Metaverso 2023, che cosa ci attende? Se il 2022 è stato l’anno dell’hype del metaverso, come andare oltre l’effetto sorpresa per creare valore con una tecnologia che, secondo molti, è destinata a cambiare il nostro modo di vivere e di lavorare? Quali saranno le novità sul fronte dell’hardware e su quello delle applicazioni? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Cappannari, founder e CEO di Anothereality, startup che lavora proprio sugli sviluppi del mertaverso, e autore del libro Futuri possibili.
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Il 2022 può essere definito sotto molti punti di vista “l’anno del metaverso”. Con prototipi e attivazioni più o meno convincenti, quasi tutti i brand hanno infatti testato un avvicinamento a quello che è ormai all’unanimità riconosciuto come l’internet di domani. Tra un po’ di FOMO (Fear Of Missing Out) e un po’ di sana attitudine alla sperimentazione, nel corso dell’anno appena terminato in molti si sono fatti tentare dall’opportunità di apparire sui titoli dei media per essere stati “i primi della propria categoria a entrare nel metaverso”… qualsiasi cosa questa frase voglia dire, visto che, ormai lo sappiamo, il metaverso è una visione di futuro non ancora pienamente realizzata.
Il termine è stato infatti ampiamente abusato, tanto da rischiare di diventare una buzz world priva di significato, o comunque usata troppo spesso fuori contesto. Da quando Facebook ha cambiato il nome (della holding, non del social) in Meta, tantissimi hanno iniziato a inserire il termine “metaverso” nei loro comunicati stampa e nelle loro presentazioni, non sempre a proposito, spesso confondendolo con realtà virtuale o aumentata, spesso addirittura utilizzandolo come sinonimo di Internet (no, Twitter non è un metaverso). Altrettanti invece si sono lanciati all’inseguimento dell’ultima moda, cercando di trovare il proprio spazio in un settore che in breve tempo ha iniziato a pullulare di soluzioni di ogni tipo, a volte innovative, altre volte macchinose.
Metaverso 2023, l’obiettivo è portare valore
Ma se il 2022 è stato l’anno dei test, cosa ci aspetta per il 2023? Beh, sicuramente sarà un anno complicato sotto molti punti di vista. Tra guerre, inflazione, e crisi del comparto tecnologico, non si preannuncia un periodo facile, ed è nei momenti più complessi che le aziende ottimizzano gli investimenti su attività che portano un chiaro upside di business. Tutto questo è ancora più vero quando parliamo di una tecnologia non completamente matura, che in molti stentano ancora a capire, alimentando la sempre più copiosa corrente di cinici e scettici (in molti nel corso di questi mesi mi hanno chiesto “ma che problema risolve il metaverso?”).
Faremo insomma i conti con un calo generalizzato dell’hype, anche a causa del fatto che i piani di Zuckerberg non sono andati proprio nella direzione desiderata. Meta, come molti colossi del settore tech, ha visto nel 2022 il fatturato calare per due trimestri successivi, e più di un analista ha individuato proprio nell’impegno sul metaverso, e nelle difficoltà incontrate sulla strada, uno dei motivi di questo crollo.
Il lavoro da fare per concretizzare la visione del CEO di Meta è insomma ancora tanto, ma lo stesso Zuckerberg, che da sempre definisce il metaverso come un qualcosa che si sarebbe realizzato nel corso di un decennio, non lo ha mai nascosto e continua per la sua strada. Non è però facile restare così focalizzati sul lungo periodo, ed è probabile che in tanti getteranno la spugna molto prima.
Insomma, cavalcato l’hype del metaverso, esauriti i titoli dei giornali, fallite le sperimentazioni più raffazzonate, è probabile che nel 2023 l’intero ecosistema si andrà consolidando sui casi d’uso a più chiaro valore aggiunto, in alcuni casi passando da sperimentazioni a veri e propri progetti in produzione: nuove esperienze di customer interaction, nuovi modi di incrementare la produttività, modi nuovi per migliorare la formazione o per accelerare i tempi di sviluppo di nuovi prodotti.
