88,5 milioni di euro raccolti fino ad oggi: tanto vale l’invoice trading, ovvero la cessione di fatture commerciali attraverso un portale Internet. Un sistema di fundraising noto tra gli specialisti del settore ma forse meno conosciuto dal grande pubblico. Eppure costituisce la forma di crowdfunding (raccolta fondi online attraverso la “folla”) più di successo in Italia in termini numerici. Vale dunque la pena approfondirne la conoscenza, come è stato fatto nel 2° Report italiano sul Crowdinvesting presentato di recente da Giancarlo Giudici, Direttore scientifico Osservatorio Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano.
Boom del Crowdinvesting: 189,2 milioni raccolti online in Italia dal 2013
Questo termine – crowdinvesting – comprende l’equity crowdfunding, strumento di finanziamento per investire in startup e pmi innovative in cambio di quote societarie, che dal 2013 ad oggi ha raggiunto i 12,5 milioni di euro di raccolta; il lending crowdfunding, in base al quale gli investitori possano prestare denaro attraverso Internet a persone fisiche (consumer) o imprese (business) a fronte di un interesse e del rimborso del capitale, modalità che ha contribuito alla raccolta di 88,3 milioni di euro; e appunto l’invoice trading, che, come si vede, con i suoi 88,5 milioni, è il “primo della classe” tra i tre.
♦ COME È NATO L’INVOICE TRADING – I tempi di riscossione delle fatture in Italia sono sempre più lunghi: nel frattempo un’impresa può rischiare di soccombere alla crisi economica e chiudere i battenti. Per questo è nato nel nostro Paese circa un anno fa l’invoice trading, ovvero la cessione di una fattura commerciale in cambio di un anticipo in denaro attraverso una piattaforma crowd. La piattaforma mette all’asta la fattura online, gli investitori anticipano l’importo della fattura, al netto della remunerazione richiesta. Non è propriamente un’operazione di raccolta di capitale, ma rappresentando lo smobilizzo di un’attività (appunto una fattura commerciale) è associata agli stessi effetti finanziari, traducendosi in un ingresso di cassa. L’arrivo sul mercato di portali Internet specializzati che consentono la cessione delle fatture al pubblico indistinto dei ‘web-surfers’ pone dunque a tutti gli effetti l’invoice trading come terza opportunità di crowdinvesting a sostegno delle PMI. In sintesi si tratta di piattaforme che mettono in contatto PMI che hanno fatture da scontare per finanziare il proprio circolante con investitori più o meno professionali, a seconda del modello di business di ogni piattaforma.
CHI SONO I “SIGNORI DELLE FATTURE”
Nel giro di un anno i portali dedicati si sono quintuplicati, passando da 1 a 5. Alla data del 30 giugno 2017, risultavano attivi in Italia 5 operatori nell’invoice trading: Workinvoice (l’unico presente un anno fa), Cashinvoice, Credimi, CashMe e Crowdcity. Il mercato ha quindi attratto nuovi operatori nell’arco degli ultimi dodici mesi, dimostrando una certa vivacità.
Le risorse raccolte attraverso Internet al 30 giugno 2017 ammontavano a 88,5 milioni di euro, 8 volte quelli cumulati l’anno precedente. Le fatture cedute da imprese italiane attraverso l’invoice trading sono ormai più di 2.000 (erano 220 un anno fa).
LE PIATTAFORME
Cashinvoice Cashinvoice è il portale gestito dalla società Hub21 Srl, amministrata da Luca Scali. Si qualifica come piattaforma di comparazione: il modello non è propriamente di tipo ‘crowd’ perchè l’investimento è aperto solo ai soggetti iscritti all’albo delle imprese che praticano la cessione dei crediti d’impresa (tenuto a cura della Banca d’Italia). Questi possono ‘navigare’ fra le diverse opportunità di acquisto delle fatture accettate dalla piattaforma fra quelle presentate, e competono fra loro in un’asta. Il portale è in fase di startup quindi i dati su investimenti e fatture cedute sono poco significativi.
CashMe CashMe è gestito dall’omonima società, fondata da Marcello Scalmati. Il meccanismo di cessione delle fatture selezionate dalla piattaforma è un’asta. Possono accedere alla piattaforma tutte le società di capitali che abbiano depositato almeno un bilancio e che presentino un fatturato pari ad almeno € 1.500.000. Sono possibili eccezioni laddove i clienti presentino un buon merito creditizio. L’unico costo fisso è rappresentato dalla fee d’iscrizione di € 400, pagabile dopo aver effettuato la prima cessione. Successivamente CashMe chiede una percentuale media dello 0,6% del valore del credito venduto.
