And the winner is… Bitcoin. È quasi scontato assegnare l’oscar come attore protagonista dell’innovazione digitale 2017 al Bitcoin. Perché la criptomoneta più famosa al mondo è stata, nel bene e nel male, uno degli argomenti più discussi dell’anno che sta per concludersi. Fino alla fine.
Il motivo è innanzitutto legato al suo valore: da inizio anno, infatti, il bitcoin è andato crescendo, passando dai 997 dollari della prima settimana di gennaio, ai quasi 16mila dollari di qualche giorno fa, con un picco che ha sfiorato il tetto dei 20mila domenica 17 dicembre. Poi però, il 22 dicembre, la brusca frenata: il bitcoin è crollato sotto quota 11mila dollari, arrivando a perdere fino al 40% del valore.
Un altro colpo basso alla stabilità finanziaria dei bitcoin nel 2017 è stato assestato lo scorso settembre. In quell’occasione il governo cinese decise di bloccare le ICO (Initial Coin Offering), il sistema di raccolta fondi tramite le criptovalute, definendo illegale questa tipologia di finanziamento. Il motivo? Secondo Pechino le ICO rappresentano «una minaccia per l’ordine economico e finanziario del Paese». Questo intervento portò subito a una ricaduta sul valore dei bitcoin i quali subirono una, seppur lieve, flessione passando da 4,571 a 4,256 dollari nel giro di qualche giorno.
Un monito ufficiale è arrivato di recente dall’Unione europea. Il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per l’euro, Valdis Dombrovskis, ha messo in guardia contro i rischi connessi alla criptovaluta. “Gli investitori – ha detto – devono sapere che il prezzo del Bitcoin può cadere in qualsiasi momento”. Quindi ha chiesto alle autorità di supervisione come Eba (banche) e Esma (mercati) di essere più chiari perché “ci sono evidenti rischi per investitori e consumatori, associati alla volatilità dei prezzi”.
A vederla così sembra più una battaglia tra vecchia e nuova finanza: da un lato le istituzioni e i grandi istituti di credito attenti a mantenere l’ordine costituito, dall’altra gli innovatori visionari, pronti a gridare alla “rivoluzione” in nome di una finanza più accessibile. Eppure un punto di incontro tra queste due realtà sembra possibile. A rappresentarlo potrebbe essere il lancio di futures (contratti derivati che impegnano gli investitori ad acquistare o vendere, a una data futura una determinata quantità di merce o attività finanziaria a un prezzo prefissato) sui bitcoin al Chicago Board Options Exchange (CBOE), avvenuto lo scorso 11 dicembre. A dare il via libera ai contratti derivati per bitcoin è stata la Commodity Futures Trading Commission, l’organismo Usa che sovrintende ai derivati.
L’esordio sui mercati regolamentati dei bitcoin è stato però accolto con un certo scetticismo dalle banche, le quali continuano a esprimere forti timori sulla tenuta della criptomoneta. A tal proposito Deutsche Bank ha di recente inviato ai propri clienti un elenco dei rischi significativi per il mercato nel 2018. Al tredicesimo posto di questa lista compare la voce “esplosione della bolla bitcoin”.
Una cosa è certa, di bitcoin si parlerà ancora a lungo e non sarà facile ipotizzare cosa succederà da qui a qualche anno. Anche se c’è chi azzarda già delle ipotesi: secondo quanto riporta il Wall Street Journal, infatti, un gruppo di investitori anonimi avrebbe puntato un milione di dollari sulla probabilità che il bitcoin, tra un anno, raggiungerà quota 50mila dollari. Non ci resta che aspettare e scoprire come va a finire.