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STEM e digitale, le donne sono ancora indietro: quali sono le barriere e come superale



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Solo il 16% delle donne lavora nel digitale e il 35% sceglie lauree STEM. Eleonora Faina, DG di Anitec-Assinform, evidenzia barriere culturali e stereotipi ancora forti. Aziende e istituzioni devono agire per ridurre il divario, offrendo formazione e modelli femminili d’eccellenza. “Il talento non ha genere, servono fiducia e determinazione”

Pubblicato il 7 mar 2025

Antonio Palmieri

Fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido



donne e tecnologia

Donne e tecnologia, a che punto siamo? Eleonora Faina, direttrice generale Anitec-Assinform, questo 8 marzo 2025 come vede la situazione delle donne nel settore tecnologico in Italia?

“I dati Istat ci dicono che siamo ancora piuttosto indietro rispetto agli uomini: solo il 16% delle donne opera in ambito digitale. Se guardiamo anche i trend sulle lauree Stem, ancora facciamo fatica: solo il 35% delle ragazze si laurea in Stem. La maggior parte sceglie materie umanistiche o scienze sociali. Nel nostro osservatorio sulle competenze digitali, vediamo per esempio come anche in ambito intelligenza artificiale, il divario uomo donna in termini di formazione occupazione continua a essere persistente”

Donne e tecnologia, le barriere che ci sono ancora

Deve sapere che per diversi anni ho giocato a scacchi da tesserato: le donne scacchiste erano pochissime e ancora oggi è così. Può darsi che, come per gli scacchi, il digitale sia un ambito prettamente da maschi? 
“Lei ama l’ironia, come è noto, e la sua è una domanda trabocchetto. Il settore digitale è un settore assolutamente adatto al lavoro femminile, anche perché differentemente dall’edilizia o dalla manifattura che richiedono forza fisica notevole si concentra sulle capacità intellettuali. Richiede forte capacità di adattamento, pensiero laterale collaborazione con altri team, tutte capacità che le donne hanno in abbondanza (come dimostrano le storie di 18 “nerd” che hanno fatto la storia, ndr.)

Donne e tecnologia, dove sta allora la difficoltà? Quali barriere persistono ancora?
“La difficoltà credo sia puramente culturale. Siccome il talento non si distribuisce per genere quello che fa la differenza è la determinazione delle donne a uscire da una zona di comfort, che ci vede spesso relegate in ambiti ritenuti più attinenti a noi, provando a esplorare nuovi campi. Nel digitale i lavori sono intensi, occupano molto tempo e però permettono anche una progressione di carriera importante, molto di più di tanti altri settori oggi in difficoltà.

Eleonora Faina, direttore generale di Anitec – Assinform

Per uscire dalla zona di comfort spesso sono utili esempi pubblici. Quali figure femminili considera esempi di eccellenza nell’innovazione tecnologica in Italia e perché?
“Abbiamo tantissime donne eccellenti in questo campo. Citiamo sempre Fabiola Giannotti e Samantha Cristoforetti, ma ci sono manager negli Stati Uniti, penso alla CEO di YouTube o a diverse ricercatrici a Stanford o nelle primarie università USA che stanno letteralmente rivoluzionando il modo in cui pensiamo alla tecnologia. Ci sono tantissime donne che soprattutto all’estero hanno acquisito ruoli chiave nelle aziende non solo come manager ma come informatiche. Il problema è che non le conosciamo, perché non sono italiane.”

Donne e tecnologia, gli stereotipi di genere

Torniamo al punto. Quanto pesano ancora gli stereotipi di genere nell’approccio alla tecnologia, sia nelle aziende che nella società?
“Beh, direi moltissimo. È la ragione vera per cui le ragazze oggi non guardano con sufficiente interesse alle materie tecnologiche e alle Stem. Penso a me giovane e penso alle bambine e alle ragazze che ho incontrato in questi anni: tutte le volte è come se non avessimo fiducia nelle nostre capacità, vedessimo questo settore come noioso, per nerd, magari non sufficientemente creativo o alla nostra portata. È un modello sbagliato che ci portiamo dentro.”

Quali azioni stanno implementando le aziende del vostro network per superare questo stato di cose in fatto di donne e tecnologia?
“Devo dire che le nostre aziende si sforzano di acquisire talenti femminili e di farli crescere, con iniziative come “Donne training Stem” nelle scuole, attività di orientamento, forum, incontri, hackathon solo per ragazze, borse di studio: ci sono moltissime iniziative che vanno a scovare le giovani e a far diventare per loro una passione occuparsi di digitale. Nel Premio Innovazione che ogni anno promuoviamo con il Ministero dell’istruzione e del merito abbiamo previsto che le classi che partecipano al progetto abbiano una quota di ragazze. Abbiamo lanciato una scuola in data science che va nei licei e che coinvolge le ragazze nei progetti di formazione. Abbiamo aderito al progetto “Steamiamoci” insieme a tante altre associazioni di Confindustria proprio per facilitare l’accesso delle donne alle Stem con iniziative di carattere nazionale che andranno su tutto il territorio italiano e abbiamo anche supportato hackathon con il Politecnico di Milano solo per le ragazze che vogliano testarsi in ambito digital. È anche importante che molte di queste iniziative vengano proprio promosse da donne informatiche nelle scuole.

