L'ANALISI

Digitale e continuità aziendale: l’accesso al credito delle PMI dopo il Covid-19

Durante la pandemia la crisi di liquidità è stata più dura per le piccole imprese. Ma le nuove piattaforme tecnologiche hanno cambiato il paradigma dell’accesso al credito delle PMI, con numerosi vantaggi. Se ne parla il 20 maggio in occasione del convegno finale dell’Osservatorio Innovazione Digitale

Pubblicato il 03 Mag 2021

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A conclusione del ciclo di ricerca 2020-2021 dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI il 20 maggio si terrà il convegno finale, aperto al pubblico, dal titolo Obiettivo innovazione digitale: il Next Gen EU per trasformare le PMI italiane. Con l’intervento di ospiti rappresentativi dell’ecosistema delle PMI – tra cui la Sottosegretaria del MISE Anna Ascani – l’evento si propone di fornire una fotografia del livello di maturità delle PMI italiane e di analizzare le possibili direttrici da seguire per sfruttare l’occasione unica del NextGenEU. Ecco il contesto in cui si sono trovate le PMI, il cambio di paradigma finanziario determinato dalla pandemia e le opportunità che l’innovazione e le tecnologie digitali possono creare per migliorare l’accesso al credito delle PMI.

Emergenza Covid-19 e crisi di liquidità delle PMI

Il Covid-19 si è abbattuto sulle imprese in maniera dirompente, causando un radicale capovolgimento di scenario nel sistema produttivo italiano, che era arrivato alla vigilia della pandemia in una condizione di elevata solidità finanziaria.

Secondo i dati Istat le imprese di piccole e medie dimensioni sono quelle che hanno sofferto maggiormente la contrazione economica del 2020: durante il primo lockdown (marzo-aprile 2020) l’84% ha dichiarato di aver registrato una riduzione di fatturato contro il 75% delle grandi, mentre durante la seconda parte dell’anno (giugno-ottobre 2020) è il 68% contro il 63% delle grandi.

Da un lato, le limitazioni governative verso alcune attività produttive ed verso gli spostamenti dei lavoratori (in particolare nei mesi di marzo-maggio) e le difficoltà di approvvigionamento causate dalla crisi di molti fornitori hanno comportato un rallentamento dell’operatività aziendale per l’82% delle PMI (secondo una ricerca dell’Osservatorio). Dall’altro, durante l’emergenza sono diminuiti drasticamente i consumi del mercato sia a livello nazionale sia a livello internazionale; al crollo generale della domanda si è poi aggiunta la difficoltà di riuscire a raggiungere la domanda presente, a causa delle limitazioni poste nei canali fisici tradizionalmente utilizzati.

Queste dinamiche hanno comportato forti difficoltà di liquidità per le imprese, in particolare nella prima metà dell’anno: tra marzo e maggio 2020 solo il 20% delle PMI non ha fatto ricorso ad alcun mezzo per far fronte all’improvviso fabbisogno di liquidità, contro il 27% registrato nella seconda metà dell’anno.

Inoltre, la crisi di liquidità è stata tanto più spiccata quanto minore è la dimensione aziendale: le PMI soffrono maggiormente sia la contrazione dei fatturati sia la mancanza di liquidità. Gli effetti negativi del COVID-19 si sommano infatti a ciò che avviene in situazioni di normalità. Le grandi imprese mostrano tempi di incasso brevi a fronte di propri tempi di pagamento più lunghi e tempi di giacenza in magazzino più brevi. A livello di bilancio questo di ripercuote in un minor valore dei crediti verso i clienti e delle scorte e di un maggior valore dei debiti verso i fornitori. Questo non vale, invece, per la maggior parte delle PMI che godono mediamente di un minor potere negoziale. Ciò implica tempi più brevi per pagare i fornitori e tempi più lunghi di pagamento da parte dei clienti, e di conseguenza un ulteriore fabbisogno di liquidità di breve.

