibilità di scambiarsi denaro in forma p2p tramite Messenger. Twitter ha cominciato a dare la possibilità di comprare dei beni con la funzionalità “In-Tweet purchases on Twitter” salvando le informazioni delle carte di pagamento degli utenti. L’obiettivo per questi attori potrebbe essere quello di intercettare i pagamenti e i trasferimenti di denaro per poter incrementare la conoscenza dei propri utenti e per poterli profilare in maniera più completa (cliccare “like” sul brand non vuol dire esserne un consumatore quanto effettuare un pagamento)”.
Per quanto riguarda invece WeChat, Valeria Portale spiega che “l’app di instant messaging made-in-China, vero competitor di WhatsApp, di recente ha aggiunto molte funzionalità trasformandosi da piattaforma per chattare in un vero e proprio wallet con la possibilità di trasferire denaro, effettuare pagamenti online e in store, oltre che prenotare (e pagare) i taxi e molto altro ancora. L’obiettivo di WeChat è di seguire i propri utenti in qualsiasi momento della giornata senza che escano dall’app, acquisendone importanti moli di dati riutilizzabili in logica marketing”.