In quest’ottica di concretezza probabilmente evolverà anche la terminologia. Nel corso del 2022 la confusione è stata tanta, si è molto parlato di metaverso e metaversi, web3 e web 3.0, spesso confondendo le varie tecnologie sottostanti. Una confusione giustificabile, intendiamoci, in quanto stiamo parlando di una visione di futuro non ancora delineata, della quale non esiste una vera definizione accademicamente riconosciuta.
Per questo motivo ci aspettiamo che a fianco ai termini generici “metaverso” e “web 3.0”, che resteranno come bussole utili ad indicare una o più visioni di futuro (spoiler: sembra che Apple uscirà con un termine ancora diverso), torneranno anche ad essere utilizzati i nomi meno evocativi delle tecnologie mature che ne stanno alla base: mondi sociali virtuali, videogiochi multiplayer, realtà virtuale, realtà aumentata. Il tutto a vantaggio della chiarezza, e con l’obiettivo di portare valore.
Metaverso 2023, un playground per nuovi modelli di business
Come i motori di ricerca per il web 1.0 e i social media per il web 2.0, è indubbio che il marketing e la pubblicità contribuiranno in maniera considerevole a rendere il web 3.0 (il metaverso!) una tecnologia mainstream. Con la sua attenzione alla customer experience e alle connessioni one-to-one, il metaverso è infatti oggi prima di tutto un nuovo canale di comunicazione.
Nel corso del 2022 i grandi brand hanno iniziato a costruire la loro presenza nel metaverso, da HSBC a Nike, da JP Morgan a Gucci, tutti tentando di entrare in contatto con un target più giovane, da coinvolgere in modi nuovi. Nei prossimi 12 mesi le aziende faranno di tutto per accaparrarsi posizioni virtuali privilegiate, sia costruendo piattaforme proprie, sia occupando arene già esistenti. Nessuno sa ancora con certezza quale sarà la strategia vincente, ma una cosa è certa… bisogna partecipare per vincere. A differenza del web tradizionale, infatti, saldamente nelle mani di aziende del calibro di Google e Meta, nel metaverso la partita è ancora da giocare, non esistendo ancora una piattaforma di riferimento.
In questo scenario, cosa sarà meglio fare nel 2023? Bisognerà entrare in uno dei tanti mondi sociali virtuali, dei social network 3D come VR Chat, Horizon o Decentraland? O avrà forse più senso investire in una piattaforma di gaming come Roblox, Minecaft o Fortnite? O sarà magari più opportuno creare un mondo virtuale privato dove intrattenere i propri clienti? Per rispondere a queste domande non deve essere la FOMO a guidare, ma l’obiettivo. Così come già fanno nel digital marketing tradizionale, nel 2023 i marketers sceglieranno dove investire in maniera oculata, studiando accuratamente il target che frequenta le piattaforme, e pianificando un budget media adeguato a portare gli utenti nel proprio mondo virtuale.
Questi nuovi mondi 3D interattivi sono un canale estremamente interessante per raggiungere le nuove generazioni, dove i brand possono interagire con il proprio target per un periodo di tempo potenzialmente molto lungo – dai pochi secondi del digital tradizionale, ai diversi minuti dell’interazione all’interno di un videogioco. Ma trattandosi di un canale nuovo, gran parte dei marketer non hanno ancora molta esperienza.
