Banche, la sfida fintech: perché Intesa Sanpaolo e Unicredit accelerano sul digitale

Intesa Sanpaolo vuole lanciare una nuova banca interamente digitale, Isybank. Unicredit ha annunciato investimenti per 2,8 miliardi nel digitale e l’inserimento di 2.100 persone nell’area Digital&Data. Le banche tradizionali si attrezzano alla sfida del fintech. Ecco come

Pubblicato il 10 Feb 2022

Carlo Messina, CEO Intesa Sanpaolo

Anche Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno deciso di entrare con convinzione nell’arena del fintech, la prima preparandosi ad aprire una nuova banca interamente digitale, Isybank, la seconda annunciando investimenti per 2,8 miliardi nel digitale e l’inserimento di 2.100 persone nell’area Digital&Data. Un percorso in qualche modo obbligato in un contesto nel quale, negli ultimi anni, ha fatto irruzione la trasformazione digitale, rompendo equilibri e stravolgendo scenari.

Dalla “capostipite” FinecoBank, la banca diretta multicanale indipendente entrata nel gruppo Unicredit e poi ceduta, fino alla recente Illimity, gruppo bancario ad alto tasso tecnologico fondato e guidato da Corrado Passera, le banche digitali hanno cominciato da tempo a marcare il territorio in Italia. E continueranno a farlo. Per questo anche l’istituto guidato dal CEO Carlo Messina e quello capitanato da Andrea Orcel si stanno attrezzando.

Come sarà Isybank di Intesa Sanpaolo

Il progetto di Intesa Sanpaolo è “in stato avanzato e sarà operativo in breve tempo” ha dichiarato  Messina nel corso della presentazione del nuovo piano d’impresa. La nuova piattaforma nasce “per servire efficacemente una parte significativa della clientela di Intesa Sanpaolo che non si reca nelle filiali”. Si stima che siano 4 milioni di persone, in grado di generare circa 200 milioni di ricavi.

La nuova banca digitale, nelle intenzioni di Messina, “anticipa la minaccia fintech, trovando soluzioni perché le persone possano continuare a lavorare con serenità nel gruppo”. Isybank, viene riferito, conterà dunque su tecnologie all’avanguardia, cloud-native adattabile alla clientela multi-valuta e multinazionale e si avvarrà della partnership con la Fintech leader Thought Machine. Il gruppo bancario ha annunciato un investimento di 40 milioni di sterline in questa società tecnologica di core banking con sede nel Regno Unito,  che ha sviluppato le fondamenta delle attività di banking moderne e il cui motore di core banking nativo nel cloud, Vault, è utilizzato dalle principali banche e istituzioni finanziarie di tutto il mondo, tra cui JPMorgan Chase, Lloyds Banking Group e altri. La proposta digitale potenziata include app, contact center, atm e Mooney (la piattaforma creata in partnership con Enel), oltre a percorsi interamente digitali “per fornire alla clientela la migliore esperienza digitale sviluppata da Artificial Intelligent Sales di Intesa Sanpaolo”.

Perché Intesa Sanpaolo crea una banca digitale

Il fintech è un’opportunità o “una minaccia”, come dice Messina? In una fintech company l’applicazione delle nuove tecnologie è in grado di creare prodotti, servizi, modelli di business tali da incidere significativamente sull’ecosistema finanziario e trasformarlo,  protagonisti inclusi. Se dunque, dal punto di vista delle startup, dell’imprenditoria innovativa e anche, non dimentichiamolo, degli utenti, questo spazio è ricco di opportunità, per una banca tradizionale si tratta di una sfida che potrebbe, nel medio e lungo periodo, attaccarne e corroderne le fondamenta.

Primo gruppo italiano del credito, con utili a 4,18 miliardi, che dovrebbero toccare i 6,5 miliardi nel 2025, Intesa non può fare a meno del business digitale, ma non può nemmeno “smontare” la banca tradizionale.

Ecco che si apre una grande sfida per un soggetto storico ma obbligato a restare al passo con i tempi: cambiare radicalmente cultura, provvedere a formare nuovamente molti dipendenti (il cosiddetto reskilling) che altrimenti sarebbero destinati ad uscire, fare profitti sostanziosi con un modello di business totalmente nuovo.

Si parte dal taglio delle sedi fisiche: Isybank permetterà una riduzione di circa 1.500 filiali (di cui circa 450 chiuse già nel quarto trimestre 2021) e un modello omnicanale per circa 9 milioni di clienti piccole e medie imprese e retail con esigenze finanziare più sofisticate, per i quali sono previste circa 1.800 filiali dedicate.

Unicredit e l’investimento in digitale

Anche Unicredit ha deciso di investire concretamente nella trasformazione digitale del comparto bancario. L’amministratore delegato Andrea Orcel ha dichiarato qualche settimana fa: “Sul digitale investiremo 2,8 miliardi (…). A livello di gruppo prevediamo l’inserimento di 2.100 persone nell’area Digital&Data (…) Abbiamo concordato un nuovo piano di assunzioni, ma anche il re-skilling delle nostre risorse. Dobbiamo trasformare la banca dall’interno, puntando su clienti-relazione-fiducia”.

Un piano che parte dalla constatazione del divario sempre più profondo che si sta creando tra il vecchio modo di fare banca e il nuovo. “Sono convinto – ha detto Orcel – che le banche abbiano reputazione, fiducia dei clienti, capacità operative molto più radicate delle fintech. Ma i clienti che guardano Netflix, quando vengono sui nostri canali digitali, vogliono lo stesso livello di esperienza. E ora non la trovano”.

La reazione di FinecoBank: finalmente “sdoganato” il fintech in Italia

L’arena del fintech comincia a farsi troppo affollata? Sembrerebbe di no dalla reazione del numero uno di FinecoBank, Alessandro Foti, che così ha commentato il fatto che Intesa Sanpaolo e Unicredit vogliano spingere l’acceleratore sul digitale: “Per noi è positivo quando la più grande istituzione finanziaria italiana fa una virata a 180 gradi e presenta come pietra angolare del proprio piano il processo digitalizzazione, aggiungendo che non vuole più acquisire banche, ma semmai chiudere sportelli: è proprio quello su cui abbiano costruito la nostra banca”. Il manager prevede uno scenario in cui la competizione incentiverà il business: “Ci sarà un allargamento importante della potenziale platea di clienti: la torta si allarga. In effetti se i primi clienti si chiedevano se il digitale andasse nella direzione giusta, ora non hanno più dubbi. Inoltre il campo della competizione si sposta sul nostro terreno, quello dove siamo forti, ossia quello della qualità, dell’efficienza e dei servizi”. Foti ha ricordato che è stato molto più difficile conquistare clienti venti anni fa, “quando non era scontato aprire un conto digitale. (…) Per noi, quindi, il fatto che si competa su tale terreno vuol dire che è stato sdoganato il nostro mondo”.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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