Credimi SpA è stata fondata nel 2015 e ha ottenuto l’autorizzazione da Banca d’Italia a operare come erogatore di finanziamenti secondo l’articolo 106 del Testo Unico Bancario. La società è guidata da Ignazio Rocco di Torrepadula; nella compagine societaria risultano diversi nomi noti del’imprenditoria italiana (fra cui Alessandro e Mauro Benetton, Paolo Merloni, Nerio Alessandri). Il 60% dell’azienda appartiene ai fondatori (Ignazio Rocco di Torrepadula, Sabino Costanza, Jacopo Anselmi, Francesca Todeschini, Edmondo Porcu, Gianmarco Molinari, Gershom Charig), oltre ad altri membri del team. Possono accedere al portale imprese con fatturato minimo di € 500.000. La selezione viene fatta attraverso un sistema di rating sviluppato internamente, dal quale scaturisce la proposta del prezzo di acquisto della fattura presentata; come specificato nella pagina precedente, è Credimi stessa ad anticipare il denaro in caso di accettazione. La cessione del credito avviene in modalità pro-solvendo, conferendo ai clienti un mandato all’incasso. I crediti originati dalle fatture vengono acquistati da investitori istituzionali, tipicamente fondi di investimento, gestiti da partner come Anima SGR, Anthilia Capital Partners SGR, BG Fund Management Luxembourg S.A. e Tikehau Capital.
CrowdCity è stata fondata da una cordata di soci capitanati da Simone D’Angelo ed è attiva da novembre 2016. Nella piattaforma le imprese possono proporre cessioni prosoluto di crediti derivanti da fatture ad investitori istituzionali. Tramite partner iscritti all’albo dei mediatori creditizi, CrowdCity propone una valutazione ‘consigliata’ della fattura, ma i prezzi di cessione potranno essere negoziati direttamente tra imprese ed investitori. La piattaforma addebita una commissione una tantum alla sottoscrizione dell’accordo quadro tra impresa e piattaforma.
Workinvoice è gestito dalla società Workinvoice Srl, startup innovativa fondata nel 2013 da Matteo Tarroni, Ettore Decio, Luca Spampinato e Fabio Bolognini. Il gruppo imprenditoriale è stato supportato finanziariamente da due gruppi industriali e da un business angel. Negli ultimi 12 mesi, Workinvoice ha avviato collaborazioni con compagnie assicurative, che si sono rese disponibili a coprire i rischi di mancato pagamento delle fatture anche in virtù del fatto che i crediti (e le aziende che li cedono) siano passati attraverso il processo di valutazione e di onboarding studiato e realizzato dalla piattaforma. Nella stessa direzione va l’accordo con WiIlis Towers Watson, multinazionale del brokeraggio assicurativo e della consulenza sui rischi (anche di credito), operativo sia sul lato origination sia sulla strutturazione di soluzioni integrate di finanza/assicurazione per gli investitori globali che operano su Workinvoice. All’orizzonte vi è una operazione di cartolarizzazione sulle fatture presentate dal portale. Il meccanismo di cessione è l’asta competitiva. Il portale Workinvoice.it addebita una commissione pari a 0,40% per fatture con scadenza fino a 60 giorni, 0,65% da 61 a 90 giorni, 0,90% oltre 90 giorni, e una fee di adesione una tantum iniziale di € 450. A partire dalla metà del 2016 Workinvoice opera quasi esclusivamente con investitori istituzionali italiani ed esteri, (fondi vigilati dalle rispettive autorità) necessari a supportare la forte crescita dei volumi.
PROSPETTIVE PER IL FUTURO – Nonostante i numeri dimostrino uno sviluppo esponenziale dell’invoice trading negli ultimi mesi, l’Osservatorio Crowdinvesting del Polimi ritiene che vi sia ancora spazio per un’ulteriore significativa espansione. Per sua natura l’invoice trading è il comparto meno ‘crowd’ del crowdinvesting: i tagli di investimento sono determinati dalle singole fatture e quindi sono abbastanza elevati. Oltretutto manca la dimensione ‘collettiva’ dell’investimento poichè ad ogni fattura corrisponde tipicamente un singolo investitore. Il mercato nel 2017 si è evoluto infatti verso una ulteriore ‘istituzionalizzazione’ e l’Osservatorio è convinto che il trend proseguirà nel futuro.