VALUTA DIGITALE

Come garantire la privacy con i pagamenti digitali al posto del contante?

Lo sviluppo della valuta digitale si connetterà inevitabilmente al tema della privacy: una questione complessa. Una possibile proposta è rendere i pagamenti anonimi sotto una certa soglia, ma richiederebbe grande coordinamento istituzionale tra le banche centrali. Le diverse opzioni sul tavolo

Pubblicato il 05 Gen 2023

valuta digitale privacy

Nel mondo digitale di oggi è sempre più difficile, per i consumatori, mantenere la privacy sui propri pagamenti, che sono sempre più spesso digitali e on line. Dal canto loro, i venditori e gli intermediari finanziari hanno incentivi crescenti a sfruttare questi dati. Infatti, gli operatori più importanti, come i circuiti Visa e Mastercard, accumulano continuamente una massa immensa di informazioni molto rilevanti per tutte le aziende poiché riguardano le abitudini di consumo di milioni di persone, ed è spesso emerso che questi dati vengono venduti ad altre aziende, anche perché il consumatore non ha diritto a mantenerle riservate.

Vi è poi da ricordare che la diffusione dei social ha ulteriormente cambiato il panorama per quanto concerne il tema della privacy. Scandali come quello che ha coinvolto Facebook e Cambridge Analytica hanno scosso l’opinione pubblica mostrando quanto il tema dei dati personali possa riguardare aspetti delicati come le scelte politiche.

Considerato questo contesto, anche lo sviluppo di valute digitali[1] si connetterà, inevitabilmente, al tema della privacy e, nel progettare la propria valuta digitale, le banche centrali dovranno occuparsi a fondo di questo tema.

Il contante rispetta la privacy, ma abilita il riciclaggio

Spesso si osserva che il contante permette il pieno rispetto della privacy e questo è uno dei suoi punti di forza. Ora, questo aspetto non presenta controindicazioni nella quasi totalità dei casi, ma costituisce un ostacolo alle indagini quando i contanti sono utilizzati per transazioni illecite, riciclaggio, ecc. Per questo, nel creare la valuta digitale le banche centrali dovranno cercare di tenere assieme gli aspetti positivi degli attuali pagamenti in contanti escludendone i lati negativi.

La valuta digitale deve tener conto del data privacy paradox

La cosa non è facile. Si osservi infatti che, se l’importanza che i consumatori attribuiscono al tema della privacy è sicuramente elevata, come emerge da ricerche svolte anche da banche centrali e operatori finanziari, gli studi mostrano allo stesso tempo che gli utenti dei servizi digitali mettono in atto comportamenti che risultano incoerenti rispetto alla manifestata importanza attribuita alla privacy, ad esempio disseminando il web di proprie informazioni.

Da questa distorsione, o bias nel linguaggio della psicologia cognitiva, nota in letteratura come “data privacy paradox”, discende che, proprio per rispettare l’importanza che i consumatori attribuiscono al tema della privacy, le autorità pubbliche devono limitare alcuni comportamenti o opzioni dei consumatori stessi. Questo è particolarmente rilevante per i pagamenti digitali dove le informazioni rilevabili sono numerose e sensibili. Nel progettare la valuta digitale, le banche centrali si troveranno dunque nella necessità di ridurre alcune possibilità pure tecnicamente disponibili per tutelare i consumatori da se stessi.

Privacy nella valuta digitale, una proposta: anonimi sotto una certa soglia

Per contemperare i diversi aspetti del tema privacy, una possibile soluzione potrebbe consistere nel suddividere i pagamenti in base al controvalore, come già avviene per i pagamenti in contante che sono possibili solo entro certe soglie. Pagamenti entro, ad esempio, i 1.000 euro, risulterebbero più anonimi, tra 1.000 e 5.000 euro avrebbero un grado minore di anonimità e così via. Anche la BCE sta valutando questo scenario.

Le soluzioni tecniche possibili (come gli algoritmi di secret sharing) sono numerose e andranno testate con cura, ma concettualmente non è difficile immaginare un sistema di pagamenti basato su una valuta digitale con un grado decrescente di segretezza della transazione.

