Quando, parlando con dei colleghi, ho detto che avevo intenzione di scrivere sulla sanità, il più giovane (e ingenuo) mi ha detto: “Ma allora, prof, ha intenzione di rispondere al tale (non so chi, ma italiano) il quale ha detto che…?” No, non ho intenzione di prendere parte al dibattito italiano, il quale si distingue per mille aspetti negativi ed uno solo positivo: l’intervento del mio collega e amico Mariano Corso, il quale ha detto semplicemente “Una rivoluzione digitale della sanità potrebbe fornire 15 miliardi di euro di benefici all’anno”. Gente che pensa ai ‘tagli’, gente che pensa al futuro. Semplice.
Intendo invece prendere spunto dalla giornata della copertura sanitaria universale e dalla dichiarazione degli economisti al proposito, primo firmatario Larry Summers di Harvard, già presidente della stessa Università e primo presidente dell’Economic Coucil con Obama. E, presumo, comunista che rema contro, visto che ha a cuore la copertura sanitaria per tutti e per tutte, dovunque, cosa che i veri democratici, come Donald Trump, vedono invece come un problema che si può lasciare al mercato:
“For the most part, it’s going to be a private plan,” […]. “People are going to be able to go out and negotiate great plans with lots of different competition with lots of competitors with great companies and they can have their doctors. They can have plans. They can have everything.”
Allora, come dovremmo pensare alla copertura sanitaria universale se fossimo degli economisti? Voglio dire che tutti, anche io, abbiamo il diritto di pensarci in termini umanitari, di giustizia (o ingiustizia) sociale, religiosi. Ma io voglio qui ragionarci da economista. E stavolta la distinzione tra il micro economista che si occupa di individui e di singole imprese, e il macroeconomista che si occupa dell’economia nel suo complesso, sfuma, e il ragionare tende a divenire uno. Ovviamente, non entro nella questione ‘pubblico’ o ‘privato’. E, attenzione, voglio pensarci in maniera strasemplice, quasi ‘per esempi’. Sperando di aiutare a riflettere correttamente su quale costo immenso rappresenti l’assenza di copertura sanitaria.
1. Giornate di lavoro perse per ragioni collegate alla malattia e alla gestione dei diversi aspetti che essa coinvolge: visite a medici e ospedali, tempo di trasporto, ecc. Una considerazione semplice come questa consente già di vedere che persone più sane passano meno tempo ‘in malattia’, richiedono meno mobilità urbana, non producono ulteriori ‘richieste di permessi’ per coniugi, parenti, conviventi…. E, si badi bene, questo porta alla perdita di produzione di ricchezza! (I non economisti tendono a sottovalutare il fatto che un giorno di lavoro perso è un giorno di prodotti e servizi persi. Per tutti. Per sempre.)
2. Riduzione della capacità di apprendimento. Indipendentemente da qualunque altra variabile di stato, una persona in situazione di apprendimento ha una ‘resa’ inferiore quando non sta bene, quando mangia male, quando perde occasioni (es. giorni di scuola) perché malata. E lo stesso avviene tanto più spesso quanto più spesso è l’adulto di riferimento a star male. Questo implica, brutalmente, che a parità di tutte le altre condizioni il patrimonio culturale della persona malata sarà più povero, meno organico, di quello accumulato da una persona in salute. In breve: costruire il futuro affidandolo a giovani generazioni sane e istruite è ben diverso da…
3. I costi della copertura precauzionale. Si immagini il costo per l’azienda del dover tenere delle ‘riserve’ pronte a sostituire gli assenti per malattia. L’esempio che sto per fare moltiplica poi questi costi: insegnante assente per malattia, classi cancellate il primo giorno, perdita di attività educativa, supplente dal secondo giorno in avanti…Tutti sanno quanto cada la capacità di apprendimento quando questo avviene;
4. La cura degli ‘anziani’. Quello di ‘anziano’ è uno stato che dipende dalla copertura sanitaria di cui si è goduto o meno (qualcuno mi dirà che è anche un fatto ereditario: e della dieta che uno ha seguito congratulazioni). A parità di tutte le altre condizioni, un ‘anziano giovane’ comincia presto a dover fare ricorso al supporto di chi lo circonda, che comincerà a chiedere permessi… oltre che delle strutture sanitarie disponibili nella sua comunità. Un ‘anziano anziano’ comincia ovviamente più tardi. Quesito: cosa ci conviene, anyone? Un anziano giovane costa molto, un anziano anziano meno. Che è brutale, ma l’economia è una scienza triste.
Due parole sulla digitalizzazione nella sanità cui si accenna all’inizio citando Mariano Corso. Esempio quasi sciocco, nella sua semplicità, ma lo spirito oggi è essere semplici al limite dell’offensivo. Esistono ospedali e centri di diagnostica che ti mandano i risultati per posta elettronica. Allora tu non chiedi il permesso per andare a ritirarli. Vai a casa, li guardi (o meno, decidi tu), e li giri al tuo medico curante (cosa che talvolta fa già la struttura sanitaria, se chiedi loro di farlo). Il tuo medico ti risponde in due modi: caro Lei, è andata bene, non venga a far code, non intasi inutilmente i mezzi pubblici, non chieda di uscire prima dal lavoro (questa opzione farà arrabbiare quelli che, nel nostro paese, parlano preoccupati delle ’analisi inutili’ senza rendersi conto della propria stupidità). Oppure, dirà il medico curante, caro Lei, è andata male, bisogna che ci vediamo (è andata male per il paziente, ma strabene per coloro che sostengono che le analisi debbono essere utili, se no sono inutili. Mah).