Il XIV Forum Piccola Industria Confindustria – appuntamento biennale sui temi di maggior interesse per le PMI – si terrà a Napoli il 3 e 4 ottobre 2014 presso la Città della Scienza. Alla base delle due mezze giornate – organizzate da Piccola Industria Confindustria in collaborazione con Confindustria Campania e con l’Unione Industriali di Napoli – sarà l’innovazione come leva di sviluppo e crescita per la competitività delle PMI, dei sistemi di business e del Paese. Partendo dall’analisi dei principali trends e mutamenti in corso, si approfondirà l’innovazione quale pre-requisito per competere. Sarà al centro dell’attenzione il significato di innovazione (social, e-commerce, wearable, robotica, digital manufacturing, 3D printing), il design, l’Italian sound, le potenzialità dell’innovazione sociale, dei giovani e delle università, per poi proporre le soluzioni di Piccola Industria per valorizzare le PMI innovative e innalzare l’innovazione del Paese. Attenzione sarà dedicata al concetto di innovazione quale leva strategica per il Sistema Paese evidenziando i fattori orizzontali che consentono/incentivano i processi innovativi e approfondendo Horizon 2020 e le strategie europee, le proposte del governo e di Confindustria. L’evento si inserisce nella “Settimana europea delle PMI” e in continuità con la “SME ASSEMBLY 2014” che si svolge sempre a Napoli (Stazione Marittima) dal 1o al 3 ottobre. Il Forum Piccola Industria rappresenterà pertanto un momento di congiunzione con gli eventi UE su un tema strategico per le PMI quale l’innovazione.
«Le startup sono nuove imprese come ce ne sono state tante in passato. Adesso il problema è riuscire a individuare e far emergere modelli di business vincenti». Alberto Baban è da poco meno di un anno presidente di Piccola Industria di Confindustria, che rappresenta la maggioranza della base associativa della confederazione, quel tessuto di oltre 200mila piccole e medie imprese che sono il nerbo del sistema economico nazionale. 46 anni, imprenditore di prima generazione, Baban non ha difficoltà a segnalare i limiti della sua categoria (“visione minima di mercato”) ma ha l’orgoglio di chi ha creato la sua impresa (Tapì, tappi sintetici per vino e super alcolici, circa 20 milioni di fatturato) ed è riuscito a farla crescere. Come lui ce ne sono molti, Baban lo sa e nel suo Veneto ha riunito 42 imprenditori in VeNetWork, una spa che fa da “business booster”: “accelera” idee, progetti di business e imprese alla ricerca di una visione. Ha cominciato da tre settori (turismo, elettronica avanzata ed energie alternative) ed è diventata un modello, che ha ispirato Adottup, il progetto lanciato da Confindustria per favorire l’incontro fra le nuove imprese e il sistema, diciamo così, tradizionale.
Presidente, perché è importante l’incontro fra startup e imprese consolidate?
In Italia il problema non è pensare di fare impresa, ma farla. Non abbiamo un sistema statale che ha capito quanto sia difficile fare impresa. Non abbiamo un governo che agevola il sistema delle imprese. Ai giovani o a chiunque voglia farlo non possiamo solo dire: sii imprenditore. Dobbiamo anche dire la verità: in Italia fare impresa è molto più difficile che altrove. C’è qualcuno che ci ha già provato e ha assorbito lo choc? Sì, sono le centinaia di migliaia di Pmi e possono aiutare le startup a ridurre o evitare lo choc della mortalità. Da parte loro le Pmi avranno il vantaggio di trovare innovazione a basso costo. 250 mila imprenditori sono pronti ad accogliere startup. Il governo deve solo creare le condizioni per l’incontro sia conveniente.
Come vede il fenomeno delle startup in Italia?
Il sistema economico italiano è relativamente giovane. E questo crea un problema per le startup: qual è il loro mercato di destinazione? Non c’è. Qual è un mercato possibile? Troviamolo…Invece di pensare a incubare, pensiamo a dove portare tutte queste imprese che stiamo allevando.
Qual è il problema che devono risolvere le Pmi, invece?
La dimensione delle aziende: sono troppo piccole per avere capacità di investimento e di manageralizzazione. Quindi o presidiano micro nicchie o vivono sul mercato interno, che è asfittico. Chiudiamo questa megaparentesi e costruiamo nuovi modelli di business. Non ci interessa più parlare del passato: lavoriamo per creare una proiezione del futuro: quanto può rendere questo sistema? Questa è la vera novità, la direzione che dobbiamo prendere
Le startup possono rappresentare una soluzione?
Sì, ma parlare solo di startup e di giovani è limitante. C’è confusione nell’idea di giovane, capace, brillante e… digitale. Sono accezioni che possono creare una tendenza alla ghettizzazione. Se non hai queste caratteristiche, non vieni considerato uno startupparo. Mentre fare startup è parte della capacità di intraprendere e avere predisposizione al rischio. Bisognerebbe forse coniare una nuova definizione, anche perché le startup in sé non sono una novità…
In che senso?
Che cosa erano le Pmi nel secondo dopoguerra se non delle startup? Abbiamo una grande tradizione di imprenditorialità diffusa in Italia. In passato abbiano già assistito a un altro fenomeno di startup, che si chiamavano spinoff, aziende generate nei distretti: il capofabbrica lasciava e cominciava una sua attività. Erano tutte startup. Quati tutta la totalità del tessuto industriale italiano è costituito quindi da startup.
Che cosa fa la differenza oggi?
Oggi l’idea è fare emergere una novità: gli spin-in, cioè portare le capacità innovative di persone creative o di imprese di piccole dimensioni all’interno di sistemi già esistenti che sono le imprese. Penso che questo fenomeno sia più difficile da misurare, ma sta succedendo e sono fiducioso che possa evolvere in maniera più rapida del previsto.