EFFETTO SMART WORKING

L’ufficio non è morto ma nell’era post-office gli spazi di lavoro saranno su misura

La pandemia ha cambiato la stessa idea di produttività legato a uno spazio fisico. Ma anche il paradigma degli ambienti di lavoro. Che da statici devono diventare fluidi, fino ad adattarsi al carattere e alle esigenze delle persone. L’ufficio che va bene per tutti non funziona più. Ma per l’ufficio c’è un nuovo futuro

Pubblicato il 26 Gen 2021

Photo by Philipp Berndt on Unsplash

La pandemia, e le regole di distanziamento che ha imposto, ci hanno spinto ad abbandonare in tutta fretta scrivanie e cancelleria, come i russi di fronte all’avanzata di Napoleone. Così abbiamo scoperto che lavorare da casa: primo, è possibile; secondo, ha (anche) i suoi vantaggi e le sue comodità. Ma se il nostro ufficio potesse parlarci – e forse non manca molto – ci ammonirebbe, citando Mark Twain: “La notizia della mia morte è fortemente esagerata”.

La pandemia è stata disruptive nella misura in cui ha spazzato via una volta per tutte l’idea che la produttività del lavoro si sostanzi in quelle otto ore al giorno trascorse davanti a un computer. Per tutti. A prescindere dalle mansioni. E a prescindere dalla personalità del dipendente. “The post-office”, ossia l’ambiente di lavoro che verrà, nascerà invece da un cambio di paradigma.

“L’unica finalità dello spazio è quella di aiutare a migliorare le performance negli affari” spiegò Caroline Waters, Director of People and Policy di British Telecom, a Chris Kane.

Nel 2006 Kane era da poco diventato il manager del patrimonio immobiliare della BBC ed era andato a far visita a Waters per capire come potesse organizzare in modo più efficiente l’ambiente di lavoro, come racconta nel suo saggio “Where Is My Office?: Reimagining the Workplace for the 21st Century”. Fu accolto da Waters in quello che non possiamo esattamente definire “il suo ufficio”, perché quando lei era in viaggio un altro dipendente della British Telecom poteva prenotare quella stanza per lavorarci, cambiando anche il nome nella targhetta posta davanti alla porta.

Kane lo definisce l’esempio perfetto di uno spazio statico che diventa “fluido”. Alla BT, la tecnologia già da anni consente al lavoratore agile non solo di prenotare un workplace, ma anche di definirne in anticipo il design, scegliendo ad esempio il tipo di scrivania o di sedia. Alla stessa maniera, l’ufficio vendite può chiedere l’allestimento di una sala riunioni.

La teoria psicologica dei Big Five individua cinque categorie basilari entro le quali – a seconda della gradazione di ciascuna – ogni personalità può essere definita: estroversione, coscienziosità, apertura alle esperienze, amicalità, equilibrio emotivo.

Come un abito sartoriale, “abbiamo bisogno di ritagliare su misura l’ambiente di lavoro, a seconda dei diversi caratteri delle persone e delle loro funzioni”, spiega lo psicologo dell’ambiente Nigel Oseland.

Perché in qualsiasi organizzazione, l’asset più importante sono le persone. E un ufficio “one size fits all” non risponde all’esigenza di garantire quel comfort – sia esso una stanza silenziosa oppure una caffetteria – che è alla base della creatività del lavoratore. Se e quando decideremo di andare in ufficio, anziché lavorare da remoto, robot e intelligenza artificiale ci metteranno nelle migliori condizioni per essere produttivi.

Se fino ad oggi un sensore sul soffitto si limitava a far scattare l’allarme antincendio in caso di rilevazione di fumo, nei prossimi anni potrà misurare la temperatura degli ambienti e quella dei dipendenti per regolare in automatico un termostato; la nostra sedia ci avvertirà che forse è giunta l’ora di una pausa caffè. Magari non userà le parole di Mark Twain, ma a modo suo, il nostro ufficio avrà molte cose da dirci.

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Pietro Martani
Pietro Martani

mprenditore seriale, già fondatore di Copernico, oggi impegnato in varie ventures nel mondo real estate e hospitality.

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