Può farmi qualche esempio?
“Penso al caso di IBM o al caso di Leonardo o di HPE, solo per citarne alcune. In altre realtà sono proprio le donne a guidare la trasformazione nelle aziende e poi ci sono anche politiche di recruitement: per esempio chiamare sempre delle donne nei colloqui impone di dare loro un’opportunità alla pari di essere selezionate.”

A che età cominciare con la tecnologia

In tema di conciliazione famiglia e lavoro, invece, a che punto siete?
“Ovviamente ci sono tutte le condizioni professionali che facilitano la conciliazione vita familiare e lavoro, e nel nostro settore sono tante, aiutano: Dal lavoro da remoto, al supporto per le spese per gli asili nidi, ai congedi parentali paritari. Tutte iniziative che in realtà riguardano la famiglia (senza distinzione di sesso) ma che ancora oggi vengono pensati per facilitare la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Non ci si può nascondere che la competizione sia dura, soprattutto quando devi conciliare vita personale e lavoro. E ancora oggi vediamo che affidare ruoli di responsabilità alle donne è spesso una sfida, perché implica riallocare le responsabilità, non solo in ufficio, ma anche dentro casa.”

Facciamo un passo indietro. In base alla sua esperienza, a che età bisognerebbe iniziare a stimolare l’interesse delle giovani donne verso la tecnologia?
“Da quello che ci dicono le aziende e i dati, prima si comincia è meglio è. È un po’ come interessarsi alla letteratura: non c’è un’età, il problema è sempre il come. Dobbiamo spiegare alle ragazze che quello che è interessante è capire come funzionano le cose e gli strumenti che usano tutti i giorni.”

Eppure tutta la retorica sui nativi digitali ci dice che le nuove generazioni già sanno tutto…
“Essere nativi digitali vuol dire avere una facilità nell’utilizzo dei tool digitali e dei device ma è tutt’altra cosa. Già dalle elementari bisogna far capire loro che la tecnologia non è solo uno strumento, ma è una modalità di concepire in maniera innovativa anche le cose che ci piacciono di più e che quindi può essere a portata di tutte. È importante però, avere professionisti ed esperti che già nelle scuole primarie spieghino correttamente ai bambini il valore del digitale, il funzionamento di queste tecnologie, insegnando loro ad usarle in tutti i contesti in maniera sicura, adeguata alla loro età. Insegnare questo e allenare il pensiero critico dei giovani è sempre la strategia migliore, anche per prevenire gli abusi e situazioni pericolose”

La retorica delle influencer e lo studio delle materie tecnologiche

A tal riguardo, tra i principali ostacoli culturali che ancora allontanano le ragazze dallo studio e dalle carriere tecnologiche, non vi è anche tutta la retorica delle influencer?
“Per le ragazze il digitale è spesso sinonimo di influencer. Per questo dobbiamo partire dalle famiglie e dagli stessi professori affinché si sforzino di spingere le ragazze a appassionarsi alle Stem. È una questione culturale. Non si capisce perché studiare giurisprudenza o studiare arte sia una cosa da donne mentre ancora per tante famiglie invece studiare ingegneria è una cosa da uomini. Nel 90% dei casi questo è frutto delle convinzioni familiari e dei modelli che si hanno in casa. Per questo abbiamo bisogno di modelli positivi da raccontare, che dimostrino come si può essere una donna, una madre una professionista non solo facendo l’avvocato o la maestra o la parrucchiera ma anche facendo l’ingegnere informatico. E poi dobbiamo smettere di pensare che i lavori di cura siano lavori da donne. Tantissime giovani in Italia abbandonano lo studio universitario o specialistico per questo. È un enorme problema, che tiene le donne fuori dalle professioni che sarebbero più adatte a loro, con effetti sulla crescita economica, sull’integrazione delle future generazioni nel mercato del lavoro, con effetti che si ripercuotono anche in ambito familiare.”

Tutto qui?
“No. Le aziende possono portare testimonianze e anche spendere risorse economiche per investire in questi giovani talenti, ma la spinta deve venire dalle istituzioni con programmi adeguati all’orientamento delle ragazze, facilitando la contaminazione nelle scuole con le imprese sin dalle scuole primarie e fino alle medie, dove accade effettivamente la divaricazione tra ragazzi e ragazze. Servono campagne di sensibilizzazione anche pubbliche che dai social ai media tradizionali invertano un paradigma di pensiero. Dopodiché per tutto il resto ci sono le politiche pubbliche per le famiglie: nulla che già non si conosca, ma che facciamo estrema fatica a tradurre in realtà.”

