Innovare nel settore energetico si può, anzi, si deve. Può essere riassunto così l’evento “Efficienza energetica: come ridurre costi e sprechi con le tecnologie digitali”, organizzato da EconomyUp in collaborazione con Edison e con il patrocinio di ATI, che si è svolto mercoledì 22 novembre a Milano. L’incontro è stato l’occasione per focalizzare l’attenzione sui temi legati all’efficienza energetica, ma anche per comprendere quali sono i fattori che contribuiscono agli sprechi di un’impresa e quali le tecnologie da implementare per evitarli.
Cosa vuol dire fare innovazione nel settore energetico? Per Federico Frattini, vice direttore dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, innovare in questo settore vuol dire attivare un processo che porterà a tre cambi di paradigma: 1) La nascita di nuovi modelli di business (il caso più significativo è quello di General Electric che punta a trasformarsi in un’azienda di software); 2) L’abilitazione del concetto di community (che dà al cliente un ruolo più attivo); 3) La possibilità di operare secondo le logiche di una piattaforma, in grado di fornire servizi a 360 gradi (come fa Nest, la startup americana – che ha realizzato un termostato intelligente – comprata da Google nel 2014 per 3,2 miliardi di dollari).
«Non possiamo stare lontani dalle tecnologie digitali che stanno innovando il settore energetico» ha successivamente affermato Carlo Giordano, direttore Large Industry Efficienza Energetica di Edison, durante il suo intervento. «Il nostro obiettivo è poter migliorare le performance dei nostri clienti e per farlo dobbiamo utilizzare gli strumenti che il digitale ci mette a disposizione. Con alcuni di loro, ad esempio, attraverso sistemi di data management e analisi abbiamo costruito scambi di informazioni virtuosi».
Chi, insieme a Edison, sta provando a imboccare la strada dell’efficienza energetica è Cogne Acciai Speciali Spa, azienda siderurgica di Aosta. «Al momento la nostra è una storia di poca efficienza energetica – ha spiegato Giulio Bruno, Energy Manager della società – con le nostre apparecchiature consumiamo circa 270 gigawatt all’anno di energia. Insieme ad Edison vogliamo intraprendere un percorso virtuoso, per questo stiamo valutando la stipulazione di contratti di rendimenti energetici EPC (Energy Performance Contract). Una soluzione che, tra l’altro, stiamo già applicando con una startup torinese che ci fornisce un servizio per risparmiare sui pistoni ad aria compressa».
Eppure il processo di innovazione, come succede per la maggior parte dei settori industriali, anche nel campo energetico procede a ritmi più lenti di quanto ci si possa aspettare. Questo nonostante il futuro dell’energia sia digitale. A dirlo è il primo Report sulla Digital Energy in Italia, presentato giovedì 23 novembre a Milano, secondo cui le aziende che non modificheranno in maniera approfondita il loro assetto rischiano di scomparire. Come afferma Vittorio Chiesa – direttore dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano – «L’energia è il prossimo settore in cui la distruption digitale colpirà».
Tra l’altro, parlare di digital energy significa parlare di architetture complesse che oltre ai sistemi hardware e software per il monitoraggio e l’azionamento dei diversi impianti energetici comprendono i sistemi di trasmissione dei dati e l’intelligenza necessaria alla loro elaborazione. Gli apparati fisici che abilitano la trasformazione digitale sono prodotti intelligenti interconnessi che offrono nuove funzionalità e che vengono chiamati IoT, Internet of Things. La vera innovazione però non consiste nella semplice connettività dell’oggetto, ma nella possibilità di interagire con altri oggetti o con l’uomo. Tre sono gli ambiti principali in cui si imporrà il processo di digitalizzazione: Smart Energy&Grid, Smart Manufacturing e Smart Building. E non è un caso se, a livello globale, questi sono anche i settori in cui le startup ricevono i maggiori finanziamenti. Il report, infatti, ha analizzato un campione di 71 realtà innovative, rilevando che l’ambito applicativo dello Smart Building è quello più finanziato (1,5 miliardi di dollari), seguito dallo Smart Grid (477 milioni) e dallo Smart Manufacturing (45 milioni).
Detto ciò, viene da chiedersi quale sia la ragione per cui i processi innovativi delle aziende, in ambito energetico e non solo, siano ancora così lenti? La verità, forse, è che più che mancare gli investimenti manca la cultura dell’innovazione. Manca cioè, tra le figure strategiche di buona parte delle aziende, quella consapevolezza legata al fatto che innovare significa sopravvivere.