Accesso al credito delle PMI, il cambio di paradigma dopo il Covid-19

Per sopperire alle imminenti esigenze di liquidità, le PMI italiane non sono più riuscite a sostenersi mediante la sola liquidità disponibile nell’attivo di bilancio (-31,5%) e hanno dovuto rivolgersi verso altri strumenti di accesso al credito, principalmente il credito bancario (+19%) ed il credito commerciale (+17,5%). Nello stesso tempo è aumentato anche l’utilizzo di strumenti di finanziamento innovativi, tra i quali rientrano minibond (+18%), crowdfunding (+90%) e invoice trading (+23%) – come riportato dall’analisi dell’Osservatorio Entrepreneurship, Finance & Innovation del Politecnico di Milano, anche se il loro valore di mercato è ancora molto marginale rispetto a quello degli strumenti di finanziamento più tradizionali.

La corsa all’accesso al credito bancario ha sollevato diverse criticità legate alla relazione tra imprese e banche, sentite soprattutto dalle imprese più piccole.

Durante un periodo di congiuntura economica negativa, se da un lato si riscontra un aumento nella domanda di credito, in quanto le imprese necessitano maggiormente risorse economiche per poter assicurare l’operatività aziendale, dall’altro si registra una riduzione nell’offerta di credito, poiché le banche e gli intermediari finanziari tendono a limitare la concessione di mutui o di altri strumenti di finanziamento.

Questo perché le imprese, e soprattutto le PMI, comportano un recovery rate inferiore, conseguenza di un aumento del default rate. Essendo, infatti, il tasso di interesse lo strumento attraverso cui le banche gestiscono il rischio assicurandosi un profitto sui capitali erogati, la sua limitazione per legge non consente agli istituti di disporre di uno strumento efficace per trarre profitto nel caso di imprese con elevate possibilità di fallimento, un’evenienza più probabile durante un’emergenza come quella del 2020. Il credito alle PMI è quindi uno strumento poco profittevole per gli istituti creditizi. Inoltre, dopo la crisi del 2008 e le conseguenti regolamentazioni, sono stati introdotti diversi vincoli per i processi di assegnazione dei finanziamenti da parte delle banche.

Per contenere queste criticità, lo Stato ha messo sul piatto ingenti risorse a sostegno della liquidità e del credito con i decreti “Cura Italia” (DL 18/2020) e “Liquidità” (DL 23/2020) prevedendo un massiccio piano di garanzie pubbliche per agevolare l’accesso al credito per le imprese.

Nonostante ciò, la difficoltà burocratica di accedere in tempi rapidi alla liquidità necessaria ha rappresentato l’ostacolo principale per le PMI. Esse, infatti, non godono della “notorietà” di molte grandi imprese e spesso dispongono di una documentazione inadeguata o redatta secondo principi contabili semplificati. Le banche, pertanto, si trovano in una posizione di asimmetria informativa, a cui reagiscono imponendo attività di screening molto lunghe e selettive.

Tutto questo implica un processo generalmente lungo e complicato ed una dilatazione dei tempi necessari sia per portare a buon fine la richiesta di credito sia per ottenere la liquidità, con conseguenti ripercussioni negative sull’equilibrio finanziario aziendale.

Accesso al credito, gli strumenti innovativi e i vantaggi per le PMI

L’applicazione del digitale al mondo del credito può sia consentire una maggiore efficienza, fruibilità e rapidità di erogazione degli strumenti tradizionali, sia abilitare la nascita di strumenti di finanziamento innovativi.

Lato domanda, grazie allo sviluppo di piattaforme informatiche integrate ed alla digitalizzazione dei processi, è possibile avere dati aggiornati sulla gestione dell’azienda, sul bilancio e sui conti correnti. Questo consente anche alle imprese più piccole di avere in tempo reale una fotografia della situazione finanziaria e di poter produrre documentazione in tempi più rapidi, qualora ci sia l’esigenza di accedere a nuovo credito.

Lato offerta, tre sono gli elementi che si possono evidenziare.