Qui potrebbe entrare però in gioco un tema di dumping normativo, nel senso che alcuni sistemi potrebbero avere interesse a garantire un anonimato maggiore per attrarre flussi di pagamenti nella propria valuta. Poniamo, per fare un esempio, che la BCE fissi a 10.000 euro il controvalore della transazione che fa far scattare il livello minimo di anonimità. Altre banche centrali potrebbero fissare questo limite all’equivalente di 20.000 euro per attirare transazioni nella propria valuta digitale. Sarà necessario un ampio lavoro di coordinamento istituzionale per arrivare a soluzioni condivise ed evitare quanto accade oggi con i paradisi fiscali.

Le opzioni tecnologiche: account-based e token-based

Parlando di opzioni tecnologiche, occorre ricordare che la principale scelta che le banche centrali si trovano ad affrontare per la creazione di una valuta digitale è, come noto, quella tra un modello account-based (impostato su conti correnti simili a quelli che tutti noi abbiamo presso il sistema bancario) e un modello token-based che meglio simula l’operare dei contanti, dato che il token è assimilabile a una banconota, seppure avente natura digitale.

Per loro natura, le soluzioni token-based sembrerebbero potenzialmente più inclini a salvaguardare l’anonimato della transazione; tuttavia, ogni tecnologia può essere utilizzata in modo da proteggere la privacy. Il punto è il bilanciamento degli obiettivi assegnati alla banca centrale nello sviluppo della valuta digitale.

Valuta digitale e privacy, i lati positivi

Avendo discusso dei rischi posti alla privacy dai pagamenti digitali, e in particolare da una valuta digitale, è opportuno accennare anche agli aspetti positivi. Una valuta digitale, mettendo istantaneamente a disposizione dei policy-maker una massa immensa di dati sull’economia e sui cittadini, potrebbe aiutare i governi a impostare interventi più efficaci.

Queste informazioni non sarebbero più in vendita al miglior offerente da parte degli operatori finanziari, ma potrebbero essere utilizzate dalle autorità per migliorare il benessere di tutti. Dalla misurazione in tempo reale dell’inflazione, agli stili di consumo di determinate fasce della popolazione, sino al disagio economico di alcuni gruppi familiari, la valuta digitale consentirebbe di misurare in tempo reale fenomeni che oggi richiedono mesi di studio, e con livelli di accuratezza molto maggiori. Non è poi da sottovalutare il vantggio di eliminare le transazioni a fini illegali (dal riciclaggio al pagamento di tangenti) che certo non meritano il beneficio della riservatezza, e la possibilità di proteggere il consumatore in caso di frodi, furti di identità, ecc.

Materiali utili per approfondire il tema

Abramova, S. e altri, 2022, What can CBDC designers learn from asking potential users? Results from a survey of Austrian residents, SUERF

Ahnert, T., P. Hoffmann, e C. Monnet, 2022, The digital economy, privacy, and CBDC, BCE Working Paper n. 2662

Borgonovo, E.  e altri, 2019. Privacy and Money: It Matters. Research, Baffi-Carefin Working Paper n. 108

Garratt, R.J.  e M.R.C. Van Oordt, 2021, Privacy as a public good: A Case for electronic cash, Bank of Canada Staff Working Paper n. 24

McAndrews, J., 2017, The Case for Cash, ADBI Working Paper n. 679

Wei, X. e altri, 2021, The data privacy paradox and digital demand, CEPR.org

World Bank 2021, Central Bank Digital Currency. A Payments Perspective

[1] In questo articolo, come negli altri di questa sezione, intendiamo per valuta digitale quella che è di solito chiamata valuta digitale della banca centrale (o CBDC nell’acronimo inglese). Rimandiamo ai molti siti (a partire da quelli delle banche centrali dell’Eurosistema) per una introduzione al tema.

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Lorenzo Esposito
Lorenzo Esposito

Lorenzo Esposito lavora da oltre vent’anni nell’ambito della vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia; è professore a contratto di Economia Monetaria presso la “Cattolica” di Milano. Si occupa di stabilità finanziaria, globalizzazione, finanza sostenibile e fintech. (Le opinioni espresse dall’autore sono personali e non impegnano l’Istituto d’appartenenza)

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