Una volta c’erano i talent scout, poi sono arrivati i talent show, ora è il turno dei talent store. E’ il caso di Lovli, una piattaforma web che coniuga le offerte tipiche dell’e-commerce con il racconto suggestivo dei più o meno noti creativi del design Made in Italy. La start-up, ideata da Tiziano Pazzini e Alberto Galimberti, due trentenni con esperienze all’estero e in grandi multinazionali, è sbarcata sul web con la versione Beta nel luglio 2012, circoscrivendo la fase di test attorno a una pattuglia di circa 5mila utenti.
Ora ne contano oltre 100mila e si definiscono “il più grande network italiano di designer, artigiani e aziende di design, con oltre 400 realtà già presentate”. Hanno investito circa 75 mila euro nel progetto, raccogliendo il denaro tra amici e parenti che ora detengono piccole quote della società. In termini di fatturato la startup muove tra i mille e i duemila euro al giorno e punta a raggiungere il primo milione di euro entro qualche mese.
I risultati in Italia, sostiene Alberto Galimberti, sono stati molto positivi, anche se a trainare la crescita è l’estero, soprattutto dopo il lancio della versione inglese del sito lo scorso maggio. Su Lovli, ogni giorno, è possibile scoprire un designer diverso che viene presentato sull’home page e raccontato con interviste, immagini e contenuti video. Per gli appassionati dello stile italiano c’è un’ampia scelta di mobili, accessori, oggetti e complementi d’arredo per interni ed esterni, caratterizzati da offerte a tempo scontate fino al 70%, di quella variegata tribù di creativi che rappresentano l’humus dal quale nasceranno i talenti del futuro design italiano. Il co-fondatore Alberto Galimberti ci racconta tutto sulla startup.
Come è nata l’idea di Lovli?
Lovli.it è un progetto italiano al 100%, anche se è nato a cavallo tra New York e il Lussemburgo. Sia io che Tiziano (Pazzini, l’altro co-fondatore di Lovli – ndr), vivevamo all’estero da molti anni e avevamo delle carriere ben avviate quando, contrariamente al trend diffuso che porta molte persone a lasciare l’Italia per motivi professionali, lo scorso anno abbiamo deciso di rientrare e puntare tutto su questo progetto. In Italia esiste una riserva di talento senza uguali per quanto riguarda il design e questo grazie al genio dei nostri creativi e alla sapienza dei nostri impareggiabili artigiani. Un potenziale che però non è adeguatamente sfruttato. Può capitare, ad esempio, che un designer non abbia il tempo, l’esperienza o semplicemente le risorse per comunicare in modo efficace le sue creazioni. Quello che facciamo con Lovli è mettere a disposizione uno spazio virtuale dove i migliori designer possano arrivare a quante più persone possibile. Insomma, in un’epoca in cui il design si è avvicinato al grande pubblico, noi abbiamo deciso di fare un passo in più, offrendo a prezzi convenienti il meglio del vero design italiano. Perché, come ci piace ripetere quando si parla di design, restiamo convinti di una cosa: gli italiani lo fanno meglio!”.
Il modello di business è quello tipico di un sito di e-commerce?
Esattamente. Vendiamo alla nostra community i prodotti dei nostri designer, la maggior parte delle volte a prezzi scontati, e tratteniamo il nostro margine prima di retrocedere ai designer e ai fornitori in genere la loro quota.
Quali sono i vostri obiettivi a medio-lungo periodo?
Il mercato dell’arredamento online è stimato già oggi oltre 2 miliardi di dollari e continua a crescere ogni anno a doppia cifra. Inoltre, aumenta velocemente anche la percentuale di persone che, invece di acquistare i mobili nei negozi, preferiscono farlo su Internet, sia per risparmiare e sia perché il web consente di scoprire prodotti originali, che difficilmente trovano spazio e distribuzione sul mercato “mainstream”. Con Lovli stiamo mettendo le basi per costruire un business importante, nell’arco di circa 5 anni, con l’obiettivo di fare per il design quello che Yoox ha fatto per la moda.
Per la crescita di Lovli state guardando anche a potenziali investitori esterni?
Sì, stiamo valutando l’interessamento di alcuni potenziali investitori per accelerare la crescita ed espandere il team.
Nel nostro Paese fare startup non è sempre facile. Quali difficoltà avete incontrato?
Al di là delle solite questioni, come le tasse o la burocrazia, a me ha colpito quella che si potrebbe definire una “tassa sul tempo.” Mi spiego: noi passiamo circa il 25-30% del nostro tempo a occuparci di questioni amministrative, dai rapporti con le banche a quelli con i commercialisti e i notai. Avendo vissuto per diverso tempo a New York, posso affermare che negli Stati Uniti questa percentuale non va oltre il 10%. Competere a livello internazionale in queste condizioni diventa difficile, ma non impossibile. Perché, in fondo, la genialità italiana è sempre stata quella di “sapersi arrangiare”, facendo meglio degli altri con le poche risorse disponibili.