Difficile scrivere sulla questione della crisi europea dopo che il vertice dei capi di Stato europei ha approvato un piano da 80 miliardi di euro per evitare il fallimento della Grecia, che però dovrà essere approvato dal Parlamento greco entro mercoledì 15 luglio. Perché oggi siamo venuti a sapere che l’Eurosummit ha decretato l’inizio della fine. Non della crisi infinita, bensì del progetto europeo, e con esso di un sogno in cui avevo/avevamo creduto (Chi dovesse pensare che sto facendo del melodramma, legga per favore Wolfgang Munchau sul Financial Times del 13.07).
Ci sono molte dimensioni di questa situazione che richiedono una spiegazione. Provo ad elencarne almeno alcune per una risposta rapida e sapendo che occorrerà tornarvi sopra con maggior attenzione:
- Il contenuto dell’accordo
- La probabilità che il Parlamento greco lo approvi
- Cosa potrebbe avvenire nel caso lo respinga
- Qual potrebbe essere il destino di lungo periodo dell’Unione Economica e Monetaria (UEM)
1. Il contenuto dell’accordo
Il testo ufficiale dell’accordo è disponibile da domenica pomeriggio: Eurosummit, SN 4070/15. Si noti che la parola ‘accordo’ viene qui usata in modo ambiguo: il testo rappresenta un accordo tra i capi di stato e di governo dei 19 paesi aderenti e, in questo senso, NON è un accordo della Grecia con i 18 austeri. Esso è il testo con cui il Primo Ministro Tsipras si presenterà al parlamento del suo Paese per sottoporlo a discussione e votazione.
Il testo è stato definito da der Spiegel “un elenco di atrocità” contro la Grecia; i suoi estensori vengono definiti “brutali” da Wolfgang Münchau sul Financial Times, Suzanne Moore scrive sul Guardian “La ‘famiglia’ dell’euro ha dato prova di essere capace di vera crudeltà”. Due giornali di destra, uno di sinistra: non è questione di destra o sinistra, è questione di ferocia inaudita. È ovviamente impossibile discutere il testo in dettaglio ora, evidenzio solo quattro punti:
a) A garanzia delle posizioni debitorie del Governo greco deve essere costituito in Grecia un fondo di 50 miliardi di euro (nella prima stesura del documento era scritto che avrebbe dovuto essere costituito in Lussemburgo e gestito non da greci) raccolti con vendita di beni pubblici “di valore” (specificazione nell’originale);
b) Il Parlamento greco dovrà approvare entro due giorni una quantità di richieste contenute nel documento, in gran parte impegni vincolanti a ridurre le pensioni, privatizzare la distribuzione dell’energia elettrica, ecc.
c) Se a giudizio dei creditori, b. sarà stato soddisfacente, allora si potrà cominciare a pensare alla erogazione in tre anni di un prestito di circa 80 miliardi;
d) Siccome l’attuazione di c. prenderà svariate settimane, e previa la conclusione di b., è prevista l’erogazione di un finaziamento-ponte per il rimborso dei debiti in essere verso il Fmi.
My take? Drammatico. Presiti per pagare prestiti, ad infinitum. E potenzialmente l’appropriazione di patrimonio nazionale! Non vorrei essere un parlamentare greco.
2. La probabilità che il Parlamento greco approvi la bozza del documento è inconoscibile. Vero è che il Presidente Tsipras ha ottenuto dai partiti Potamos (centro) e Nea Democratia (destra) l’accordo a trattare, e che dunque questi potranno presumibilmente sostenerlo in Parlamento. Ma la perdita di supporto nel partito di maggioranza relativa, Syriza, potrebbe essere significativa. E, in ogni caso, i ‘rabbiosi’ potranno sempre dire che la maggioranza è stata risicata, o non so: non mi aspetto niente di buono;
3. Se il Parlamento greco dovesse rigettare i termini della proposta si aprirebbe per il popolo greco un periodo di sofferenze indicibili. Del resto, l’ex Ministro delle finanze Varoufakis lo aveva scritto: “Schäuble è determinato a non risparmiarci alcuna sofferenza”. Le problematiche sono quelle che si possono leggere ovunque: necessità del passaggio ad una nuova moneta, conseguenti difficoltà di approvvigionamento sui mercati internazionali, presenza di più vlaute contemporaneamente sul territorio nazionale,,,,
4. Infine, gli effetti di medio e lungo periodo sull’UEM e sull’UE. Beh, sono momenti che segnano la storia, questi, e le parole tendono a non ubbidire ai freni inibitori. Occorre invece molta cautela. (O forse è un male essere prundenti?)
Dal punto di vista strettamente economico, il risultato principale della formulazione del documento di cui stiamo parlando (l’accordo) è che per la prima volta in sedici anni il concetto che l’appartenenza all’euro sia irreversibile è stato smentito. Nel piano Schäuble reso noto sabato 11 luglio ma risalente al 2011 era già previsto un periodo di ‘uscita temporanea dall’euro’. Ora, che questa possibilità sia stata concepita in un ministero delle finanze, è incredibile. Che cosa diviene l’Euro se da esso si può recedere o, meglio, far recedere i paesi membri che non si conformano esattamente alla visione tedesco-finno-olandese-slovacca-estone del processo di costruzione dell’Unione europea in Unione Economica e Monetaria?
E poi, che cosa si intende per ‘temporanea’? Esistono forse solo due possibilità: o l’uscita di un Paese membro si traduce in un successo, come alcuni pensano potrebbe avvenire grazie alla riguadagnata libertà dalle imposizioni austere, e allora quel paese non vorrà mai rientrare, e anzi sarebbe di stimolo per altri a percorrere lo stesso sentiero; o l’uscita ‘temporanea’ si traduce in un disastro, come io credo avverrebbe, e in tal caso saranno i paesi ‘rimasti dentro’ a non consentire la riammissione del paese ‘uscito temporaneamente’. Un paese povero in più, una comunità in sfacelo.
No, non la vedo bene. Congratulazioni austeri!