Vero è che non leggo un quotidiano italiano da undici anni e non guardo un telegiornale praticamente dal 1991 (guerra del Kuwait), ma è anche vero che non vivo su Nettuno. E quindi mi permetto di dire che questa storia dei tassi di interesse negativi sulle riserve libere detenute dalle banche presso la Bce, associata alla storia sul cosiddetto quantitative easing, secondo me non viene discussa abbastanza nel nostro Paese.
Non è normale che i tassi di interesse siano negativi. Anzi, sempre più negativi; e non è normale che dopo aver predicato per anni che la Bce non deve comperare buoni del tesoro, la Banca centrale tedesca per prima goda del cambio di politica (escludo che non si siano accorti che QE e acquisto di buoni del tesoro sono la stessa cosa, salvo il fatto che con il QE la Bce sta ormai comprando ogni sorta di pezzo di carta con cui qualcuno firma che deve dei soldi a qualcun altro. Sorry, oltre a buoni del tesoro compra altri financial asset e asset-backed security).
Dicendo ‘non è normale’ non voglio certo dire che è anormale: piuttosto, voglio dire che si tratta di una situazione completamente nuova rispetto a quella in cui siamo cresciuti, quando i tassi di interesse sulle riserve delle banche erano positivi e i tedeschi vivevano ancora ai tempi di Weimar. Occorre pensarci di più, occorre, come si diceva una volta, avviare un dibattito. Occorre capire quali possono essere le conseguenze di queste scelte. Si, perché di scelte si tratta, e non di supposte necessità.
Dunque, tassi di interesse negativi. Ne scrissi la prima volta il 17 aprile 2015, quando sostanzialmente tutte le obbligazioni del governo tedesco con scadenza inferiore a dieci anni pagavano rendimenti negativi, e il decennale pagava un rendimento limitato ma positivo anche se sembrava essere sulla strada del negativo anch’esso. Da allora la banca nazionale svizzera ha emesso debito nuovo a rendimento negativo, e così ha fatto alla fine di febbraio quella giapponese. E allora torno a porre i quesiti che posi quasi un anno fa: visto che perfino nei paesi ad altissimo indebitamento, assoluto e relativo al pil, come l’Italia, i rendimenti sono bassissimi e discendenti, come ci spieghiamo l’origine di questa situazione? E poi, possiamo provare a immaginare le sue conseguenze?
1. Come siamo arrivati a questo punto?
Il punto di partenza è, e resterà per molto tempo, la crisi del 2007 (con Lehman Brothers a seguire e la conseguente Grande Recessione 2008-2009). Gli Stati Uniti reagirono con una politica aggressiva di riduzione del prelievo fiscale, aumento della spesa, QE, pulizia delle banche. In Europa i governi in carica scelsero l’austerità, cioè di non stimolare le economie mediante aumento della spesa e riduzione del carico fiscale, non occuparsi delle banche, e non stimolare attraverso la politica monetaria. Serve altro, per capire le differenze?
Fu nel 2012 che in Europa, dove la politica fiscale rimaneva recessiva e di banche non si parlava, si cominciò a pensare a politiche monetarie espansive. Non proprio subito QE, ma tutti ricorderanno i mille miliardi di euro che la Bce fornì in prestito alle banche tra il 21 dicembre 2011 e il 29 febbraio 2012 Il LTRO che, in versione aggiornata, è stato riproposto il 10 marzo e che durerà fino al 2021). Poi venne la dichiarazione “Whatever it takes” del 2014, e infine il QE iniziato il 9 marzo 2015.
Dicono alcuni che in Europa il QE è iniziato troppo tardi perché potesse avere ‘effetti positivi.’ Al che io chiedo: ‘troppo tardi’ rispetto a che cosa? E ‘effetti positivi’ su che cosa? Queste sono fanfaluche: negli Usa fu la combinazione di politica fiscale espansiva, politica monetaria espansiva e risanamento delle banche (incluso il fallimento di qualche migliaio di esse) che ebbero effetti positivi sull’economia reale. Ma questo in Europa non si volle, e il QE da solo non può dare ‘effetti positivi’. Non può addirittura generare neanche un straccio di 2% di inflazione, immaginiamoci se può stimolare l’economia reale!
L’avvio dell’acquisto di buoni del tesoro da parte della Bce costituisce un aumento fortissimo, certo e programmato, della loro domanda. E di conseguenza i loro prezzi salgono, salgono, salgono, e i tassi scendono, scendono, scendono… Tutto qui. Effetti sui prezzi: zero, nothing, tipota, zilch. Ovviamente. Perché non è vero che l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario.
2. Quali sono gli effetti probabili dell’annuncio di ulteriori tagli ai tassi e di ulteriori e prolungati acquisti di titoli?
Quel che abbiamo visto dal 2008 ad oggi è che i mercati finanziari hanno prestato attenzione crescente alle scelte delle banche centrali. Tutti ad aspettare, e festeggiare, QE1, QE2, QE3, LTRO, TLTRO, ancora TLTRO, e poi panico quando si parla di non aumentare gli acquisti. Si badi bene, non panico quando si immagina che gli acquisti verrano eliminati, bensì quando si immagina che non verranno aumentati!
E a ogni ulteriore immissione di liquidità nel sistema numeri crescenti di banche, intermediari finanziari, privati dirigono i propri fondi verso impieghi finanziari, alla ricerca sempre più affannata di rendimenti che i BOT non danno, non possono dare, più, e l’investimento industriale e produttivo neanche. E così le fluttuazioni nei prezzi delle azioni e delle obbligazioni diventano selvagge (lunedi 7 marzo il prezzo del minerale di ferro +19% in un giorno!), i fondamentali delle economie perdono progressivamente di importanza,…..
Un grande intellettuale italiano ebbe a dire che la storia spesso si ripete. Un grande intellettuale tedesco riconobbe la verità in questa proposizione, ma aggiunse: si, ma mentre la prima volta è una tragedia, la seconda è una farsa. Ecco, diciamolo, che lo si senta bene: la prima volta in cui i LTRO vennero adottati, sapevamo tutti che erano a beneficio delle banche, non dell’economia, ma la situazione era tragica e, come sempre nel mezzo di una tragedia, la speranza tanta, al limite dell’illusione. Adesso siamo alla farsa. Punto.