Il responsabile marketing di Chipotle, uno dei brand che per primi hanno sperimentato su Roblox in questi anni, in una intervista avverte che “non c’è niente di peggio di un branded content fatto male”, e suggerisce di non fidarsi dell’istinto ma piuttosto di affidarsi a studi specializzati, che sanno interpretare al meglio il mezzo. D’altronde i videogiochi multiplayer esistono da decenni, e nel corso degli anni molti studi si sono specializzati nella creazione di attivazioni e interazioni al loro interno. Studi che nel 2023 avranno a disposizione nuovi strumenti di creazione che renderanno più semplice la realizzazione dei contenuti, come il Creator 2.0 di Fortnite; e anche nuovi strumenti di supporto di terze parti che faciliteranno l’interoperabilità tra gli ecosistemi, come già avviene per gli avatar di Ready Player Me. Le piattaforme inoltre miglioreranno la user experience e l’onboarding, in modo da rendere i loro mondi virtuali sempre più alla portata di tutti, non solo dei gamers più navigati, accompagnando quindi l’adozione di questo nuovo canale verso nuovi target e nuove fasce d’età.
Ma questi mondi virtuali hanno la potenzialità di andare oltre il semplice marketing, rappresentando per i brand un playground dove sperimentare con nuove linee di prodotto Direct-To-Avatar, e con nuovi modelli di business. Il tutto all’interno di economie interamente virtuali, andando quindi ben oltre il semplice “try-on” in realtà aumentata con il quale si è tanto sperimentato in questi ultimi anni (e che continuerà a diffondersi).
Le economie virtuali non sono il futuro, sono il presente: se negli anni ’90 i bambini risparmiavano i guadagni dei lavoretti estivi per comprare le ambite Air Jordan, nel 2020 i bambini chiedono ai genitori Robux per poter acquistare la skin del loro personaggio preferito dentro Roblox. Non è quindi un caso che i brand di moda siano stati i primi a sperimentare in questo ambito, proponendo outfit digitali griffati per gli avatar delle principali piattaforme di gaming. Avatar che, in queste piattaforme, stanno diventeranno sempre più realistici. La stessa Meta, che offriva inizialmente solo avatar molto semplici (simili a cartoni animati e ampiamente ridicolizzati), ha di recente sviluppato una tecnologia fotorealistica che ci permetterà di avere un aspetto quasi identico a quello che abbiamo nel mondo reale.
Il metaverso per l’HR e nell’industria
Mentre Meta e le piattaforme di gaming si concentrano sulla creazione di mondi virtuali dove socializzare e coinvolgere gli utenti, aziende come Microsoft e Nvidia stanno sviluppando mondi virtuali per collaborare e lavorare su progetti interamente digitali. È, infatti, proprio nel campo professionale dove il prossimo anno ci aspettiamo nuovi casi d’uso di valore del metaverso, tecnologia che prenderà ancora più piede grazie all’employee engagement da un lato, e al miglioramento delle operations dall’altro.
La collaborazione in ambienti virtuali, il training e l’onboarding simulativo, l’assistenza remota aumentata: si tratta di soluzioni dove il paradigma di base del metaverso – una simulazione immersiva e condivisa – in alcuni ambiti può davvero fare la differenza. Alle aziende il metaverso promette infatti di fornire piattaforme, strumenti e interi mondi virtuali in cui gli affari e la crescita dei dipendenti possono essere svolti interamente da remoto, in modo efficiente e intelligente.
Nell’industria nel 2023 possiamo aspettarci di vedere il concetto di metaverso fondersi con l’idea di “gemello digitale”, simulazioni virtuali di prodotti, processi o operazioni del mondo reale che possono essere utilizzate per testare e prototipare nuove idee nell’ambiente sicuro del dominio digitale, o per monitorare le infrastrutture in maniera efficace e preventiva. Dai parchi eolici alle auto di Formula 1, i progettisti stanno ricreando oggetti fisici all’interno di mondi virtuali dove la loro efficienza può essere testata in qualsiasi condizione immaginabile, senza i costi che si dovrebbero sostenere per testarli nel mondo fisico. Nella sanità invece, si continuerà a sperimentare con le tecnologie simulative per formare gli operatori e supportarli durante le operazioni più complesse, o anche per creare nuovi strumenti terapeutici nei confronti di specifiche patologie.
