Per una Indesit che va all’americana Whirlpool c’è una GTech (per molti ancora Lottomatica) che conquista l’americana Igt. Se il passaggio di mano dell’azienda di Fabriano segna la fine di una lunga crisi (e il declino industriale di un’importante famiglia imprenditoriale italiana), l’operazione condotta sul mercato dei giochi on line rappresenta un’audace puntata, quasi 5 miliardi di dollari, per la leadership mondiale da parte di un gruppo che ha effettuato una veloce ed efficace muta digitale. Tutto bene, tutto si bilancia? Non proprio
Inutile un giorno stracciarsi le vesti per il Made in Italy che perde pezzi e quello dopo esultare se un’azienda italiana assesta un bel colpo. Nel 2014 non ha senso: i mercati sono globali, i capitali ancora di più, il controllo è un concetto che forse ha perso cittadinanza anche nelle Mediobanche. Quello che conta è chi fa cosa e dove. Le aziende italiane di successo, gli imprenditori italiani di talento, i manager italiani capaci ci sono in Italia e non solo. Un po’ meno forse c’è l’Italia, quello che si diceva una volta il Sistema Paese. Perché il vero tema è questo: quanto siamo attraenti? E non solo per gli stranieri ma anche per gli italiani…Per quanto tempo ancora riusciremo a tenerci le nostre migliori cose? E qui non si parla solo di proprietà. Seguiamo i due casi di cronaca.
Whirlpool salva Indesit e mantiene la produzione in Italia. Tutti felici…L’unico rischio che corriamo è quello di diventare la prossima Cina, quella della qualità e dell’artigianato. Come per il digitale dalle parti di Silicon Valley cominciano già a considerarci una sorta di altra India. Sarebbe stato meglio che Indesit provasse a comprare Whirlpool o altri. Ma non è stato cosi. Inutili fantasie? Beh, non proprio: è quello che ha fatto Fiat con Crysler.
Ma dopo che cosa è successo? Che Fiat più diventa globale, meno sente la necessità di stare in Italia. Anzi, il vantaggio o la comodità. Che è quello che accadrà anche con GTech, ex Lottomatica. Dalla fusione con Igt nascerà un nuovo gruppo con sede a Londra e quotato a Wall Street. Addio quindi Piazza Affari, addio Milano. Potremo essere fieri come italiani di avere un pezzo di dna nazionale nel campione mondiale dei casinò on line (la De Agostini di Novara, si dice ancora così ma da quelle parti ormai fa pochino…), ma come Italia dovremmo forse preoccuparci. Non siamo e non dobbiamo essere un paradiso fiscale ma non riusciamo neanche ad essere l’Irlanda o la Gran Bretagna. Non ci sono le Apple o le Google che vengono a installare qui i loro headquarter europei e gli italiani bravi, creativi e audaci appena conoscono il mondo preferiscono stabilirsi altrove. E non stiamo parlando solo dei giovani…(g.io)