Il tentativo, oggi, è di presentare un ragionamento sugli effetti economici potenziali dell’immigrazione nel breve periodo (due anni?) e nel lungo (10 anni?). Un ragionamento. Economico. Del quale mi sembra vi sia gran bisogno. O, in maniera meno pomposa: togliamo il microfono a razzisti e cialtroni. Perché non ci facciano perdere anche questa opportunità.
Una delle considerazioni che ho sentito più spesso in queste ultime settimane è stata: “Certo che alla Germania conviene l’immigrazione: è un paese sostanzialmente in piena occupazione, la domanda di lavoro tira perché la produzione industriale tira, e la popolazione sta invecchiando.” Bene. Il che starebbe a dire che in una economia al di sotto della piena occupazione, in cui la produzione industriale non tira e la popolazione ha età media bassa, consentire immigrazione è, se non deleterio, certo non conveniente. Mi si permetta di dissentire. Per punti.
Premessa. Il pensatore occasionale di cose economiche è fortemente soggetto a due tipi di influenze: quelle ideologiche e quella che chiameremo ‘visione di breve periodo.’ Ovviamente questo è vero anche degli economisti professionali, ma lo è in misura molto, molto inferiore. Considerazione questa che porta a sottolineare come quanto mi appresto a scrivere ha due caratteristiche: un basso grado di ideologizzazione, e una attenzione tanto agli effetti di breve che a quelli di lungo periodo.
- Gli effetti dell’immigrazione sono diversi a seconda del governo e dei gruppi imprenditoriali che governano il Paese e le imprese. In particolare, nel breve periodo il governo fa la differenza nella misura in cui decide di investire nella valorizzazione della popolazione immigrata;
- La spesa a supporto della popolazione immigrata, si badi bene, è spesa che diventa reddito per le imprese preesistenti l’immigrazione. Che in prima battuta essa assuma la forma di sussidi alla popolazione immigrata non cambia la natura del problema: ogni trasferimento a favore della popolazione immigrata, monetario o meno, diventa automaticamente reddito dei residenti non appena quel sussidio viene speso. Sono dunque anche il macellaio autoctono, il calzaturiero autoctono, i produttori e commerciati autoctoni, insomma, che beneficiano del trasferimento. Lo chiamiamo ‘il moltiplicatore della spesa (pubblica);
- Se il sussidio assume, invece, la forma di abitazioni residenziali a titolo gratuito, le amministrazioni locali dovranno costruire, ristrutturare, adibire: a guadagnare saranno le imprese edili, i mobilieri, la società del gas e quella dell’elettricità, inclusi ovviamente i loro operai, impiegati e dirigenti. Siccome si può ipotizzare che sia assai più rapido ed economico ristrutturare edifici residenziali esistenti che non costruirne di nuovi, si possono immaginare anche gli effetti di riqualificazione del patrimonio costruito e dell’area su cui questo sorge. Il prezzo delle abitazioni comincia pian piano a salire, e anche i proprietari autoctoni di immobili residenziali cominciano a trarre beneficio dall’immigrazione;
- In un’economia in sottoccupazione e con un numero decrescente di giovanissimi e giovani, è probabile vi siano insegnanti disoccupati. Siccome a migrare sono in prevalenza coppie giovani in età fertile e con bambini già in età scolare, le aule tornano pian piano a riempirsi, insegnanti disoccupati o sottoccupati vanno richiamati in servizio, società di servizi per mense scolastiche, pulizie ecc. vedono aumentare la domanda per le loro attività.
E nel più lungo periodo?
- È chiaro che in un’economia di mercato sono i privati che, a lungo andare, vedranno, e sfrutteranno, le opportunità create da un’economia in espansione. All’aumentare del reddito dei nuovi residenti aumenterà la domanda di beni e servizi di qualità crescente, e le imprese autoctone più efficienti e innovative sapranno attrezzarsi per soddisfare tale domanda. Sarà in queste imprese che aumenteranno l’occupazione, la produttività, i salari;
- Mano a mano che aumenta il grado di inserimento della popolazione immigrata nell’apparato produttivo del paese di destinazione aumenterà il gettito fiscale e di contributi previdenziali a carico dei giovani immigrati. Ne beneficerà dunque la fiscalità generale, e ne beneficerà la popolazione autoctona in età pensionabile, mentre i benefici per i giovani immigrati saranno differiti nel tempo;
- Oltre a fornire domanda per le imprese autoctone nel breve e nel lungo periodo, nel lungo periodo tra la popolazione immigrata emergeranno anche le capacità imprenditoriali che le nuove, migliori condizioni di vita aiuteranno ad emergere.
- Un sistema bancario pronto a cogliere l’opportunità di finanziare investimenti produttivi consentirà l’ulteriore espansione dell’economia e dell’occupazione. A questo proposito voglio segnalare un lavoro che ho appena ricevuto da Intesasanpaolo e che mostra come anche le banche talvolta fanno qualcosa di utile (!). Il lavoro si intitola L’imprenditoria straniera in Italia: quali risultati economico-finanziari? Lo studio, a mio modo di vedere ben condotto, mette giustamente in guardia contro gli entusiasmi di chi vorrebbe che una imprenditorialità italiana asfittica possa rapidamente essere sostituita da imprenditorialità di origini estere geniale e di gran successo. E pur tuttavia, vi si dice che, a fronte di fragilità non irrilevanti quali il basso grado di patrimonializzazione, le imprese fondate e gestite dai residenti immigrati mostrano, rispetto alle imprese ‘italiane’, “…un buon posizionamento competitivo [ …] sui mercati internazionali che, in prospettiva, potrebbe favorirle in termini di crescita. Esse, infatti, mostrano una buona presenza all’estero con attività di export e marchi di proprietà, favolrite in questo molto probabilmente anche da legami con i loro territori di origine.”
CONCLUSIONE
Tutta Europa ha di fronte oggi un quadro favorevole come raramente prima: prezzo del petrolio basso, Euro non sopravvalutato, stabilità politica. Gli aspetti negativi sono invecchiamento drammatico della popolazione, domanda aggregata bassa, produzione stagnante. Cerchiamo di non perdere questa opportunità, costruendo per i rifugiati e per noi stessi un futuro più ricco di quanto non sarebbe altrimenti.