Qualche consiglio per una giovane studentessa interessata alla tecnologia

Quali consigli darebbe a una giovane studentessa interessata alla tecnologia ma intimorita da un ambiente ancora prevalentemente maschile?
“Di non avere paura, perché le donne hanno delle capacità eccezionali di adattamento, di creatività, di costruzione del pensiero laterale, di coordinamento di più attività contemporaneamente. Poi, onestamente, non è una lotta tra i generi: siamo diversi ed è un bene!” 

Assolutamente! Un bene primario da salvaguardare…
“Però dobbiamo avere capacità di determinazione di noi stesse, la fiducia nelle nostre capacità e la voglia di cambiare il mondo che ci circonda. Sono tanti i contesti in cui le donne fanno fatica ad affermarsi, altrimenti non avremmo un divario di genere così conclamato in Italia: si tratta di crederci di più, non mollare e ripetersi ogni giorno che il talento non è distribuito per genere.”

Guardando al futuro, quali cambiamenti prevede nei prossimi cinque anni per quanto riguarda il rapporto tra donne e tecnologia in Italia?
“Ho molta fiducia nelle nuove generazioni, così come lei, visto che la Fondazione Pensiero Solido ha lanciato il progetto “Economia Circolare delle Competenze, basato sulla fiducia sui giovani. Per questo credo che nei prossimi anni le ragazze, nonostante il calo demografico, riusciranno a essere protagoniste nel settore digitale. Tuttavia…

L’ottimismo non si sposa bene con un “tuttavia”…
“In questo caso sì, perché la nostra sfida è anche accompagnare le donne più adulte, sia che occupino già posizioni in alcune aziende sia che invece svolgono lavori in ambiti diversi o attività di cura, a entrare nel mondo della tecnologia e a trovare magari lavoro in questo campo. D’altronde la tecnologia è ovunque, non solo nelle aziende tecnologiche.”

Chiudiamo con una nota personale. Com’è il suo rapporto personale con la tecnologia?
“A me piace e incuriosisce. Non ho una formazione Stem ma sono sempre affascinata da come le cose che un tempo facevo in un modo, oggi le faccio meglio e più velocemente con la tecnologia e con l’informatica. Mi dispiace non aver studiato ingegneria o matematica, però sto cercando di rimediare occupandomene con un ruolo diverso e cercando di beneficiarne nella mia attività quotidiana.”

Che cosa le piace e cosa no del suo lavoro attuale?
“Credo fortemente nel progresso tecnologico come abilitatore di progresso sociale. Il digitale, nonostante le sue complessità, è essenziale per far sì che nel futuro giovani e giovanissimi abbiano occupazione, per rimuovere i divari sociali, per consentire alle persone mature di avere una vita dignitosa e in salute. La tecnologia sta trasformando il mondo della sanità, della ricerca scientifica, dell’agricoltura e di tutti gli ambiti che qualificano l’economia di un paese e la sua struttura sociale. Per questo occuparmi del digitale mi dà l’occasione di occuparmi di cose che mi piacciono molto, ma anche di avere un impatto piccolo, piccolo, sul mondo che ci circonda. Inoltre mi piacciono le persone con cui lavoro: il mio team, la quantità di persone che ho incontrato in questi anni che mi hanno aperto la testa sul mondo e che ogni giorno mi danno un motivo per fare di più e per appassionarmi. È qualcosa di impagabile e che credo essenziale per tenere duro per tutti gli anni di lavoro che avrò davanti, e che non sono pochi.”

Però nelle umane vicende c’è sempre anche il rovescio della medaglia…
“Nel mio caso ho un po’ di frustrazione nel vedere la fatica e i tempi lunghi con cui accadono le cose. Il fattore tempo acquisisce sempre più valore: non dovremmo perdere tempo prezioso, soprattutto quando sappiamo cosa dobbiamo fare e sappiamo quali sono le proprietà per dare ai giovani, ai lavoratori di oggi e anche ai nostri anziani una prospettiva di benessere, di crescita economica e di sicurezza sociale. Mi dispiace quando noto la mancanza di consapevolezza e di senso dell’urgenza, soprattutto da parte delle istituzioni politiche che fanno fatica a convergere verso posizioni unitarie rispetto a temi che non sono di nessun colore. Credo fortemente nella politica, ma credo debba essere sempre accompagnata da un’attenta analisi della realtà, dei fatti e dei numeri.”

Ultima curiosità. Come è composto il suo gruppo di lavoro? Non mi dica che siete tutte donne…
“La tranquillizzo. Siamo praticamente pari, nove donne e sette uomini. Tante mie colleghe sono madri di ragazze: a loro dico di instillare fiducia nelle capacità, di dare loro consapevolezza nei propri mezzi. Aggiungo che mi piace aver bilanciato giovani ragazze e giovani ragazzi all’interno di un team che aveva già figure esperte: questo mix di innovazione fatta dai giovani e di esperienza fatta dai senior si sta rivelando essenziale per guardare al futuro con i piedi sulla terra e con uno sguardo consapevole al passato.”

Anche questa è Economia Circolare delle Competenze. Grazie Eleonora, buon 8 marzo!

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