Rilevante sarà anche il ruolo del metaverso per il mondo dell’Education, ambito dove grazie alle sovvenzioni del PNRR nel 2023 si sperimenterà molto con le tecnologie del metaverso, per migliorare la qualità della formazione tradizionale o per insegnare agli studenti competenze trasversali. L’uso della VR nell’istruzione offre infatti il potenziale per un’esperienza di apprendimento più coinvolgente, dove gli studenti, immersi in aule e simulazioni virtuali, possono apprendere di più e meglio rispetto agli strumenti tradizionali.
L’hardware il metaverso: le novità 2023
Il concetto di tecnologia immersiva e esperienziale è centrale nell’idea del metaverso, ed è per questo motivo che vediamo nei nuovi hardware indossabili di realtà virtuale (VR) e realtà aumentata o mista (AR/MR) il nuovo paradigma di interazione che andrà gradualmente a rimpiazzare i tradizionali schermi, a cui siamo così abituati. Cosa dobbiamo aspettarci quindi dall’hardware indossabile nel 2023?
In casa Meta, il Quest 2 continuerà a vendere fino all’uscita del nuovo Quest 3, mentre in settori molto verticali il nuovo Quest Pro – visore AR/VR – si imporrà come punto di riferimento del mercato, a un prezzo però non proprio popolare, che difficilmente calerà nel corso dell’anno. La vera novità dovrebbe arrivare invece da Apple, che continua a rimandare l’uscita della sua soluzione AR/VR, della quale si sa ancora pochissimo, dato che la casa di Cupertino è sempre molto attenta a proteggere i suoi segreti prima della presentazione ufficiale (ma chi lo ha provato, garantisce che si tratta di una tecnologia davvero dirompente e rivoluzionaria). Il 2023 sarà quindi l’anno buono per l’ingresso di Apple nel settore? Molto probabilmente sì, anche se non è da escludere al 100% la possibilità di un ulteriore rinvio.
Non ci sono invece dubbi sul fatto che nel 2023 sarà disponibile il PSVR2, il nuovo sistema di realtà virtuale di Sony da abbinare alla PlayStation 5. Il primo esperimento di Sony sotto questo profilo non aveva convinto, e i limiti in questo caso erano dovuti non solo a un visore economico e poco sofisticato, ma anche all’hardware della PlayStation 4, non adatto a gestire al meglio mondi 3D immersivi. Un problema che con la potenza di calcolo della PlayStation 5 non dovrebbe più esistere. Cosa aspettarsi dal suo lancio? I casi sono due. Nel più pessimista, potrebbe risultare un discreto successo, vendendo qualche milione di unità ma non stravolgendo il settore né spingendo la VR in ambito console. Se però riuscisse a conquistare i giocatori, potrebbe dare una spinta anche al settore della VR sul PC, un ambito che nell’ultimo anno è stato un po’ stagnante e privo di novità epocali.
Dovrebbero inoltre arrivare sul mercato anche i nuovi visori basati sul chip Snapdragon XR2 Plus di Qualcomm (che è alla base del Meta Quest Pro), progettato per esaltare la meglio le esperienze di VR/AR. Ed è infatti probabilmente proprio nella realtà aumentata che vedremo le novità più interessanti del 2023. Oltre al già citato lancio di Apple infatti, è attesa l’uscita degli occhiali AR di Niantic, lo sviluppatore di Pokemon Go, nonché una nuova versione degli occhiali smart di Ray-Ban, realizzati in collaborazione con Meta. Anche i nuovi Pico Neo 4, di casa Bytedance (TikTok), promettono un’esperienza AR/VR decisamente accattivante. Vale infine la pena citare l’hardware più immersivo di tutti, Neuralink, la BCI (Brain Computer Interface) di Elon Musk. Se ne parla da tempo e fino ad ora è stata testata solamente sulle scimmie, ma lo stravagante miliardario ha chiesto l’autorizzazione per procedere nel 2023 con i primi testi sugli esseri umani. E, se gli verrà concessa, vedremo a che punto di maturità è arrivata questa ambiziosa interfaccia neurale.
