Nel 2018 le grandi aziende hanno investito 53 miliardi di dollari in startup, con una crescita del +47% rispetto all’anno precedente. Nel 2019 si prevede una crescita ancora superiore.
La grande azienda, nemico storico delle startup, è diventato il suo più grande investitore.
Non parliamo di investimenti generici e occasionali, ma di veri e propri venture capital interni alle grandi società, completamente dedicate agli investimenti tecnologici. Sono i CVC (Corporate Venture Capital) e sono diventati uno dei giocatori principali del mercato.
Gli investimenti Corporate Venture Capital nel Fintech
In Europa i più grandi investimenti CVC sono proprio nel Fintech e nelle A.I. (intelligenze artificiali), a cui nel 2019 si aggiungerà probabilmente la cybersecurity.
Le maggiori somme raccolte nel 2018 sono andate a N26 (Fintech), Monzo (Fintech), e Graphcore (A.I.). Due di queste startup sono inglesi ed una tedesca. Non a caso, UK e Germania sono i paesi più attivi negli investimenti CVC, seguiti da Francia e Svizzera.
Se ci fosse un sondaggio, la maggior parte dei manager italiani avrebbe indovinato i nomi di queste nazioni anche senza controllare i dati di mercato. Più difficile indovinare le nazioni che vengono subito dopo: la Svezia, patria di Skype e Spotify, e la Spagna.
L’Italia non è classificata, ma i dati di mercato non sono del tutto negativi. Se la Spagna è tra le prime nazioni europee per investimenti CVC, può diventarlo anche l’Italia.
È interessante notare come nel Regno Unito, nonostante le minaccie della Brexit, venga investito il 26% dei fondi, oltre un quarto del totale.
La perdita del monopolio degli USA ed il futuro dell’Europa
Cinque anni fa il 64% di tutti i fondi investiti dai CVC era concentrato negli Stati Uniti. Oggi questa percentuale è scesa al 41%.
Viceversa, gli investimenti CVC in Asia sono saliti dal 19% al 38%. L’Asia punta a raggiungere e superare gli Stati Uniti entro il 2020.
L’Europa purtroppo scende dal 19% del 2017, al 17% del 2018.
Costituire un venture capital interno e lasciarlo operare in autonomia richiede una accettazione del rischio che sembra mancare a molte aziende europee.
In Silicon Valley avere fallito almeno una volta è un punto d’onore. I cinesi, con cui ho lavorato per anni, ripetono spesso “Nessun rischio, nessun futuro”. In Europa, al contrario, avere provato e fallito è ancora visto come qualcosa di cui vergognarsi.
Il cambiamento in Europa sta arrivando proprio dal fintech.
L’innovazione culturale (non programmata) delle banche europee
Le banche tradizionali europee sono costantemente aggredite dal basso dalle startup fintech (soprattutto le cosiddette “Challenger Banks”) e dall’alto dai giganti tecnologici come Amazon e Facebook (che stanno diventando banche).
Investire in una startup è la soluzione più veloce e meno costosa per fare innovazione.
Anche in Italia, il Gruppo Sella è entrata nel capitale di Hype, mentre Intesa Sanpaolo è entrata nel capitale di Oval Money.
Grazie all’appoggio di Intesa San Paolo, Oval Money ha iniziato ad offrire ai propri clienti un conto sullo smartphone al 2.5% di interesse fisso.
Il vantaggio dei CVC rispetto ai venture capital tradizionali è proprio questo. I VC gestiscono il denaro di altri (degli investitori) e possono investire solo nelle startup che promettono un alto ritorno sull’investimento. Al contrario, i CVC possono investire anche su startup che offrono solamente un beneficio strategico all’azienda madre.
Il punto di forza dei CVC è anche il suo punto di debolezza. Una startup per essere innovativa deve essere autonoma. Le grandi aziende hanno la tendenza ad acquisire le startup e mettere al comando un dirigente “esperto”, non più troppo giovane nè particolarmente innovativo.
Solo nell’ultimo anno, Facebook è diventato ufficialmente una banca, Amazon ha sviluppato prodotti bancari ed assicurativi, Apple ha lanciato la sua carta di credito Apple Card. Le banche – più di altre industrie – sono costrette ad innovare attraverso gli investimenti nelle startup. La resistenza di molti dirigenti è ancora forte, ma i dati di mercato del 2018 confermano questa tendenza, in crescita nel 2019.
Nessun rischio, nessun futuro.