Da ormai qualche anno le challenger bank si sono affermate come una realtà del sistema finanziario globale, andando incontro alle esigenze sempre più digital oriented dei consumatori e innescando un’evoluzione nel concetto stesso di banca. Sebbene i termini “challenger bank” e “neobank” generino ancora una certa confusione – in alcuni casi sono considerati semplici sinonimi o termini reciprocamente alternativi, mentre in altri si evidenzia una differenza nel possesso o meno di una licenza bancaria – è facile individuarne le principali caratteristiche pensando ad alcuni degli ormai molti nomi noti, come Revolut, N26 o bunq.
Si tratta di “banche” che offrono un conto di pagamento – in alcuni casi anche un conto corrente – basato su un’esperienza principalmente, se non esclusivamente, mobile. Ad oggi il possesso di una licenza bancaria non è necessario per classificarle come tali: nella maggior parte dei casi i servizi offerti rientrano nelle facoltà di un Istituto di Moneta Elettronica (IMEL), oppure può essere sfruttata la licenza di una banca partner. Per fare qualche esempio, le italiane Enel X e Hype rientrano nella prima categoria, mentre la tedesca Penta – appoggiandosi su SolarisBank – fa parte delle seconde. Nonostante ci si riferisca comunemente a tutte come “banche”, molte Autorità si stanno muovendo per regolamentare l’utilizzo del termine, come accaduto di recente con FCA, Banque de France o i regolatori statunitensi.
Challenger bank: 134 aperte in Europa dal 2009
La questione da un punto di vista semantico è dunque ancora aperta, ma ciò che è certo è che le challenger bank sono una realtà che sta riscuotendo sempre più consensi e successo. Da una prima mappatura dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano è emerso che in Europa sono state lanciate 134 challenger bank a partire dal 2009. Di queste, 63 hanno sede nel Regno Unito, l’ecosistema Fintech europeo finora più florido e culla del fenomeno. Nel nostro Paese sono invece nate una decina di challenger bank e molte altre hanno deciso di rendervi disponibili i propri servizi.
Il caso Flowe
L’esempio tutto italiano di Flowe, iniziativa di Banca Mediolanum lanciata a giugno 2020, ha riscontrato una grande attenzione con 660.000 nuovi clienti in poco più di 5 mesi, ma soprattutto fin da subito si è distinta per le sue caratteristiche innovative e per la forte attenzione rivolta al tema della sostenibilità ambientale. L’offerta di una carta di debito in legno, infatti, ha immediatamente attirato la curiosità di molti così come la promessa di piantare un albero in Guatemala per ogni carta richiesta.
“Flowe nasce in un momento storico molto particolare” spiega Oscar Di Montigny, Chief Innovability e Value Strategy Officer di Banca Mediolanum e Presidente di Flowe “nel quale le nuove generazioni non più domandano, ma urlano al mercato e alla società la loro richiesta di essere considerate, la loro richiesta di essere riconosciute, la loro richiesta del consentire loro di vivere in un mondo più rispettoso, più aderente a certi valori, più consapevole dell’importanza del pianeta e del valore della collettività. Quindi come si può oggi fare finanza, inventarsi prodotti finanziari, disegnare servizi finanziari senza tener conto di questa nuova domanda che l’umanità pone a sé stessa?”.
Importante sottolineare che Banca Mediolanum ha sempre dichiarato di puntare su tre elementi − innovation, sustainability e human centricity – che coesistono nella cosiddetta humanovability. Offrendo i servizi tipici di una banca digitale, come Fintech di un gruppo “tradizionale”, Flowe condivide la sfida di essere innovativa ma di portare valore alle anime del gruppo senza cannibalizzare l’offerta e la clientela nello specifico di una banca che ha fatto del risparmio un pilastro. È quindi possibile, ad esempio, avere accesso a servizi di investimento ma su valori limitati (es. 5.000 euro complessivi), oltre ai quali entrano in gioco le altre strutture del gruppo con la loro offerta.
Come servizi caratteristici, Flowe fornisce insight nel campo dell’educazione finanziaria, del personal branding, dell’imprenditorialità e della sostenibilità grazie a esperti del settore che spiegano agli utenti i concetti chiave del finance, i principi della sostenibilità, le logiche della comunicazione, condividendo esperienze e saperi che arricchiscono le conoscenze degli utenti. “Il nostro obiettivo è di rendere l’innovazione tecnologica al servizio dell’ambiente, e proprio perché la nostra è una vocazione a tutti gli effetti, è stato fluido coinvolgere gli italiani e farli entrare in questa grande community che oggi conta quasi 700.000 iscritti” interviene Ivan Mazzoleni, CEO di Flowe.
Mazzoleni spiega che quanto ai risultati ottenuti sul mercato, è stata effettivamente riscontrata una crescita molto veloce, quasi esponenziale e che una delle ragioni del successo risiede nella velocità di diventare clienti della banca, sfruttando l’Intelligenza Artificiale: con Flowe, infatti, gli utenti terminano l’onboarding in soli 8 minuti in media, con un successivo conto di pagamento attivo sin da subito.
Un’altra ragione del successo di Flowe è associata alla condivisione dei valori. “La parola stessa, Flowe, racchiude i due termini We e Flow, noi e il flusso – un’energia che deve riguardare tutto, a partire da noi essere umani per arrivare al luogo più caro che dobbiamo custodire con molta cura e che ci ospita da secoli, la Terra. La nostra comunità condivide l’urgenza di contrastare l’inquinamento – inteso come spreco di qualsiasi risorsa economica, sociale o intellettuale – della crescita umana e professionale e del concetto di individuo in funzione di un più ampio disegno di vita.”