L’evoluzione della decentralizzazione
Uno dei temi chiave nell’ambito non solo del metaverso, ma dell’economia digitale in generale, sarà quello della decentralizzazione. Ad oggi le piattaforme proprietarie e i relativi store centralizzati possono rappresentare un freno allo sviluppo di nuovi progetti ed alla messa a terra di nuovi modelli di business, in quanto tutto il potere sulle decisioni strategiche, economiche e di comunicazione sono concentrati nelle mani dei creatori della piattaforma stessa.
Pensiamo a uno sviluppatore che lancia un’applicazione che prevede un’economia al suo interno, come ormai accade con moltissime app. Allo stato attuale, qualsiasi transazione ha un costo non indifferente, dal momento che il 30% della spesa viene trattenuto dalla piattaforma stessa. Questo vale per l’acquisto delle app, per gli abbonamenti ricorsivi, o per gli acquisti interni all’app, che nel caso del metaverso potrebbero essere rappresentati da esperienze, skin per avatar o altri oggetti virtuali.
Dare quasi un terzo del ricavo allo store è stata sino a oggi una pratica considerata ineluttabile, ma le cose stanno cambiando, anche perché non è una questione di mero denaro: chi controlla gli store ha ovviamente tutti i dati relativi a tutti gli utenti, e può dunque utilizzarli per favorire le proprie applicazioni, ottenendo un vantaggio di business spesso incolmabile rispetto a chiunque altro. Nel 2020 Epic ha portato Apple in tribunale proprio per le regole dell’Apple Store, e c’è da aspettarsi che il tema dei pagamenti e delle regole degli store sarà centrali nel corso del 2023. Non è un caso che l’UE stia lavorando alla definizione del Digital Markets Act, che dovrebbe evitare la concentrazione di potere nelle mani di chi gestisce le piattaforme.
È in questo clima che vanno contestualizzate le sperimentazioni del cosiddetto “web3” (da non confondere, almeno per ora, con il più generale “web 3.0”), che sfruttano i database distribuiti dalla tecnologia blockchain per cercare di dar vita a una nuova Internet decentralizzata, al di fuori del controllo delle multinazionali. I giganti della tecnologia non avranno più il potere di censurare le opinioni che non condividono, e soprattutto di comportarsi da “deus-ex-machina” di queste nuove economie virtuali. Sarà possibile innalzare notevolmente i livelli di privacy garantita agli utenti, nonostante tutte le operazioni effettuate da questi ultimi siano digitali e online.
Per ottenere questi risultati, iI sostenitori del web3 stanno infatti sperimentando con diverse tecnologie, tra cui i token non fungibili (o Non-Fungible Token, NFT) per consentire la proprietà, l’utilizzo e lo scambio dei beni digitali senza la necessità di un intermediario, e con le organizzazioni autonome decentralizzate (o Decentralized Autonomous Organization, DAO) progettate per abilitare la gestione decentralizzata di sistemi, come ad esempio i mondi virtuali che abiteremo, tramite sistemi di votazione, di rappresentanza e di deleghe, che non richiedono ovviamente nessun ente terzo per garantire a ciascuno il suo diritto di voto e di partecipazione alla questioni comuni.
La visione del metaverso come utopia decentralizzata e di proprietà della comunità, è quindi chiaramente in contrasto con quella promossa da aziende come Meta e Microsoft, che puntano a costruire universi digitali proprietari di cui avranno il controllo assoluto. Il 2023 sarà probabilmente foriero di ulteriori interessanti sviluppi in questo scontro di culture digitali, e questo nonostante il periodo complicato che stanno vivendo NFT e criptovalute.
