Nel tappeto macchiato da disperazione e dalla retorica degli economisti improvvisati, che dopo 6 anni la crisi economica ci ha srotolato addosso, alcuni segnali positivi cominciano ad emergere. In primo luogo, la modifica radicale del nostro modello produttivo: la crisi, da finanziaria, distante e “per tecnici”, è diventata crisi sociale e istituzionale. E’ entrata nelle famiglie, ne ha ridotto la capacità di spesa, ha provocato il crunch finanziario, ha aumentato il conflitto sociale. Ma soprattutto ha dimostrato l’insostenibilità dei modelli economici dominanti e dell’eccesso di consumismo. La soluzione sta in modo spontaneo emergendo; le imprese cominciano a riequilibrare il fattore del profitto con quello della responsabilità sociale e con un rapporto virtuoso con i territori. E quelle sane stanno imparando a prendersi cura degli altri. L’attenzione verso la CSR, da fatto di marketing e operazione di facciata, sta diventando vero patrimonio reputazionale delle imprese.
Una seconda eredità riguarda i giovani e si è presentata con caratteristiche contraddittorie: da un lato il “muro” generazionale eretto sul loro futuro, con la fuga ininterrotta dei migliori cervelli e l’affanno esistenziale, per chi resta, nel far prevalere i criteri del talento e del merito; dall’altro, un darwiniano istinto di sopravvivenza e di miglioramento della “specie”, che vede protagonisti i giovani, grazie a un movimento “dal basso” che sfrutta al massimo la tecnologia e le dinamiche del web 2.0 per promuovere l’imprenditorialità’ e l’hi-tech.
E’ ormai evidente come il territorio dell’innovazione in Italia, ancora inesplorato e trascurato, sia assolutamente vivace e anticiclico e la crescita del numero di start up e di correlate operazioni di venture capital su cervelli e idee innovative lo dimostrano. L’’ultimo Report Annuale Istat Maggio 2013 ci conferma il trend: i giovani non sono così disperati e investono nel loro futuro, credono al networking e nella capacità di convertire i loro sogni in progetti.
Insomma, i talenti non depressi, possono aiutare l’economia depressa a risollevarsi.
Siamo quindi di fronte a una duplice necessità . La prima è indicare alle imprese quale sia il miglior up-grade produttivo (ma anche etico) per restare sul mercato e “incidere” al meglio nel contesto sociale in cui operano. La seconda è dare risposte concrete ai giovani evitando fatalismi e opportunismi di basso profilo, per risolvere il corto circuito generazionale e sostenere i più brillanti e innovativi.
Sembrano due microcosmi distanti, eppure esiste un’idea di sviluppo che tiene assieme la nuova “anima” del modello produttivo: la “venture philantropy”, un nuovo approccio nel sostegno (concreto) alle iniziative imprenditoriali.
Questo è il progetto di SVP (Sicilian Venture Philantropy) Foundation, che vuole spingere al “give back” gli imprenditori sani che resistono innovativamente sui mercati malgrado la crisi e che sono in grado di mettere in circolo capitale ed energia positiva fuori e dentro la Sicilia. L’obiettivo? Far diventare la Sicilia un’immensa isola-hub per le start up più innovative e meritevoli del Paese e contaminare positivamente con questo progetto il resto della società italiana.
Non è un modello utopico, distante anni luce sia dall’impasse della nostra economia, sia dalla sordità della nostra politica, ma un contenitore concreto di vivacità e proposte condivise, dove l’imprenditoria e la finanza più illuminate riescono a tenere insieme responsabilità sociale d’impresa, rivoluzione del modello produttivo e una nuova etica territoriale. Questa ci sembra una risposta efficace per ridare una fiamma di fiducia nel futuro.
Elita Schillaci è Professore ordinario di Imprenditorialità, Nuove Imprese e Business Planning – Università di Catania