Neuroni intraprendenti

Per fare innovazione e start up impariamo a “coltivare” il cervello

Sarà il grande protagonista della ricerca nei prossimi decenni. Per capire come funziona e come può essere “orientato” a emozioni positive che favoriscono la capacità di costruire con ottimismo. Per chi si occupa di nuova imprenditorialità è un bel tema su cui riflettere per imparare a sviluppare passione, garbo, entusiasmo

Pubblicato il 16 Set 2013

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Elita Schillaci è Professore ordinario di Imprenditorialità, Nuove Imprese e Business Planning - Università di Catania

Il cervello sarà il grande protagonista dei progetti e delle attività di Ricerca di tutto il pianeta pei prossimi decenni. Lo aveva annunziato subito dopo la sua elezione Obama, comunicando al mondo il suo colossale progetto Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies” (Ricerca sul Cervello attraverso Neurotecnologie Avanzate e Innovative: B.R.A.I.N). 10 anni di lavoro e circa tre miliardi di dollari tra stanziamenti pubblici e investimenti privati. Risposta americana allo “Human Brain Project” varato dalla Ue a fine gennaio. Capire di più sul funzionamento del nostro cervello e sulle possibilità che ognuno di noi ha disposizione per migliorarlo può rappresentare un obiettivo che un sistema sociale innovativo debba porsi. All’inizio del nuovo millennio, a Dharamsala in India, nel mese di marzo, ebbe luogo un singolare incontro di 5 giorni, di cui forse allora non si parlò tanto, ma che oggi appare una direzione di marcia innovativa. L’incontro ebbe luogo tra nomi noti della teologia, filosofia e cultura orientale come il Dalai Lama, massima autorità del buddismo tibetano, e neuroscienziati di fama mondiale come Goleman, psicologo americano famosissimo per i suoi lavori sull’intelligenza emotiva e sull’intelligenza sociale.

Obiettivo dell’incontro? Capire come funziona il nostro cervello e provare a ridurre le cosiddette “emozioni”, veleni della mente, che causano danni a noi stessi o agli altri per favorire invece le emozioni positive necessarie per costruire una società migliore, con individui migliori che cooperano e “contagiano” di emozioni positive i propri simili. L’esito di quell’incontro spalancò una finestra di suggestioni sulle enormi possibilità che la comprensione del cervello può generare per combattere le emozioni distruttive e soprattutto sulla incredibile “plasticità” del cervello, ovvero la sua capacità di modificarsi e di evolvere se i comportamenti sono rivolti verso la costruzione di una società migliore.

La capacità di costruire, rimboccarsi le maniche, interrompere lunghe sequenze di atteggiamenti deresponsabilizzanti diretti ad affibbiare ad altri colpe, è solo in parte frutto delle specifiche strutture del cervello di ciascuno di noi (al pari della forma delle nostre mani e dei nostri piedi, o del taglio particolare dei nostri occhi, o ancora della struttura gracile piuttosto che possente che ci caratterizza), ma in parte tale struttura può essere modificata e migliorata.

Coltivare e sviluppare le emozioni positive, come ad esempio l’ottimismo, la gioia, la gratitudine, l’allegria, “imprigiona” il cervello condizionandolo positivamente. L’amigdala, “sentinella delle emozioni”, viene eccitata positivamente e a sua volta influenza i processi mentali con un effetto a cascata. Essendo il cervello plastico, attraverso esperienze sistematiche e ripetute, possiamo rieducarlo, rimodellarlo. E la scienza ha dimostrato che ciò è possibile.

Per chi si occupa di innovazione, imprenditorialità, start up, questo è un bel tema. E’ il tema su cui riflettere, per imparare a sviluppare passione, garbo, entusiasmo e fede, ingredienti demodé e purtroppo spesso poco appealing.

Elita Schillaci è Professore ordinario di Imprenditorialità, Nuove Imprese e Business Planning – Università di Catania

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