“Come sappiamo tutti, il Recovery Plan mette in campo ingenti risorse da spendere. Denari da spendere e da spendere bene, nel segno della sostenibilità sociale, economica, ambientale e digitale. Siamo nella “tempesta perfetta”: una convergenza di investimenti pubblici per la ripresa e le relative misure dei governi e delle istituzioni europee. Però c’è un grande rischio, di cui nessuno sta parlando…”
A quale rischio si riferisce, egregio Filippo Addarii, fondatore e managing partner di PlusValue?
“Da tempo mi sto chiedendo quale sarà l’impatto di tutto questo sull’economia reale e sul lavoro? Il pericolo è che questa marea di soldi e le nuove normative passino sulla testa della maggior parte delle piccole e medie imprese e dei lavoratori, senza generare alcun impatto sociale sostenibile. Stiamo parlando di quello che è il pilastro per la tenuta e il futuro della nostra società, non solo dell’economia. Purtroppo però molte di queste imprese non sono “equipaggiate” per affrontare la riconversione alla sostenibilità e la transizione al digitale, per cui il rischio è che soltanto le grandi corporation, quelle quotate, i fondi e prodotti finanziari possano cogliere questa grande opportunità.”
Quindi alla fine lei dice che sarà la solita élite ad avvantaggiarsi delle nuove possibilità messe a disposizione dal PNRR…lei sta facendo del populismo eppure non ha il fisic du role del populista…
“No, ma dobbiamo essere rigorosamente spassionati nel valutare la situazione. Secondo i dati 2020 della Commissione Europea le PMI rappresentano più del 50% del Pil europeo e impiegano all’incirca a 100 milioni di persone. Istat (2018, ultimo dato disponibile) ci dice che in Italia ci sono 4.298.767 PMI, con un fatturato complessivo annuo di circa 2.000 miliardi di euro, con 8.176.478 lavoratori dipendenti e 12.931.118 persone occupate. Spesso le dimensioni sono troppo piccole per permettersi di allinearsi in fretta ai principi della sostenibilità e inoltre c’è il rischio che i nuovi requisiti imposti dalle normative sulla sostenibilità si trasformino in un ulteriore ostacolo nell’accesso al credito e al mercato dei capitali per le piccole imprese.”
In effetti, il pericolo che le nostre piccole e media imprese non siano attrezzate per cogliere quello che abbiamo definito “il cambiamento necessario” è una questione che ha il suo perché.
“Noi ci siamo posti questo problema lavorando sull’ecosistema dell’innovazione che è fatto anche dalle piccole e medie imprese. Per cercare di dare un contributo a risolverlo, stiamo sviluppando, con un consorzio di startup italo-internazionali, una piattaforma digitale dedicata interamente alle piccole e medie imprese. L’abbiamo chiamata Digital Impact Platform, serve per la valutazione degli impatti sociali e ambientali delle PMI.”
A prima vista, sembra una iniziativa da tecnologia solidale…
“In effetti la piattaforma sarà semplice, veloce e accessibile (anche nei costi) e allinea transizione digitale e sostenibilità. Essa nasce all’interno di un progetto per la creazione di un fondo di impact investing legato ai temi della rigenerazione urbana ed ecosistemi di innovazione (MIND-Milano Innovation District) che stiamo portando avanti con la multinazionale australiana Lendlease e con Alberto Craici, alla guida di Berrier Capital.”
Partner importanti. Una cosa mi preme sapere. Seppur a fatica, inizia ad affermarsi il concetto che ridurre la sostenibilità al solo aspetto ambientale è un errore di prospettiva, perché la sostenibilità è anche sociale, culturale, economica. La transizione digitale infine accompagna l’intero processo, perché lo facilita e lo rende realizzabile. La piattaforma abbraccia questa prospettiva? Quali risultati vi attendete dalla sua implementazione?
“La piattaforma sarà costruita come un marketplace che aiuta a fare il matching tra aziende e investitori (credito ed equity, privati e pubblici) e trasforma un costo (rendicontare la propria sostenibilità) in un’opportunità di mercato. Le aziende potranno dimostrare la propria sostenibilità con un approccio affidabile e validato da mercato e regolatore. Inoltre, grazie ai dati raccolti con la piattaforma si avrà una conoscenza consistente, oggettiva e qualitativa della diffusione della sostenibilità. La piattaforma vuole essere un acceleratore della transizione di tutta l’economia perché questo diventi un movimento popolare a beneficio di tutti, ad esempio creando uno strumento in grado di monitorare e valorizzare l’impatto di tutti, dalla grande corporation al consumatore.”
In che modo?
“Un algoritmo di rating e ranking sono progettati per assegnare rispettivamente un valore di performance e una classifica alle aziende registrate sulla base di qualità, quantità e modalità di alimentazione dei dati ESG (dati strutturati). Per chi tra i suoi lettori non lo sapesse, ESG è l’acronimo di Environmental, Social and Governance e si riferisce a tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento.
Questi rating e ranking sono allineati con i principali standard di sostenibilità internazionali ed in particolare con la policy europea.
Durante l’onboarding sul Digital Impact Platform, le aziende selezionano le metriche ESG sulle quali intendono monitorare la propria performance, scelte tra quelle disponibili, ovvero quelle maggiormente significative per il settore di appartenenza. Questo permette di non imporre metriche alle aziende, ma consente al DIP di realizzare benchmark settoriali basati sulle informazioni più rilevanti. Per ogni metrica o insieme di metriche, DIP richiede all’azienda di fornire dati di supporto verificabili. Un algoritmo di “impact washing check” è progettato per analizzare dati ESG reputazionali estratti da Web crawling e sentiment analysis su fonti media per restituire una valutazione della credibilità dei dati forniti dalle aziende.”
Quando contate di partire?
“Stiamo sviluppando un pilot con un approccio bottom up, in modo da garantire che il criterio di valutazione corrisponda alle esigenze e possibilità dell’economia reale. Per predisporlo stiamo coinvolgendo tanto la Commissione Europea quanto gli enti locali e le associazioni di rappresentanza. Vogliamo raggiungere trasparenza, accountability e conoscenza, sia qualitativa e quantitativa, creando un grande database di informazioni su quella che realmente la transizione verso la sostenibilità. L’obiettivo è essere online per gennaio 2022.”
Avete già presentato questo progetto alle istituzioni?
“Sotto la presidenza italiana del G20, la Banca d’Italia e l’Innovation Hub della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) hanno organizzato una gara internazionale, il “G20 TechSprint 2021”, per individuare possibili soluzioni tecnologiche per alcune importanti sfide nell’ambito della finanza sostenibile. Lo scorso 25 giugno la nostra proposta di Digital Impact Platform è stata annunciata tra le 21 finaliste, su 99 candidature pervenute da tutto il mondo. Mi sembra un buon inizio.”
Sembra anche a me. Resta il punto che il matrimonio tra sostenibilità e piccole e media imprese italiane s’ha da fare e quindi avanti con ogni iniziativa che ne aiuti l’effettiva celebrazione.