Innovare apertamente significa anche essere in grado di iniziare a creare il proprio ecosistema. Certamente uno dei capisaldi dell’innovazione aperta è la collaborazione con chi non fa parte della nostra azienda, in modo da creare un “flusso di sapere” da poter sfruttare al meglio per innovare. Va da sé che chiunque voglia innovare con gli “esterni” deve necessariamente anche essere in grado di creare e gestire un ecosistema, e spesso di questo ecosistema fanno parte anche i partner strategici.
Il tema delle partnership strategiche è stato ed è oggetto di studio e pratiche consolidate, pertanto esiste una vastissima letteratura alla quale non è nostra intenzione contribuire con questo articolo. L’intento è invece continuare a seguire la falsariga del nostro iter relativo ai processi che possono essere efficacemente impiegati nell’open innovation, e pertanto vorremmo descrivere un processo generale applicabile a chiunque volesse stringere una partnership strategica, per iniziare a gettare le basi di un ecosistema solido con il quale innovare.
Questa volta vorremmo anche presentare una best practice, per corroborare ciò che alle volte può sembrare solo una bella teoria, mostrando come una azienda di medie dimensioni come la Framis SpA sia riuscita ad utilizzare questo processo nella sua strategia di approccio all’open innovation, e alla creazione di un ecosistema di partner strategici per consolidare la propria value proposition.
Framis è un’azienda italiana con sedi a Milano e Hong Kong, e da anni è leader nel settore della termosaldatura. Nata 40 anni fa dall’intuito innovativo del suo fondatore che ha portato in Italia (ed Europa) una tecnologia che ha dato notevole impulso al mercato, il Framilon®, è stata pioniera nel bonding per il settore dell’abbigliamento. L’azienda, passata alla seconda generazione, ha iniziato un percorso di cambiamento, focalizzandosi sull’innovazione, sulla gestione a matrice, e sulle competenze acquisite negli anni, che le danno un notevole vantaggio competitivo anche su realtà più grandi e strutturate del settore. Un osservatore esterno potrebbe dire che Framis rappresenta il tipico esempio di PMI italiana, ma in realtà ha diversi tratti distintivi che molte PMI italiane ancora faticano a far emergere. Framis ha capito che per innovare non basta più solo migliorare i propri prodotti, o entrare in nuovi mercati, ma che bisogna puntare sulle persone, sull’innovazione aperta, e soprattutto sul creare il proprio ecosistema di partner con i quali stringere collaborazioni strategiche.
Su questo aspetto, abbiamo avuto il piacere di lavorare con loro nella creazione di un processo per costruire questo ecosistema. Il processo che abbiamo utilizzato è molto semplice, ed ovviamente è stato dettagliato in maniera sartoriale su Framis e sulla sua realtà con modelli e documenti di lavoro, ma in via generale rispecchia quanto riportato in figura (sotto).
Si procede alla ricerca del partner più adatto (scouting & selection). A questo punto, in base a quanto definito nella strategia, si delineano più chiaramente le necessità dell’azienda, e da qui il partner da cercare. In questa fase è bene anche definire i criteri di selezione del partner, ovvero quale sia la migliore situazione di “win-win”, cercando di dettagliare le ragioni per cui questa partnership debba essere fatta e di chi ci guadagna cosa. Idealmente il partner potrebbe essere già coinvolto in questa fase, per dettagliare de visu obiettivi, aspettative, contributi, ecc. Questo passaggio, però, diventa spesso iterativo, nel senso che molte aziende preferiscono fare delle previsioni per definirne la strategia di approccio, quindi il primo e il secondo passaggio (strategy e scouting) servono a definire, rifinire e migliorare la ricerca del partner più adeguato e il come approcciarlo.
Una volta individuato il partner, e avuti i primi scambi di opinioni (e visioni), si entra nella fase di progettazione della collaborazione (design). Si definisce il modello di business, la value proposition, si inizia a discutere su chi fa cosa, e soprattutto su come rendere la partnership profittevole. La fase di design è quella che richiede certamente più tempo, e quindi va dedicato tutto il tempo necessario affinché sia chiaro, e senza ombra di dubbio, come si svolgerà la collaborazione. In questa fase è importantissimo che si crei il giusto “feeling” tra i partner. È essenziale che le aziende si parlino in maniera diretta e trasparente, che si crei una fiducia molto forte, e che soprattutto si risponda onestamente a tutte le domande, anche scomode, che potrebbero emergere durante i vari tavoli di lavoro. Nella fase di progettazione è anche bene definire la struttura della governance, ovvero chi fa cosa, quali sono i ruoli e le responsabilità delle persone coinvolte (e assegnate alla gestione della collaborazione), e secondo quali processi e criteri valutare le attività che verranno intraprese.
Una volta definito un chiaro progetto, è il momento di iniziare i lavori (management). Va da sé che in questa fase la collaborazione ha inizio secondo le attività come definite, e che la gestione da parte del team preposto rispetti quanto concordato nel modello e nel piano di business.
A seconda del progetto specifico, ci possono essere più punti di controllo per valutare come sta andando la collaborazione (evaluation). In molti casi si fanno meeting del team di governance intermedi a cadenza trimestrale per dettagliare cosa è stato fatto, capire come sta andando la collaborazione, e soprattutto decidere su azioni di correzione, miglioramento, e diversa gestione. Inoltre in uno o due meeting con un team allargato (coinvolgendo anche la dirigenza, o gli sponsor del progetto), si possono prendere decisioni in merito ad eventuali cambi di rotta (pivot).
In questo caso ci sono due strade possibili, o terminare la collaborazione (termination) qualora non ci siano i margini di miglioramento o intesa; o fare un pivot e riorganizzare parte del progetto (es. nuova governance, migliore gestione di alcune attività e simili). Spesso fare un pivot è la cosa più saggia da fare, per trovare il migliore assestamento possibile, e definire una nuova direzione o gestione di alcune attività. Da qui in poi si va avanti fino a quando la partnership funziona, adoperando tutti i mezzi necessari per farla funzionare, migliorare, e crescere.
Insomma fare una partnership non è certamente come fare la classica “passeggiata nel parco”, ma è un processo complesso, che consta di svariate variabili, e che necessita di una modalità di lavoro adeguata, formale, standardizzata e molto accurata. Anche in questo caso, se si volesse intraprendere questo viaggio, sarebbe sempre bene farsi aiutare da esperti, che ci possano indicare la strada migliore da prendere e che ci aiutino nell’avventura che vogliamo intraprendere. Nell’esempio di Framis, che riportavamo su, stiamo lavorando proprio su questo, ovvero creando e stabilendo una metodologia di lavoro che permetta un approccio efficiente al partner e una chiara pianificazione ed esecuzione, per evitare sorprese in futuro e far sì che l’ecosistema sia solido e coeso per massimizzare i risultati dell’open innovation.