“Innovazione e digitalizzazione sono strumenti potenti per una società migliore. Leggete il decalogo del Digital Transformation Institute. Cosa ne pensate? Quali progetti vi vengono in mente?” Queste le parole del tweet con cui la ministra dell’innovazione Paola Pisano ha sottoposto al giudizio del pubblico il “Manifesto della trasformazione digitale per la sostenibilità”.
Le ha fatto piacere, professor Stefano Epifani?
“Certamente, ma ancora di più mi ha sorpreso, perché non me lo aspettavo. È stata una sorpresa positiva e, naturalmente, ho subito ringraziato via Twitter la ministra, che non conosco personalmente”
Il vostro Manifesto fa l’occhiolino a un tema di moda, la sostenibilità. Caro Epifani, anche lei segue Greta?
“Lei mi provoca ma io non cado nel tranello. Non sono un convertito dell’ultim’ora alla sostenibilità: da quasi un decennio una parte importante del mio lavoro si svolge in America Latina, per le Nazioni Unite mi occupo dell’analisi degli impatti della trasformazione digitale sulla sostenibilità urbana. Il fatto – che in Italia più che altrove rimane nascosto dietro idealismi di fronti opposti – è che la sostenibilità non è solo una questione di ambientalismo. Sono lieto che ora il tema stia diventando centrale anche da noi. Spero si inizi finalmente a ragionare di sostenibilità in maniera compiuta.
Questo cosa significa?
“In fondo è semplice: significa avere come faro
Agenda 2030.”
Quindi, essendo noi in Italia, lei fa riferimento al lavoro di divulgazione fatto dal prof. Enrico Giovannini con Asvis? “Giovannini sta facendo un lavoro preziosissimo. Il problema è che oggi si rischia ancora di illuminare soltanto chi già sa dove guardare.”
Quindi?
“Quella della sostenibilità deve diventare una mentalità diffusa. Con il nostro Digital Trasformation Institute ci siamo dati un nuovo obiettivo: guardare alla tecnologia come strumento di sostenibilità, cercando di abbattere la barriera di competenze, di diffidenza reciproca, di modelli non sempre condivisi tra chi si occupa di sostenibilità e chi si occupa di digitale. La tecnologia deve diventare uno strumento utile alla costruzione di un mondo sostenibile.”
Sostenibile è un termine ampio, che comprende molte cose. Può essere più preciso?
“Sostenibilità ambientale, economica e sociale sono parti di un unico sistema complesso ed interconnesso. Se vogliamo fare del digitale qualcosa di utile dobbiamo quindi puntare a farne uno strumento per costruire un mondo sostenibile. Oggi è un vero e proprio dovere sociale di chi si occupa di tecnologie e trasformazione digitale dedicare la massima attenzione possibile a questo tema. Non a caso, alle tre sostenibilità diciamo così “canoniche” aggiungo la sostenibilità culturale, che credo sia trasversale a tutte e tre”.
Venga al dunque. In che modo, in concreto, vi state muovendo per far diventare la trasformazione digitale strumento di sostenibilità?
Poche settimane fa abbiamo trasformato Techeconomy – magazine online dal 2012 – in
techeconomy2030, focalizzando totalmente la sua azione ai temi e agli obiettivi di Agenda 2030. Contestualmente abbiamo pubblicato il nostro
Manifesto. Nella sua essenzialità, esso è riferimento e guida del nuovo progetto. Svilupperemo una ricerca sul ruolo della
tecnologia come strumento di sostenibilità, finalizzata ad identificare un set di indicatori concreti.
Nel 2020 faremo un grande evento sulla tecnologia per la sostenibilità. Infine, sto chiudendo un libro su questo tema”
In tutto quale spazio c’è per quella che in questo blog abbiamo definito tecnologia solidale?
“Semplice. Sfruttare
la trasformazione digitale come leva di sostenibilità significa capire come usare le tecnologie come strumenti per migliorare la nostra società, il nostro ambiente, la nostra economia. Questo é il modo migliore per fare
tecnologia solidale!”
Condivido. Ultima riflessione. L’impatto travolgente della tecnologia ci fa sentire tutti “piccoli” e indifesi. Tuttavia, per cultura personale ritengo che non possiamo limitarci a essere spettatori passivi. Ciascuno di noi può e deve fare la sua parte.
“Ha ragione. Non possiamo limitarci a pensare di dover subire i risultati di scelte che, in fondo, possiamo essere noi stessi a co-determinare. La trasformazione digitale sviluppa un cambiamento su persone, ambiente, società, cultura, economia. Contribuire alla definizione della direzione di tale cambiamento è una responsabilità comune.”
Insomma, la trasformazione digitale può contribuire allo sviluppo di una società davvero sostenibile, sotto ogni punto di vista.
“Non può, deve!”
* Stefano Epifani insegna Internet & Social Media Studies all’università La Sapienza di Roma e all’università Carlo Bo di Urbino. È advisor per le Nazioni Unite sugli impatti della digital transformation nella gestione dei processi di sviluppo urbano sostenibile. Fondatore di Tech Economy (2012), dal 2016 presiede il Digital Trasformation Institute.