La surreale bancarotta di FTX è stato infatti un duro colpo per la credibilità del settore. Un settore da migliaia di miliardi, che ne ha visti sfumare parecchi a causa dell’operato di personaggi come Bankman-Fried, giovanissimo miliardario esperto di tecnologia ma meno di temi economici – come ha dimostrato l’imbarazzante tonfo del suo exchange, che si è poi riflesso su tutto il mercato delle criptovalute.[1]
Ma, come si suol dire, anche per il web3, quando il gioco si fa duro… i duri cominciano a giocare. Svanito il discutibile hype degli NFT “solo da collezione”, nel 2023 il mondo della decentralizzazione continuerà a sperimentare su casi d’uso di valore: dalle campagne di loyalty innovative (come l’esperienza di Starbucks) alla notarizzazione dei dati (ad esempio nel mondo delle certificazioni o delle manutenzioni, dall’arte digitale (quella vera) all’unione tra prodotti fisici e la loro controparte digitale, per garantire originalità e tracciabilità.
Anche le cosiddette collezioni NFT resteranno rilevanti, ma se inquadrate all’interno di un ecosistema che ne permette la fruizione sociale in maniera fluida, senza frizioni: alla fine infatti, lo status è una caratteristica intrinseca del genere umano, che si ripropone anche all’interno dei mondi virtuali. Interessante a questo riguardo l’esperienza di Reddit, che integrando la tecnologia NFT senza chiamarla come tale, ha venduto ad oggi oltre 4 milioni di token non fungibili. Nel 2023 anche il gigante del gaming Roblox inizierà a sperimentare con gli NFT, e sarà decisamente interessante monitorarne l’evoluzione.
Le nuove tecnologie generative
Chi sviluppa mondi virtuali lo sa bene: una delle principali barriere all’evoluzione del metaverso è proprio la facilità di produrre contenuti tridimensionali senza troppa fatica. Oggi infatti, modellare oggetti e ambienti virtuali non è alla portata di tutti, anche se è probabile che nel 2023 la situazione inizierà a cambiare grazie all’intelligenza artificiale.
Il 2022 è stato infatti anche l’anno dell’intelligenza artificiale generativa: come abbiamo visto con DALL-E e ChatGPT, si tratta un tipo di intelligenza artificiale che prevede l’uso di algoritmi di apprendimento automatico per generare nuovi contenuti simili all’input su cui è stata addestrata. Ciò può includere la generazione di testo, immagini, audio, o persino di elementi tridimensionali come oggetti o spazi virtuali. L’AI generativa potrebbe quindi essere utilizzata per creare automaticamente nuovi ambienti, avatar o oggetti virtuali da utilizzare nel metaverso, permettendo ai mondi virtuali di evolversi e crescere più rapidamente rispetto alla creazione manuale di questi elementi. È inoltre possibile che l’AI generativa possa essere utilizzata per alimentare le conversazioni degli avatar e degli esseri virtuali nel metaverso, in quanto ha la capacità di generare automaticamente testo e altri tipi di dati. Ad esempio, un modello di AI generativa potrebbe essere addestrato su un ampio set di dati di conversazioni umane, e poi essere utilizzato per generare risposte per un avatar in un ambiente virtuale: ciò potrebbe consentire all’avatar di impegnarsi in conversazioni realistiche con gli utenti, molto simili a quelle umane.
Curiosi di sapere quanto realistiche? Vi basti pensare che tutto il testo in corsivo di questa sezione è stato generato automaticamente con ChatGPT.
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- Volendo analizzare a fondo la questione, però, l’elemento che è saltato ed ha creato tanto clamore, ovvero l’exchange utilizzato per il cambio delle valute (da FIAT a cripto, e viceversa), è uno dei pochissimi elementi che, all’interno di questi sistemi, si presenta in due versioni: centralizzata (come Binance, FTX, Coinbase, ecc..) e decentralizzata (Uniswap, dYdX, Curve Finance, ecc.). Ed è proprio un player della prima tipologia ad essersi rivelato inaffidabile ed a fallire (e non è di certo la prima volta). ↑