Venerdì scorso sono stato invitato a Venezia a partecipare allo Strategy Innovation Forum – SIF 2021 ospitato dal Campus Economico di San Giobbe dell’Università Ca’ Foscari. La sesta edizione ha coinciso con il lancio di VeniSIA (Venice Sustainability Innovation Accelerator), acceleratore di innovazione sostenibile dedicato allo sviluppo di idee di business e soluzioni tecnologiche per affrontare il cambiamento climatico e altre sfide ambientali.
Tre aspetti mi hanno particolarmente colpito:
- Un contesto – Venezia e Cà Foscari – di grande fascino che ispira rispetto e trasmette credibilità
- La presenza durante la giornata di moltissime grandi e medie imprese rappresentate ai massimi livelli (Donnet di Generali, Rossi di TIM, Gallia di Fincantieri, Santoni di Cisco, Ciorra di Enel, Zarri di Eni, Farina di Snam, Quaini di Edison, Mille di Microsoft, Ferraresi di Cattolica, Burgio di Alpitur, Bonazzi di Aquafil, …), oltre alla capacità di aggregare intorno al progetto di acceleratore i principali gruppi italiani impegnati sul tema (Enel, Eni e Snam).
- La regia, visione e ambizione di Carlo Bagnoli, Professore dell’Università Cà Foscari, vero deus ex machina dell’iniziativa.
Oltre a tenere (con gli amici Ciorra, Tentori, Voltaggio, Farina e Colombo) a battesimo VeniSIA – cui Mind the Bridge fornirà supporto operativo nella fase di messa a terra dei progetti pilota tra le startup selezionate e le aziende – mi è stato chiesto di portare il mio contributo sul tema “Sustainability through innovation”. Vi riassumo i punti principali che ho toccato.
Non c’è innovazione senza sostenibilità.
Le imprese che vogliono avere un futuro devono innovare e essere rispettose. Come ha efficacemente sintetizzato Nicola Saldutti di Corriere Economia, sostenibile – così come digitale – non è più un aggettivo che qualifica un’impresa. È l’unico modo possibile di essere.
La sostenibilità non è un tema nuovo
Pertanto il suggerimento alle imprese è di evitare di avviare un “sustenaibility theater”. Come confermano i dati che ho presentato venerdì, il mondo dell’innovazione – sia fondi di venture capital sia startup/scaleup – sta lavorando sul tema da oltre un decennio. Il picco di attività su sustenaibility e cleantech non è pertanto oggi ma qualche anno fa. Le principali aziende si sono mosse da tempo per rendere la propria offerta sostenibile (Philip Morris è un buon esempio di cui ho parlato in un recente articolo, qui il link). Le imprese che solo oggi si pongono il problema della sostenibilità hanno un problema serio che si chiama “disruption”.
L’innovazione oggi è di necessità open
Nessuna impresa per quanto grande può innovare da sola visto che le nuove tecnologie sono piattaforme trasversali e meta-settoriali esposte a rapidissima evoluzione. La collaborazione con le startup e scaleup è l’unica modalità possibile. Ma c’è un ma.
Le imprese, in particolare quelle più grandi, devono resistere alla tentazione di abusare del loro superiore potere contrattuale e imporre alle startup condizioni eccessivamente sbilanciate a proprio favore (avevo approfondito in un precedente articolo). Sono comportamenti miopi visto che, nell’obiettivo di accaparrarsi benefici insignificanti a breve (qualche punto percentuale in più di equity, qualche decina di migliaia di euro in meno sulla commessa di un pilota, …), compromettono la crescita della startup e quindi la potenzialità di co-innovazione che è l’unica cosa che conta (avere una percentuale alta di niente non aiuta, mentre avere una scaleup solida al proprio fianco sì).
Quindi fare l’interesse delle startup è nell’interesse delle imprese. Se c’è un ambito ove essere sostenibili è proprio quello della collaborazione con le startup.