Uno riguarda l’utilizzo del digitale per potenziare le soluzioni di Supply Chain Finance, che consentono ad una impresa di finanziare il proprio Capitale Circolante Netto sfruttando le relazioni commerciali all’interno della filiera. Ne sono un esempio le piattaforme digitali che consentono alle imprese di anticipare o cedere i propri crediti commerciali, con chiari vantaggi in termini di efficienza e rapidità di erogazione del credito.

A questo trend si collega la progressiva implementazione di soluzioni di machine learning e AI, che permette di valutare la solvibilità di una azienda in poco tempo e in modo più approfondito tramite analisi avanzate con big data.

Infine, l’approvazione di nuovi framework legislativi nell’ottica di un progressivo processo di regolamentazione e liberalizzazione finanziaria sta abilitando nuovi modelli in ambito fintech. Ne è un esempio il digital lending, la versione digitale del credito bancario nata grazie alla PSD2, la direttiva europea sui pagamenti digitali, che permette alle nuove società fintech di accedere alle informazioni bancarie e fiscali dei soggetti privati e delle aziende che ne facciano richiesta per erogare servizi finanziari in tempi brevi.

I benefici che ne possono derivare consistono in:

  • Risparmio di tempo per l’imprenditore. I canali digitali consentono ad esempio di richiedere un prestito, o un’altra forma di finanziamento, potenzialmente in ogni momento 24/7, senza la necessità di un appuntamento.
  • Rapidità nel finanziamento. Il processo di screening è molto rapido – spesso questa attività richiede 24/48 ore – e, una volta accettato il finanziamento, la somma erogata è disponibile quasi immediatamente.
  • Flessibilità. In questo ambito rientra la possibilità di richiedere una valutazione del proprio merito creditizio e della definizione di un tasso di interesse, senza dover avviare ufficialmente un processo, e, quindi, di conseguenza senza che sia necessario il versamento di commissioni o il pagamento di spese di accensione di una pratica. Inoltre, sempre in ottica di flessibilità possiamo annoverare la possibilità di non essere soggetti a limiti di volumi, ad esempio un numero minimo di fatture in operazioni di invoice trading.
  • Semplicità. Il digitale comporta, infatti, una riduzione della documentazione e burocrazia necessaria e permette di svolgere le operazioni utilizzando anche un semplice smartphone.
  • Inclusione finanziaria. Il credito digitale permette di ampliare il bacino di soggetti che possono accedere a finanziamenti, includendo anche le imprese più piccole ed i liberi professionisti.

Le debolezze del rapporto tra PMI e banche

La crisi da COVID-19 ha portato alla luce le debolezze del rapporto PMI e banche che già erano emerse in passato: i lunghi tempi di risposta delle banche, la complessità della fase istruttoria e la complessità della documentazione da presentare per inoltrare la richiesta hanno rappresentato nella fase acuta della crisi 2020 forti ostacoli per le imprese più piccole, che non sono riuscite a soddisfare in maniera tempestiva le proprie esigenze di liquidità.

Per mitigare gli effetti della crisi pandemica sull’economia reale, lo Stato ha messo sul piatto enormi risorse, molte delle quali stanziate per interventi a favore delle imprese. Questi ultimi sono stati declinati in un’ampia estensione della cassa integrazione e in un forte sostegno alla liquidità, implementato attraverso una moratoria sui debiti ed un massiccio piano di garanzie pubbliche. Tuttavia, le misure governative quali i Decreti “Cura Italia” e “Liquidità” sono riuscite solo in parte a tamponare il problema, che ha portato a ripercussioni fortemente negative all’operatività e, in alcuni casi, alla sopravvivenza aziendale.

In questo contesto, alcuni strumenti di finanziamento si sono avvalsi del digitale per rispondere al meglio alle esigenze delle imprese e ridurre le problematiche principali legate ai tempi di approvazione ed erogazione dei crediti. Affinché questi strumenti siano però assimilati dalle PMI è necessario un cambio nella cultura aziendale ed una maggior apertura verso questi strumenti nei cui confronti vi è spesso ancora troppa diffidenza rispetto agli strumenti di credito tradizionali.

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Giorgia Sali
Giorgia Sali

Ricercatrice Senior presso Osservatori Digital Innovation

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