TECNOLOGIA SOLIDALE

L’innovazione (culturale) che serve per affrontare il fenomeno dei NEET, i giovani che non studiano e non lavorano



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Il fenomeno dei giovani NEET è una sfida per il futuro del Paese. Un’indagine Kantar individua sette profili psicologici e la necessità di un nuovo approccio per affrontare il problema, con strategie innovative e collaborative, possibili anche con l’uso della tecnologia

Pubblicato il 11 ott 2024

Antonio Palmieri

Fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido



Giovani NEET

Una sfida cruciale per l’Italia del futuro: comprendere e affrontare il fenomeno dei NEET, i giovani che non studiano né lavorano. Questa questione emerge in tutta la sua complessità nel rapporto “Il pensiero creativo”, realizzato nel contesto dell’indagine Ocse Pisa 2022.

Federico Capeci, CEO di Kantar in Italia, sottolinea l’importanza di capire il pensiero creativo dei ragazzi di quindici anni, una competenza chiave per il futuro, e di come molti di essi si perdano lungo il percorso della vita. “Questi dati non mi stupiscono”, afferma Capeci, “i ragazzi sono molto diversi da come spesso ce li rappresentiamo.”

Il fenomeno dei giovani NEET: 7 profili psicologici

Il fenomeno dei NEET è stato approfondito nel recente studio “Shake The NEET”, presentato da Kantar in collaborazione con la Fondazione Ico Falck. “Abbiamo voluto analizzare questa delicata questione da un punto di vista delle motivazioni”, spiega Capeci, evidenziando che non si tratta di un’indagine quantitativa, ma qualitativa.

L’indagine ha rivelato che i NEET non sono un gruppo omogeneo, ma presentano sette distinti profili psicologici e motivazionali: i libertini, i disillusi, i pretenziosi, i pit-stopper, i fragili, i ritirati e i disorientati.

Ogni gruppo è caratterizzato da differenti atteggiamenti verso il lavoro e la vita, influenzati da fattori psicologici, sociali ed economici. I libertini, ad esempio, cercano libertà e spensieratezza, mentre i disillusi sono demotivati da esperienze lavorative negative.

“I numeri dicono molto, ma non tutto”, afferma Capeci, sottolineando l’importanza di andare oltre i dati statistici per comprendere le vere motivazioni dei giovani NEET. I pretenziosi puntano in alto senza voler scendere a compromessi, e i pit-stopper vedono la loro condizione come una pausa di riflessione. I fragili, invece, sono sopraffatti dall’ansia e dalla bassa autostima, mentre i ritirati si dedicano alla famiglia per necessità. Infine, i disorientati sono giovani volenterosi ma incerti sul loro futuro.

L’approccio MADEI: ecco che cosa vuol dire

La ricerca ha portato all’elaborazione dell’acronimo Madei, che sintetizza i fattori principali di questo fenomeno: Marginalizzazione, Ansia, Disillusione, Entitlement e Idea di lavoro.

“L’approccio Madei è una chiave di lettura nuova per comprendere e affrontare il fenomeno”, spiega Capeci, evidenziando l’importanza di un approccio che coinvolga tutti gli attori del sistema per affrontare il problema in modo mirato e comprensibile per i giovani coinvolti.

Capeci aggiunge: “Mi rendo conto che il quadro che ho descritto finora sembra desolante, tuttavia credo che noi adulti dobbiamo fare lo sforzo di capire e di capirli, questi giovani, altrimenti li condanniamo a essere Neet a vita.” Questa riflessione evidenzia la necessità di un cambiamento di prospettiva, un invito a sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda dei giovani per poter agire efficacemente.

Giovani NEET, il ruolo di tecnologie e innovazione

In un Paese che invecchia, con una percentuale significativa di giovani in questa condizione, è fondamentale adottare strategie innovative e collaborative per recuperare il potenziale inespresso di questa generazione.

La tecnologia e l’innovazione possono giocare un ruolo cruciale, stimolando creatività e coinvolgimento. Capeci invita a continuare le ricerche e a collaborare con partner pubblici e privati, come la Fondazione Pensiero Solido.

“Abbiamo alcune idee e stiamo portando avanti altre ricerche sui giovani e sui Neet, che comprendono anche il loro rapporto con la tecnologia. Le vogliamo approfondire con partner pubblici, privati e del privato sociale,” conclude Capeci, delineando un percorso futuro che potrebbe portare a soluzioni concrete e sostenibili per affrontare il fenomeno dei NEET in Italia.

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