Tra pochi giorni si vota in 1.342 comuni, tra cui Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna e per la Regione Calabria. Migliaia di candidati sono in campo, ma pochi tra loro si sono accorti di una importante novità che riguarda tutti noi politici online.
Il 2 settembre
una sentenza della CEDU,
la Corte europea dei diritti dell’uomo, ha stabilito che il politico è responsabile se permette la diffusione di commenti di terzi che incitano all’odio o alla violenza.La CEDU ha ribadito che la libertà di espressione va garantita, ma in essa non rientrano i commenti che incitano all’odio. Anche se fatti da terzi, essi vanno prontamente cancellati: “Poco importa che un politico pubblichi un post non discriminatorio, se poi lascia sulla sua pagina un commento classificabile come incitamento all’odio.” Il tutto poi, secondo la Corte è ancora più grave se avviene in campagna elettorale.
Questa sentenza è importante, perché fornisce ai giudici nazionali i criteri per sanzionare chi permette la diffusione di messaggi di odio, anche senza esserne l’autore. Tuttavia, essa apre molte domande e lascia diversi dubbi. Ecco i principali:
• la CEDU introduce di fatto il principio della responsabilità oggettiva. Come può un politico essere condannato penalmente per commenti, che sono stati considerati dai tribunali di natura illecita, ma di cui non è l’autore? Che fine fa il principio della responsabilità penale personale?
• stando così le cose, se voglio penalizzare un avversario politico basterà scrivere cose aberranti sotto un qualsivoglia post, magari usando un account fake?
• la sentenza di fatto equipara il titolare di un account Facebook al direttore responsabile di una testata giornalistica.
È una cosa che può stare in piedi, pur considerando, come è scritto nella sentenza, “la natura pubblica della bacheca dell’account Facebook”?
Sono un accanito sostenitore dell’uso responsabile dei social, soprattutto da parte di coloro che ricoprono incarichi istituzionali. A questo tema ho anche dedicato parte del mio ultimo libro, “Social è responsabilità!”.
A ciò aggiungo che da un punto di vista prettamente comunicativo consiglio sempre di monitorare i commenti. Però questa sentenza mi lascia dubbioso anche per un’altra questione. Fatto salvo il caso di espliciti insulti o atti ostili, è molto complicato distinguere dove una forte e legittima critica sconfini nell’incitazione all’odio.
Vedremo se ci saranno ulteriori sviluppi. Nel frattempo, ricordo che la sentenza “Sanchez contro Francia” depositata il 2 settembre riguarda la vicenda di un sindaco, candidato del Front National alle elezioni politiche. Quindi, candidati alle imminenti elezioni amministrative, tenete d’occhio i commenti!