Chi segue lo sviluppo dei miei pensierini sa che sto ben attento a tenere separate fede e ragione, e che in apertura di ogni riflessione cerco di fornire il quadro concettuale entro cui pensiamo – un quadro che, ovviamente, sostengo essere diverso da quello entro cui dovremmo pensare.
Dunque, tassi di interesse negativi. In data 17 aprile, tutte le obbiligazioni del governo tedesco con scadenza inferiore a dieci anni pagavano rendimenti negativi, e il decennale pagava un rendimento di poco superiore allo 0% ed è sulla strada del negativo anch’esso. Pochi giorni fa la Banca Nazionale Svizzera ha emesso debito nuovo a rendimento negativo. Perfino nei Paesi ad altissimo indebitamento, assoluto e relativo al pil, come l’Italia, i rendimenti sono bassissimi e discendenti. Come pensiamo a questo fenomeno, mai visto prima su questa scala?
Torniamo a come pensavamo prima del 2007, prima dell’inizio di quella Grande Recessione che ci ha portato a questa situazione. Quel che insegnavamo era che il rendimento di un’obbligazione, il ‘tasso di interesse’ in generale, è il ‘costo opportunità del detenere liquidità’, cioè il costo che il debitore paga al creditore per compensarlo della perdita (presumibilmente temporanea) di liquidità che quest’ultimo subisce proprio perché la da a prestito. Da un altro punto di vista l’interesse, che assume la forma di cedola, è una forma di garanzia che almeno una parte del capitale verrà rimborsata ad intervalli periodici a partire da subito dopo l’emissione dell’obbligazione, così che il creditore possa vedersi rimborsato in parte ben prima della scadenza del contratto. La liquidità, messa a disposizione dai privati o immessa nel sistema delle banche commerciali dalla Banca centrale, veniva ‘trasformata’ in credito per le imprese ele famiglie.
Bene. Limpido. Ci credevamo. O meglio, sembrava tanto razionale che eravamo indotti a crederci. Poi viene l’agosto 2007, le banche cessano di darsi soldi a prestito a qualunque tasso di interesse, crisi del credito. Le banche centrali alluvionano il mondo di liquidità, i tassi di interesse con cui esse erano abituate a guidare l’offerta di moneta vanno a zero, entriamo in trappola della liquidità. Cioè? Cioè i tassi di interesse sono talmente bassi, al limite dello zero, che politiche di ulteriore espansione della liquidità non hanno effetto sul mercato del credito. Diciamo, in gergo, che ‘il meccanismo di trasmissione della politica monetaria non funziona più’. Vero? Falso? Boh.
Occorerebbe avere una teoria adeguata a questa nuova situazione, ma le teorie non crescono nei boschi, esse sono il frutto della riflessione di menti specializzate che ragionano a partire dall’osservazione della realtà. La quale realtà, ci spiega tra tanti anche il Talmud Bavlì, noi non vediamo come è, ma come siamo… il che rende l’impresa ardua, ma di meglio non possiamo avere, e quindi procediamo.
Una comparazione tra andamento delle espansioni monetarie degli ultimi sei anni in Usa e in UEM (no, non in Europa, sarebbe metodologicamente scorretto, solo UEM con la sua moneta unica) mostra che l’espansione monetaria negli Stati uniti è stata molto, molto più aggressiva di quanto non sia stata in UE. Eppure (dato non mostrato nel grafico qui sotto)i tassi di rendimenti in quel paese sono molto bassi ma non negativi. Perché da noi sì e da loro no?
Ce lo spiegano i libri di testo. In un contesto di prezzi poco flessibilii, la cui crescita dal 2009 è sempre più lenta, l’eccesso di liquidità può essere riassorbito mediante l’aumento della domanda di quella liquiditià. Banale, no? E da dove viene l’aumento della domanda di liquidità? L’enorme offerta di liquidità da parte della FED è stata accompagnata negli Usa da forti stimoli alla spesa da pare del Governo federale, stimoli che hanno indotto una crescita del Pil che oggi viene prevista essere nell’intorno del 3% nel 2015 e nel 2016. E in UEM? In UEM i governi austerizzavano, l’eccesso di offerta non è stato riassorbito da aumenti della domanda, e i tassi sono sotto lo zero: sorpresa? Non direi. C’è troppo liquidità in UEM? Si, per colpa dei governi.
Si chiede: ma che fine fa tutta questa liquidità? Io dico, solo una piccola porzione va alle famiglie e alle imprese. Quanto al resto, chiediamolo al settore finanziario, alle banche, commerciali e di investimento, ai fondi, agli intermediari del sistema bancario ombra.
Di tutto questo, di QE e dei suoi potenziali effetti sulla coesione dell’UEM, sulle famiglie e sulle imprese, sui prezzi e sulle banche stesse, parleremo con il Professor Marco Giorgino in MIP il 23 aprile dalle 19:00. Dove speriamo di poter salutare i lettori di Economyup. Registratevi qui
* Fabio Sdogati è docente di Economia Politica al Politecnico di Milano