“Le società benefit rappresentano quel modello d’impresa che dobbiamo promuovere e sostenere proprio perché integra la ricerca del profitto con una strategia attenta agli aspetti sociali, come il bene comune, l’ambiente e la comunità locale.”.
Per le società benefit il Ministero dello sviluppo economico mette a disposizione 10 milioni euro: 7 milioni per il credito d’imposta e 3 milioni finalizzati ad attività di promozione. Il credito d’imposta copre il 50% dei costi di costituzione o trasformazione in società benefit, compresi quelli notarili e di iscrizione nel registro delle imprese e le spese inerenti all’assistenza professionale e alla consulenza.
“Si tratta di un segno concreto e importante di attenzione per un modello di impresa che rimodella la società, perché tiene insieme sostenibilità economica e sostenibilità ambientale e sociale”, mi dice
Mauro Del Barba il collega deputato e “papà” della normativa per le
società benefit.Come hanno mostrato le testimonianze al nostro convegno del 16 novembre, le società benefit non hanno limiti di attività. Si passa da
Olio Carli alle società del digitale, come hanno testimoniato
Andrea Rangone con la sua
Digital360,
Sara Serafini con
The good in town,
Marzia Farè per
Eolo e
Antonella Grassigli con
Doorway.
Ci sono esempi di società benefit in tutti i settori. “L’economia sociale è una economia full impact – ci ha detto al convegno Marco Morganti, responsabile della direzione impact di Impresa Sanpaolo – perché il suo obiettivo è realizzare impatto sociale, realizzare bene comune. Quindi finanziare bene questo tipo di economia significa fare impatto, vale a dire passare dalla priorità del profitto a sé stante, a un profitto che comunque rimane prioritario ma è mirato a ottenere un obiettivo sociale”.
Un obiettivo sociale che si trasforma in quella che amo definire la “convenienza del bene”, concetto che impone di avere uno sguardo strategico e di uscire dalla logica dello schiacciamento sul presente, sulla trimestrale. Così ci si proietta nell’immediato futuro, utilizzando al meglio anche le potenzialità del digitale.
A tal proposito,
Sergio Fumagalli, membro del Comitato scientifico del Clusit Associazione italiana per la
sicurezza informatica, nel nostro convegno ci ha ricordato che “il digitale è essenziale per riprogettare il proprio business e ci offre gli strumenti per avere e valutare i tanti dati nuovi che servono per capire se siamo sulla giusta strada nel nostro impegno per la sostenibilità benefit. Tutto questo all’interno di una prospettiva che veda la sostenibilità come esigenza strategica in un mondo che cambia, un bisogno fondamentale per essere competitivi domani e non un semplice tema aggiuntivo.”
In conclusione, la strada è tracciata. Le Società Benefit sono oggi più di 1400, con un raddoppio rispetto al 2020.
Una tendenza incoraggiante. Come ci ha detto in apertura di convegno Andrea Rangone “le imprese sono un elemento cardine di qualunque società e qualunque impresa che fa bene il suo lavoro ha un impatto sociale, perché crea occupazione e pil. Tuttavia se l’imprenditore coglie la bellezza e l’importanza di giocare una partita a impatto sociale, si può andare molto molto lontano e sperare in una società più equa.”
Più equa o, come dice il “cognome” di questo blog, solidale. Solidale, vale a dire più solida. Questo, come dimostrano con grande evidenza questi due ultimi anni, è un bisogno e un obiettivo del quale non possiamo più fare a meno. Se siamo intelligenti…